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 2023  marzo 21 Martedì calendario

Forse a Qumran non abitavano solo gli esseni

Ancora su Khirbet Qumran? Domanda più che appropriata dopo decenni di libri, articoli, convegni, riviste, discussioni, polemiche, contrapposizioni interpretative. E anche di invenzioni, condizionate dal solito paradigma del complottismo. Molto dipese dall’aver stabilito una relazione indiscutibile tra l’insediamento posto sul pianoro, un po’ più in alto del Wadi Qumran, allora non molto lontano dalla sponda (o dal livello delle acque salate) del Mar Morto, con le grotte sul versante della parete rocciosa, posta di fronte, estrema propaggine delle alture del Deserto di Giuda. Se esistevano dei rotoli manoscritti conservati in giare di un tipo insolito, speciale, questi non potevano che derivare dalla presenza dei proprietari o degli estensori o dei copisti insediati in quel sito archeologico, invero non molto esteso, con ampie cisterne per raccogliere l’acqua, certo con spazi d’abitazione, ma non così vasti. Non dimentichiamo che negli anni Cinquanta quest’area si trovava in Giordania e che anche l’archeologo domenicano Roland de Vaux (1903-1971) dell’Ecole biblique francaise viveva in Giordania. Assieme all’archeologo britannico Gerald Lankester Harding scavò – bisogna dirlo con estrema franchezza – in modo molto accurato e diligente per le tecniche di scavo applicate in quell’epoca.
Il rigore metodologico impone di ricordare che molti scrissero sui rinvenimenti monetali del Khirbet Qumran, sito divenuto oltremodo famoso (forse troppo?) non tanto per le sue evidenze architettoniche o per la distribuzione degli abitati o per la rete delle sue cisterne e delle canalizzazioni idrauliche, per le peculiarità delle ceramiche o di altri reperti, bensì per la sua ubicazione rispetto a quanto iniziò a diffondersi in modo eclatante nel novembre 1947, ma forse anche prima, vale a dire la scoperta dei rotoli (per lo più in pergamena, redatti in ebraico e aramaico), ossia della ricca raccolta di manoscritti con testi biblici e con le regole della comunità degli esseni. Quasi tutti si concentrarono sui rotoli e sul loro contenuto; l’archeologia, invece, passò in secondo piano e nel tempo ci si accontentò dei rapporti preliminari editi nella Revue Biblique (1953, 1954, 1956 e 1959) e nella Schweich Lectures della British Academy del 1959. Bastava quanto aveva stabilito de Vaux: il sito era lo scriptorium degli esseni e i rotoli erano stati nascosti nelle grotte circostanti per metterli al sicuro al tempo della Prima guerra giudaica contro l’invasore romano. Insomma, anche in assenza della pubblicazione sistematica delle evidenze archeologiche, era tutto chiaro e ben codificato: Qumran era un sito di esseni, senza alcun dubbio, e gli esseni avevano nascosto i manoscritti nelle grotte vicine.
Tuttavia, la comunità scientifica era ben consapevole di un qualche vulnus: si ragionava e si discuteva un po’ a priori, senza i dati di fatto, ossia senza avere a disposizione l’enorme quantità di reperti raccolta con estrema precisione da de Vaux. Si deve all’archeologo domenicano Jean-Baptiste Humbert (ancor oggi Khirbet Qumran è la sua ragione di ricerca scientifica!) l’avvio della pubblicazione sistematica di tutta la documentazione di questo sito (…).
Solo in anni recenti è stato possibile studiare dal vivo quelle monete, tanto citate e tanto cercate per decenni, accompagnate da uno story telling un po’ fantasioso, ma mai rese note o esaminate come cose reali. Analizzate nel sito e messe in relazione con l’evidenza numismatica di altri siti della medesima regione, grazie anche alle metodologie quantitative, esse hanno permesso di giungere ad alsionali cune conclusioni, in parte innovative.
La prima riguarda il periodo di frequentazione dell’area, che va posto tra il 130 a.C. circa (ma forse anche un po’ prima) e la conclusione della prima guerra giudaica intorno al 7072 d.C. Nel sito, poi, la quantità di moneta perduta così consistente da rendere impossibile non pensare a perdite occa- avvenute nel corso di scambi di prodotti contro moneta, in un regime di prezzi piuttosto bassi. Tale uso dovette essere intenso e prolungato, condizione tipica di un luogo dove si condivide un sistema di conto. Inoltre, in rapporto ad altri siti (Gerico, Ain Feshkha, Ein-Gedi, Masada, Callirrohé), Khirbet Qumran dovrebbe essere spiegato come un luogo di mercato lungo i tracciati di collegamento tra varie località, forse soprattutto in epoca erodiana, con la costa del Mar Morto che oggi appartiene alla Giordania. Ma l’uso della parola mercato è insoddisfacente perché la sua semantica odierna rinvia a un’economia strutturata, con dinamiche temporali e spaziali che molto difficilmente esistettero nell’antichità. Non dobbiamo immaginare scambi quotidiani, ma piuttosto periodici, nel corso dei quali v’erano anche delle transazioni in moneta. Risulta, quindi, assai arduo descrivere questo sito come luogo di economia chiusa, perché abitato da una comunità ascetica, come vorrebbero le fonti e quanti le applicano con automatismo a questo sito. Tale convincimento non regge alla prova del dato monetale. Con questo non si esclude che gli abitanti fossero esseni. Ma se gli abitanti di questo luogo furono esseni o appartenenti a qualche setta del periodo, se lo furono per periodi o in modo continuativo, questo non va dedotto dal reperto monetale. Chiunque abbia abitato su questo plateau non era isolato e neppure organizzato in modo centralistico, bensì pienamente inserito nelle dinamiche monetarie ed economiche della regione. Questo ci dicono i dati monetali, che presto saranno editi assieme agli altri volumi curati da Jean Baptiste Humbert.