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 2023  marzo 22 Mercoledì calendario

Cosa pensano gli italiani dell’intelligenza artificiale

ChatGpt non è la prima intelligenza artificiale generativa – cioè un sistema che sfrutta la statistica per ricombinare il materiale usato per il suo addestramento e generare testi, immagini, canzoni e qualunque altro contenuto – né è esente da errori, anche marchiani. Ma è il prodotto che ha cambiato per sempre la nostra percezione dell’intelligenza artificiale: d’ora in poi dovremo fare i conti con gli algoritmi, in una sfida tra dominarli o esserne dominati.
Ma che cosa pensano gli italiani dell’IA? E, prima ancora, ci importa qualcosa dell’intelligenza artificiale? Sappiamo che cos’è? Il sondaggio effettuato da Swg tra fine febbraio e primi di marzo ha confermato che l’IA è un “trend topic”: tutti o quasi (il 96%) ne abbiamo sentito parlare. Tuttavia, rispetto a un precedente sondaggio del 2019, se è aumentata la notorietà del fenomeno altrettanto non si può dire della sua conoscenza: che cosa sia davvero un’intelligenza artificiale è, anzi, più nebuloso. L’idea che ne abbiamo è perlopiù quella di «una macchina con capacità umane».
Dalle risposte alle 27 domande emerge un quadro in chiaroscuro: al centro delle preoccupazioni le sfide per il lavoro e i rapporti di forza uomo- macchina. In particolare i Millennial e i fruitori di ChatGpt tendono ad avere la sensazione che l’intelligenza artificiale rischi di superarci in abilità e di “dettare legge”. I giovani hanno una visione più ottimistica, più puntata sull’affrancamento dalle mansioni faticose e inutili e sulla possibilità di migliorare prodotti e servizi.
Nel concreto, gli italiani pensano che i sistemi di IA miglioreranno la qualità della vita e del lavoro (soprattutto nell’affrontare disabilità fisiche, sicurezza energetica, cambiamento climatico, formazione e apprendimento). La loro diffusione, però, renderà gli individui più superficiali e concentrerà la ricchezza in mano a pochi. Zero illusioni sull’impatto sul numero di posti di lavoro: ne perderemo più di quanti ne sapremo inventare. Programmatori, contabili, autisti le professioni piùminacciate; artigiani, cuochi, psicologi e assistenti sociali, invece, sono considerati a minor rischio. Le attività di cura rimangono, insomma, una prerogativa umana, così come le arti creative, mentre negli investimenti finanziari le macchine sono giàconsiderate più affidabili degli umani.
Molti degli intervistati hanno provato a usare ChatGpt, con reazioni contrastanti. Prevalgono le emozioni positive, trainate da curiosità e interesse, ma una buona metà ha sperimentato anche sensazioni negative, come un senso di scetticismo e delusione. Chi ha “messo le mani” su ChatGpt pensa più degli altri (34% contro 29%) che ora le macchine siano in grado di competere con la creatività dell’uomo e ha più diffusa la sensazione che un giorno l’IA possa superarci in abilità e dettare legge. Quanto all’uso, il 38% tende a sfruttarlo come una guida: gli chiede consigli per un acquisto o un’esperienza che intende fare; per il 27% è invece una sorta di Wikipediaevoluta: lo usa per arricchire il suo lavoro o aggiungere contenuti extra. Da non sottovalutare l’utilizzo come amico-psicologo: ben il 14% ha dichiarato di aver fatto ricorso a ChatGpt per rasserenarsi e trovare conforto emotivo.
Queste le opinioni degli italiani consultati da Swg. L’album di Italian Tech, in edicola domani con Repubblica, è completamente dedicato alla rivoluzione dell’IA “generativa”. Con le voci dei protagonisti, le questioni etiche e normative. E le ipotesi su come cambierà il mondo.