la Repubblica, 23 marzo 2023
Amritpal Singh Sandhu, il sandokan dei sikh
Lo hanno chiamato il Che Guevara dei sikh, ma anche il Rasputin con il turbante, anche se a noi ricorda subito Sandokan, non solo per l’aspetto, ma per le abilità che sta dimostrando. È bello, carismatico, abile, il leader secessionista che predica di voler creare la nazione indipendente del Khalistan, scavandola all’interno dell’India. Da sei giorni è un super-latitante scampato alla caccia all’uomo di 80mila agenti dello Stato del Punjab, che fa da cuscinetto tra la capitale Delhi e il “nemico” Pakistan. Tutta l’India segue ora l’avventurosa fuga dell’uomo che alcuni considerano come una minaccia all’unità nazionale.
Il predicatore trentenne Amritpal Singh Sandhu è stato ripreso dalle telecamere mentre sfuggiva agli inseguimenti degli agenti: sgusciato da un’auto, ha cambiato camicione e palandrana per giacca e pantaloni in una Gurudwara, luogo di culto sikh, facendosi dare da un sacerdote il suo turbante, obbligatorio per gli osservanti. Poi ha mangiato un boccone ed è sfrecciato via in moto. Scomparso. Imprendibile. Nella sua auto hanno trovato un fucile. A casa, giubbotti antiproiettili e armi automatiche. Nelle retate sono stati arrestati 154 militanti dell’associazione “Eredi del Punjab,” che le autorità temono diventi una milizia di combattenti ispirata al conflitto tra sikh e lo Stato che negli anni 80 causò 20 mila morti, di cui la metà tra i civili.
Negli ultimi due giorni la polizia e l’esercito, indispettiti dai video della fuga, «per evitare fake news» hanno sospeso internet e l’invio di sms nella regione, lasciando 27 milioni di persone senza la possibilità di collegarsi. Così sono rimasti bloccati anche negozi, imprese, università e i pagamenti digitali, molto diffusi in India. La tensione è esacerbata dal fatto che i sostenitori nella diaspora sikh alla causa del Khalistan (nomedi un ipotetico Punjab indipendente) hanno vandalizzato sia il consolato indiano di San Francisco che quello di Londra. Ciò irrita non poco anche il ministro degli interni Amit Shah, cui il leader carismatico latitante aveva augurato di «far la fine di Indira Gandhi», premier assassinata dalle guardie del corpo sikh nel 1984, nel pieno delle tensioni di un’epoca culminata con l’uccisione nel sacro Tempio d’Oro di Amritsar del leader sikh Jarnail Singh Bhindranwale.
Ed è proprio al “Santo martire Bhindranwale” che il leader latitante dice d’ispirarsi, dopo aver preso il controllo degli “Eredi del Punjab” in seguito alla morte in un incidente d’auto del fondatore, l’attore Deep Sidhu che nel 2021 guidò l’assalto sikh al Forte Rosso di Delhi nelle manifestazioni in difesa degli agricoltori. Sandhu, il più giovane di tre fratelli, fino all’estate scorsa lavorava nella ditta di trasporti di famiglia a Dubai. Proprio negli Emirati il “Sandokan dei sikh” si è radicalizzato alla causa del Khalistan e sarebbe stato reclutato dal notorio Inter-Service Intelligence pakistano, l’Isi, che l’avrebbe addestrato in Georgia per destabilizzare l’India, con l’idea, persino, di creare «squadre suicide», dicui per ora non s’è vista traccia. Ciò che è certo è che, rimpatriato l’autunno scorso, Sandhu ha dichiarato nei suoi comizi che «i Sikh sono schiavi da più di 150 anni, prima sotto i britannici e oggi sotto gli induisti». Quando, in febbraio, un cittadino denunciò d’essere stato preso in ostaggio dagli “Eredi del Punjab”, la polizia spiccò un mandato d’arresto per il leader Sandhu «per proteggerlo da eventuali ritorsioni». Non riuscendo ad acciuffarlo, la polizia arrestò invece il collaboratore Lovepreet Singh Toofan. Subito, un gruppo guidato da Sandhu fece irruzione con spadoni e armi automatiche nella caserma di Anjala, liberando Toofan e usando come scudo, nella fuga, il libro sacro dei Sikh, ilGuru Granth Sahib.Secondo il verbale, ciò impedì agli agenti di catturare i secessionisti, poiché dissacrare un oggetto di culto è un crimine grave in India. Da lì è scattata la caccia al leader degli “Eredi del Punjab.” Il quale tra moto, cambi d’abito, staffette di automobili, e con l’aiuto di un numero crescente di complici, per ora è ancora libero, tra l’imbarazzo e la vergogna del potente esercito indiano e delle decine di migliaia di agenti della polizia. Con gesta degne di un Sandokan del 2023.