la Repubblica, 21 marzo 2023
Intervista a Paolo Gentiloni e Ignazio Visco
L’Italia ha dimostrato di sapersi riprendere ben prima del previsto dalla pandemia e anche dalla crisi in Ucraina e saprà gestire anche gli effetti delle ultime due crisi bancarie. Dal confronto tra il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il direttore diRepubblica Maurizio Molinari alla presentazione del nuovo Affari & Finanza all’Università Bocconi emerge un cauto ottimismo, purché a guidare la crescita siano investimenti e ripresa della produttività, favoriti dal Pnrr, e non si ceda alle tentazioni di frenare la transizione energetica eambientale.È passato oltre un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina. Quanto pesa la guerra sull’economia italiana e su quella europea?Visco :«Indubbiamente ha pesato molto e continua a pesare, c’è molta incertezza sugli sviluppi geopolitici. Ma c’è stata una resilienza delle nostre economie veramente notevole, e siamo stati fortunati per le condizioni meteo e la capacità di diversificazione delle fonti energetiche. Le incertezze però restano e sono molto elevate: riguardano sia la situazione in Europa dal punto di vista politico e militare, sia la risposta incerta sul piano delle imprese e delle famiglie».Gentiloni : «Abbiamo avuto due crisi di dimensioni enormi una di seguito all’altra, ci sono stati due cigni neri, non era scontato uscirne, e ne siamo usciti abbastanza rapidamente. L’Italia è tornata ai livelli di crescita pre-pandemia già da maggio, prima del previsto. Tuttavia dopo l’invasione russa si è innescata anche la spirale dei prezzi dell’energia ed è stata l’origine principale dell’inflazione in Europa. Anche in questo caso la risposta unitaria credo sia stata molto importante, a partire dal piano geopolitico.L’Europa oltre che con pacchetti di sanzioni è intervenuta fornendo sostegno all’Ucraina.Sul piano economico abbiamo fatto un mezzo miracolo, smentendo le previsioni quasi catastrofiche che noi stessi facevamo la scorsa estate: blackout, recessione, ondate di chiusure e disoccupazione. Siamo ancora in un contesto difficile, la sfida è complicata e inedita per le generazioni attuali. Ma la dipendenza dai combustibili russi è scesa dal 45 al 7% in otto mesi: lo dobbiamo rivendicare».Ci sono però ancora degli elementi di preoccupazione?Visco :«Dopo la pandemia c’era l’incertezza su come le famiglie avrebbero vissuto i nuovi equilibri e le nuove normalità. E invece anche dal punto di vista del mercato del lavoro la risposta è stata notevole. Restano bassi i salari reali, ma per un problema di produttività.Dobbiamo assorbire in fretta la tassaenergetica e investire per far crescere produttività, retribuzioni e redditi. Non credo che sia una buona idea far precedere la crescita dei salari a quella della produzione».Gentiloni : «Nel 2022 l’Italia è cresciuta più della media europea, più degli Stati Uniti e della Cina: mai avrei pensato che potesse succedere. Ora siamo di fronte a un 2023 pieno di incertezze. L’Italia viene da 20-30 anni di livelli più bassi di quelli della Germania: come riusciamo a promuovere investimenti e a frenare l’inflazione? Queste due cose si tengono insieme mirando di più la spesa pubblica e usando il Pnrr. In Italia si presta attenzione al Ponte sullo Stretto e alla flat tax ma c’è un problema di estrema attualità che è il Pnrr, al quale non si presta abbastanza attenzione. L’altra sfida è quale ruolo vuole svolgere l’Italia sulla transizione ambientale.La seconda manifattura europea non può essere relegata ad una politica che strascina i piedi o che sogna di tornare ad altre epoche.La transizione c’è e non si può essere l’ultimo vagone del treno che cerca di trattenere gli altri, perché così non si va da nessuna parte».Governatore vuole aggiungere ancora qualcosa sul Pnrr?Visco :«Gli interventi post crisi energetica sono stati ad ampio raggio. La domanda è quanto siano stati mirati ed efficaci. L’efficacia c’è già stata, questo è evidente sul piano della distribuzione del reddito. Il punto cruciale al quale bisogna fare attenzione è che noi abbiamo avuto due anni di disavanzo rilevante e tutte le regole sono state sospese,ma non possiamo perdere di vista i vincoli di bilancio. Tenendo conto che il piano di ripresa ha due grandi obiettivi: l’innovazione, soprattutto dal punto di vista digitale e climatico, e colmare una serie di discrepanze tra generi, regioni, generazioni».Nello scenario delle priorità dell’economia italiana si innesca una fase di crisi finanziaria. Siamo di fronte a inflazione in crescita, tassi alti e salvataggio di due banche significative in due delle regioni più ricche del pianeta, Silicon Valley e Svizzera.Cosa ci deve preoccupare di quanto sta avvenendo?Gentiloni : «Le due crisi hanno investito due banche lontanissime l’una dall’altra, con motivazioni diversissime. La reazione delle autorità monetarie in tutto il mondo è stata forte e rapida, al di là del merito delle decisioni. Siamo in un contesto di estrema volatilità: dobbiamo rassicurare sul fatto che le nostre regole di supervisione del sistema bancario sono forti, valide. Concludo con un semplice dato: nel Mezzogiorno abbiamo indirizzato dal Pnrr 86 miliardi in un periodo di 4-5 anni, tra prestiti e trasferimenti. È una cosa enorme, che di per sé può aumentare la quota di Pil del Sud rispetto al Pil nazionale, cosa che è iniziata solo negli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta. Ci rendiamo conto di che cosa vuol dire questo, o stiamo solo preparandoci a dire che “era troppo vincolante”, era “impossibile”, e a perdere una occasione? Io vorrei che questa fosse una ossessione per le classi dirigenti italiane:perché dal dilemma inflazione/crescita si esce avendo politiche di bilancio meno universali e più mirate e usando le risorse europee».Visco: «Il quadro del presidente Gentiloni è stato amplissimo, concentro le mie osservazioni su tre punti. Il primo che si declina in due componenti riguarda la situazione finanziaria. Ci siamo riuniti a Francoforte essendo preparati sul caso Silicon Valley e subito dopo ci siamo ritrovati a cena a parlare del caso Credit Suisse. In realtà si sono sovrapposte due grandi perturbazioni, che sono in aree con cui abbiamo molto a che fare sia sul piano dell’economia reale che della finanza, ma che vedono il sistema finanziario europeo non direttamente coinvolto.Abbiamo un problema di concentrazione di bilanci e di gestione un po’ incerta, per essere eufemistici e gentili, della banca californiana, regionale, sottoposta a un sistema di sorveglianza diverso da quello nostro. È una banca i cui i depositi sono chiaramente molto concentrati e sono molto alti, in cui è successo che al momento della crisi i clienti sono usciti rapidamente con un click, usando Internet, con la difficoltà grande della banca di gestire l’attivo e di liberarlo per farvi fronte.Quest’anno il premio Nobel dell’economia è andato a economisti che hanno studiato ilbank run, eravamo abbastanza preparati per capire che cos’era. La risposta classica è un buon sistema di protezione, che funziona se la maggior parte dei depositi è protetta. Ma in quella banca la maggior parte non lo era. La risposta delle autorità americane è stata molto rapida, molto forte, possiamo discutere di tante cose, dall’azzardo morale ai nuovi sistemi per fornire liquidità alle banche regionali, però sicuramente c’è stata una risposta. L’altro caso, Credit Suisse, è sicuramente diverso: una banca che aveva difficoltà in una componente, quella della banca d’investimento, ed era contemporaneamente banca d’investimento internazionale fuori dai confini svizzeri e banca di deposito molto importante in Svizzera, una banca commerciale che andava bene, mentre la componente d’investimento aveva difficoltà. C’è stato un detonatore, come quello della Silicon Valley Bank: questo ha allertato i mercati, ponendo maggiore attenzione. Il problema è sostanzialmente di rischi di contagio, perché la fiducia è qualcosa di impalpabile che bisogna mantenere con una capacità di risposta sul fronte della liquidità. Ne abbiamo discusso nei giorni scorsi con le principali banche centrali, Bce, Federal Reserve, Banca del Giappone, Banca d’Inghilterra e Banca del Canada: non abbiamo nelle nostre banche problemi di capitalizzazione, di liquidità. Chiaramente difficoltà ci sono sempre e vanno affrontate caso per caso, ma non c’è quella spinta sistemica endogena che ci fa in qualche modo preoccupare. Perché l’inflazione sia sotto controllo, infine, serve una combinazione di due fattori: il primo è che non ci siano rincorse salariali, i salari devono aumentare perché aumenta la produttività, l’inflazione è una tassa che va assorbita rapidamente compensando con le misure mirate quelli che più soffrono. Noi ci aspettiamo un’inflazioneche torni rapidamente al 2%, e quella è la stella polare. Contemporaneamente ci aspettiamo che le imprese che hanno accresciuto sicuramente i prezzi trasferendovi i maggiori costi dell’energia, ora con i costi dell’energia più bassi tornino indietro».Crescono i timori a livello locale, da parte delle municipalità, per la carenza di risorse sui progetti del Pnrr. Quanto è reale la preoccupazione di un ritardo dell’Italia?Visco: «È una domanda da rivolgere direttamente al governo. La mia valutazione è che quello che è stato fatto fino ad ora, con tutte le difficoltà, con tutte le necessità di approfondire, forse anche ritardi, è andato nella direzione corretta. È un combinato disposto di tre elementi: riforme, interventi a livello nazionale e interventi distribuiti sul territorio. Sulle riforme ci sono difficoltà, discussioni ma più o meno si procede. La questione e la difficoltà che noi conosciamo sulla capacità di programmazione, di capacità di gestione di fondi a livello locale è rilevante, non è omogenea sul territorio. Il Pnrr prevede, nel momento in cui si vede una difficoltà a livello locale, l’intervento a livello centrale per sostenerla, per eventualmente anche sostituirsi. Questa è un’attività di governo, che l’esecutivo dovrà essere in grado di esercitare».Gentiloni: «È una corsa contro il tempo, lo sapevamo. Non credo che l’Italia abbia deciso di assumere questa prospettiva senza conoscere le difficoltà che abbiamo dal punto di vista dell’assorbimento delle risorse. Sono d’accordo con Ignazio Visco che fin qui vatutto bene. A che punto siamo? La Commissione sta esaminando la terza richiesta di erogazione, di fine dicembre.Avremmo dovuto concludere l’esame a fine febbraio, abbiamo concordato con il governo di prenderci qualche settimana in più. Poi quest’anno abbiamo altre due richieste di erogazioni, messe insieme fanno 34 miliardi, quasi una finanziaria. Da parte della Commissione non c’è alcuna particolare ossessiva rigidità. La Commissione europea ha già rivisto i pian di tre Paesi: Germania, Finlandia e Lussemburgo che si sono portati avanti e hanno presentato nelle scorse settimane aggiustamenti ai loro piani. Si negozia e si fa la correzione che bisogna fare. A Bruxelles c’è una disponibilità totale. Ci sono delle risorse ingenti ma la parte più delicata è adesso: le riforme e gli investimenti legati a queste grandi risorse, come metterle a terra».Gli Usa hanno stanziato 360 miliardi di aiuti alle imprese. In Europa si discute su come rispondere. Qual è la risposta migliore?Visco: «Domanda da fare al commissario Gentiloni. Interessante che il piano americano si chiami Inflation reduction act,ma non ha nulla a che fare con l’inflazione. È la declinazione americana dell’affrontare la sfida del cambiamento climatico: non con carbon tax, ma con incentivi alle imprese, perché investano in impianti, macchinari, metodi di produzione che siano “green” e non usino al massimo i combustibili fossili. La risposta europea è in parte qualcosa di deciso ex ante: nel Next Generation Eu,l’obiettivo erafare passi in avanti sul piano del clima e dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione. Bisogna proseguire in quella direzione: lo sforzo, anche a livello nazionale, deve essere mirato. Altro punto è la messa in sicurezza sul piano della risposta al rischio climatico delle abitazioni: serviranno analisi su impatti e costi. Ma la direzione è quella: trasformare i nostri sistemi economici da sistemi che assorbono molti combustibili fossili a sistemi che lo fanno poco o per nulla.Gli americani lo fanno in questo modo, noi ne stiamo parlando a Bruxelles. L’impressione è che si vada nella stessa direzione».Gentiloni: «C’è una competizione, senza dubbio. Anzitutto sistemica con la Cina: non dimentichiamoci, che secondo le stime di Bloomberg, la Cina investe 460 miliardi di dollari sulle tecnologie pulite nello stesso lasso di tempo. Non ci dimentichiamo che l’industria automotive cinese metterà a breve sul mercato europeo modelli full electric economicamente competitivi. Noi dalla nostra abbiamo la forza del mercato unico europeo, 450 milioni di consumatori, poi abbiamo know-how, tecnologia, vivere bene, capitale umano: sono tutte cose vere. In terzo luogo abbiamo già programmi come Next Generation Eu che in parte consistente va a incentivare tecnologie pulite. Io prendo sul serio quello che von der Leyen ha detto a Davos: risponderemo con fondi comuni europei. Von der Leyen ha anche citato un “fondo sovrano” europeo. La risposta deve essere questa: non può essere “ciascuno per sé”».