la Repubblica, 22 marzo 2023
Salvare la storia russa da Putin
Ricorda Orlando Figes che nell’Urss circolava una battuta dal sapore orwelliano: «La Russiaè un Paese con unfuturo certo; è soltanto il passato a essere imprevedibile».Nessun altro Paeseha reinventato il proprio passato così spesso nell’incessante sforzo di piegarlo alle ideologie dominanti.Per questo lo storico britannico ha deciso di intitolare il suo ultimo libro, uscito in Italia per Mondadori,Storia della Russia,in inglese Story,non History.In questo saggio ricco di aneddoti, Figes descrive tanto i miti ricorrenti che hanno forgiato la storia del Paese, quanto gli eventi che la storia l’hanno fatta e il modo in cui chi detiene il potere manipola gli uni e gli altri per plasmare il presente.In un continuo gioco di specchi da Vladimiril Grande, Volodymyr in ucraino, il sovrano dellaRus’ di Kiev della fine del X secolo, a VladimirPutin. «Dopo circa 35 anni d’insegnamento della storia russa sono arrivato alla conclusione che oggi staremmo meglio se, invece d’insegnare soltanto la storia russa, avessimo insegnato anche la storiografia russa», spiega Figes, docente di storia al Birkbeck Collegedi Londra, in collegamento video con Repubblica.
La “Santa Russia”; Mosca come “Terza Roma”; la tendenza imperiale verso una forma di governo autocratica; il “santo zar”; l’etica radicata nel concetto di “anima russa”… Quale di questi miti aiuta meglio a comprendere la Russia contemporanea?
«In un certo senso sono tutti intrecciati. L’idea del “santo Zar”, di “MoscaterzaRoma” con unamissione spiritualmentepiù alta dell’Occidente, ma maltrattata e minacciata dall’Occidente, l’idea che laRussia abbia bisognodi un leader forte per difenderla, fanno tutte parte dello stessopacchetto. E oggi le stiamovedendo in gioco nella guerra in Ucraina. Sarebbe difficile separare uno qualsiasi di questi singoli fili dalla matassa e dire che è il più importante. Questi miti incarnanola comprensione da parte dei russidi loro stessi attraverso laloro storiae dobbiamo vederlicome un unicoinsieme».
Nel suo libro illustra il vuoto lasciato dal crollo dell’Urss. In che modo questo trauma ha colpito i russi moderni?
«Enormemente. Tantihanno perso la sicurezza, il lavoro, il senso di appartenenzaa unasuperpotenza, un’ideologia chenel bene e nel male strutturava le loro vite. Il mondo del mercato li disorientava.
Comeho scrittonel libro chiamavanola democratija (democrazia)dermokratija (merdocrazia). È questo ad aver dato tanta forza d’attrazione alla retorica di Putin secondo cui gli ucraini, non appena vogliono staccarsi dall’influenza benevola russa, cadono sotto quella di un Occidente antirusso. Per molti l’Ucraina è stata laprincipale colpevole del crollo del 1991 con la sua Dichiarazione d’indipendenza e l’accordo tra Leonid Kravchuk e Boris Eltsin. Per i russi è stato come undivorzio chenonvolevano».
Nel suo libro ricorda che, durante la glasnost’, i russi eranoirritati dal “fango” sparso sul loro passato, non volevano sapere quanto fosse stata “cattiva” l’era di Stalin. La propaganda fa presa perché dice ai russi quello che vogliono sentirsi dire?
«Civolevapiù tempo perché la societàrussa venissea patti con ciòche era accaduto sotto Stalin. Ma è stato difficile per due motivi. Primo: mentre Ucraina,Kazakistan, Balticie Georgia potevano rivendicare di essere stati vittime dell’occupazione sovietica, la Russia non poteva fare lo stesso perché era stata la responsabile delle oppressioni.
Secondo: l’Occidente trattava i russi comeperpetratori del sistema sovietico, mentre era fin troppo ansioso diaiutare le ex Repubbliche sovietiche. Beh, anche laRussia è stata una vittima del sistema sovietico.E negli anni ’90 non aveva bisogno della terapia d’urto che le è stata imposta, ma di rafforzamento delle istituzioni, democratizzazione,stampa libera, magistratura indipendente. Queste due ragioni fannosì che la Russianon abbia mai davverointrapreso la stradadella destalinizzazione. E penso che questaguerra ne sia una conseguenza».
Putin ha iniziato a delineare la sua concezione della storia del Paese già nel dicembre 1999 nel suo “Manifesto del Millennio”. Se avessimo letto con più attenzione i suoi saggi, in particolare il testo di “Sull’unità storica dei russi e degli ucraini” del 2021, l’anno scorso forse non saremmo stati colti così di sorpresa?
«Putin sta reinventando la storia russa e usandola per la suaguerra, ma la sua visione storica non è nuova, è radicata nella storiografia imperialerussa del XIXsecolo che ha imposto anchea scuola. Il saggio del 2021 era una chiara dichiarazione diguerra. Sostenevache l’Ucrainanon ha diritto di esistere. Era già successo nel 2016 con l’inaugurazionea Mosca di unastatua diVladimir ilGrande concui apro il libro. Già allora Putin stava dicendo agli ucraini: “Kiev è il fondamentodella nostra civiltà, voi ne siete soltanto una parte”».
Oltre a Vladimir il Grande, negli anni Putin ha celebrato diverse figure storiche da Ivan il Terribile a Pietro il Grande. A quale si ispira di più?
«Nonc’è dubbio che Putin si paragoni ai “Grandi”. Nella sala del Cremlinoconun tavolo ridicolmente lungo dovericeve idignitari stranieri, ci sono le statue di quattro governanti: Pietro e Caterina, entrambi conquistatoridel Balticoe del Mard’Azov; AlessandroI che salvò la Russia e, nella narrazione imperiale, il mondo intero da Napoleone;infine Nicola I che promosseil nazionalismoortodosso, l’idea di una Russia baluardo dei principi cristiani conservatori contro il liberalismo occidentale. È a lui che penso che Putin si avvicini di più».
Il conflitto in Ucraina ha alimentato un dibattito sulla presunta responsabilità collettiva dei russi. È corretto parlarne?
«Gli ucraini vogliono anche definire legalmente l’ideologia russa “rascismo”e negare allaRussia ilsuo nome chiamandola“Moscovia”.
Tuttociò mi mettea disagioperché credoancora fermamentechequestasia unaguerra del sistema Putin. Nella Russia odiernanon puoi nemmenopronunciare laparola “guerra” senza rischiaredi andare in prigione per 15 anni, puoi perdere il lavoro se dicila cosa sbagliata o nondici la cosa giusta. Posso capire che, per combattere, l’Ucraina debba anchemisura mobilitare l’odio,ma non vorrei vedere l’odio traboccare nella rappresaglia. Un domani l’Occidente e gli ucraini dovrebberoaiutarela Russia a superare le tragicheconseguenze del condizionamento subito peranni.È l’unicasperanzadi unapace duratura. Sconfiggere la Russia, ma poi soggiogarla cancellandone la cultura olacerandola conla condanna, sarebbe estremoe controproducente.Bisogna distinguere il regime dalle persone».