la Repubblica, 22 marzo 2023
Tutto quello che c’è da sapere sulle adozioni
Cosa vuol dire adottare un bambino? Chi può adottare? Cosa dice la legge? Che cos’è lastepchild adoption ?
E quali sono i veri numeri dell’adozione nazionale e internazionale? Mai come in questi giorni di attacco violento delle destre alle famiglie omogenitoriali, la parola “adozione” è risuonata come vessillo, bandiera, frontiera di nuovi diritti ma anche di fake news e di ignoranza sul vero stato delle cose.
Per fare chiarezza bisogna partire da due dati: la legge e i numeri. Le adozioni e gli affidi sono normati in Italia dalla legge 184 del 1983. Prevede, come cardine, che possano fare domanda di adozione soltanto le coppie eterosessuali sposate da almeno tre anni. Si parla di “domande” perché l’idoneità all’adozione viene concessa o meno da un giudice, al termine di un percorso di verifica sugli aspiranti genitori. Percorso che spesso può trasformarsi in un calvario di burocrazia e di attese. Per avere l’idoneità all’adozione ci vogliono infatti dai 12 ai 16 mesi, attraverso incontri con psicologi, assistenti sociali e psichiatri.
Grazie all’articolo 44, “adozione in casi speciali”, può accadere che anche i single possano diventare genitori adottivi. Ed è sempre grazie a questo articolo che le coppie omosessuali oggi chiedono l’adozione del figlio del partner. Ossia la stepchild adoption. Tutto naturalmente sottoposto al vaglio dei giudici. La legge è stata più volte rivista, sono cambiati ad esempio i criteri dell’età, ma non si è mai arrivati alla discussione dei tanti disegni di legge che prevedevano l’allargamento alle coppie omosessuali e ai single. (Un nuovo testo è stato annunciato da Elly Schlein).
Nella realtà, però, cosa sta succedendo nel mondo delle adozioni? Il dato è quello di una crisi globale. Sul fronte internazionale sempre meno coppie chiedono di poter adottare, così sempre meno bambini entrano in Italia. Nel 2008, anno record, furono adottati nel nostro Paese 3.977 minori che arrivavano, allora, dai Paesi dell’Est, da Asia e Sudamerica. Nel 2012 il numero era sceso a 2.462, nel 2021 i figli che hanno trovato una famiglia nel nostro Paese sono stati – soltanto – 563.
Sul fronte nazionale la situazione è, invece, in percentuale quasi uguale a se stessa. Ogni dieci coppie che presentano domanda, ce n’è una che diventa famiglia. Nel 2021 su 7.970 “fascicoli” gli adottati sono stati 866. Nel 2001, vent’anni prima, su 12.901 domande i bimbi furono 1.290. Cosa è successo? E se sul fronte dei diritti è fondamentale allargare la legge verso coppie gay e single, quante famiglie riusciranno poi concretamente a formarsi? «Non dobbiamo aspettarci che i numeri cambino: l’adozione internazionale sarà sempre più un fenomeno residuale, sta succedendo in tutto il mondo», spiega Marco Scarpati, avvocato, docente di “Tutela dei diritti dei minori” a Milano Bicocca e collaboratore del Cifa, uno dei più grandi enti di adozioni internazionali. «La mutazione è avvenuta nel nostro Paese intorno al 2010, quando le tecniche di procreazione medicalmente assistita, anche gratuite, sono diventate una realtà per migliaia di coppie». In molti Paesi da cui arrivavano i bambini «sono poi migliorate le condizioni economiche e si è sviluppata l’adozione nazionale. Penso al Brasile, all’India, al Cile. Per ogni minore abbandonato – chiarisce Scarpati – si cercano innanzitutto famiglie nazionali. Per coloro che restano, si apre l’adozione internazionale». Questo vuol dire che, a differenza di 20 anni fa, «chi arriva è più grande, spesso nelle listespecial needs ossia con bisogni speciali, problemi sanitari o traumi legati a lunghi abbandoni». Situazioni risolvibili, «ma le coppie devono essere preparate». Si devono poi aggiungere nuovi e vecchi nazionalismi, dice Scarpati, «per i quali Paesi con gravi situazioni di infanzia abbandonata chiudono comunque le frontiere». «È proprio in una situazione come questa che aprire le adozioni anche ai single e alle coppie omosessuali potrebbe ridare speranza a bambini senza futuro. Non solo perché è giusto, ma perché abbiamo bisogno di nuovi aspiranti genitori – incalza Scarpati – formati ad accogliere, anche, bambini più grandi e più complessi. E ci vogliono adozioni gratuite, come spesso sono le tecniche di procreazione assistita». (Il costo medio di un’adozione all’estero è di ventimila euro, i tempi di attesa mai inferiori a due anni).
In modo meno marcato, la disaffezione sembra aver colpito anche le adozioni nazionali. Spiega Maria Grazia Giuffrida, presidente dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, polo strategico di tutela dell’infanzia in Italia. «Le domande di disponibilità all’adozione italiana sono, è vero, in lieve calo. Ma la contrazione può essere messa in relazione alla diminuzione delle domande di adozione internazionale. La maggioranza delle coppie, infatti, presenta entrambe le domande e il calo dell’internazionale sembra trainare verso il basso le nazionali».
Giuffrida smonta poi la tesi, spesso utilizzata in modo ideologico, delle centinaia di minori “prigionieri” delle case famiglia nell’attesa infinita di un’adozione. «Dobbiamo fare una distinzione tra gli adottabili con genitori ignoti e quelli con genitori noti. Per questi ultimi, come è giusto che sia, i tempi dell’adozione si protraggono perché si cerca di recuperare il legame familiare. I bambini con genitori ignoti hanno un percorso verso l’adozione molto più breve e un’età all’adozione molto bassa