Corriere della Sera, 21 marzo 2023
Avere vent’anni in Iraq
Il 28 maggio Mohamed Walid Rahim compirà 20 anni. Saddam Hussein non è mai stato il suo presidente, in compenso questo coetaneo dell’Iraq post dittatura ha vissuto l’occupazione americana, il terrorismo di Al Qaeda, la guerra civile, lo Stato islamico, la spartizione settaria del potere, l’influenza dell’Iran. Quando il 20 marzo 2003 cominciò l’operazione Iraqi Freedom, Mohamed era ancora nella pancia della mamma, a Sadr City, un sobborgo della capitale irachena. «Era spaventata dalle bombe – racconta il ragazzo —, ma ancora di più dai saccheggi. I soldati iracheni avevano buttato le divise, lo Stato si era sciolto e gli americani non avevano intenzione di fare da polizia. Così mamma non volle attraversare quella Bagdad selvaggia per andare in ospedale e mi partorì in casa».
Om (mamma di Mohamed) fece bene. Secondo L’Iraqi Body Count, nei primi due anni di occupazione, 9mila civili furono uccisi dalle bombe o dalle pattuglie Usa e altrettanti dalla criminalità comune. «Nel 2005 uno dei miei fratelli venne rapito dalle gang. La richiesta iniziale era di 180mila dollari, ma mio padre in 28 giorni riuscì a convincerli e a pagarne solo 5mila».
In mancanza di un’autorità centrale, emerse la rete etnico-tribale del Paese. Sunniti, sciiti e curdi si fidavano solo dei legami di sangue o religiosi. «Noi siamo sunniti e lasciammo Sadr City per Belediath, un quartiere sunnita, ma anche lì poca sicurezza. Sono in sella al triciclo davanti a casa, quando vedo degli uomini mascherati che sparano un razzo contro un tank Usa. Probabilmente erano terroristi di Al Qaeda. Il rumore e le fiamme mi traumatizzano, per anni sono sobbalzato ad ogni porta sbattuta».
I sunniti erano i favoriti di Saddam e nel dopo guerra perdono il lavoro in gran numero. Il papà di Mohamed trova un posto da assistente cameraman in una tv americana. Con lo stipendio in dollari può permettersi di mandare la famiglia in un luogo più sicuro di Bagdad e per quasi due anni moglie e figli vivono da reclusi in Siria.
Il terrorismo di Al Qaeda miete vittime anche nella coalizione internazionale (alla fine saranno quasi 5mila i morti tra cui 33 soldati italiani), ma nel 2009 il «surge», l’aumento dei soldati americani e l’alleanza con le tribù sunnite riesce a contenere il terrorismo. La sicurezza a Bagdad migliora. La famiglia rientra, Mohamed può cominciare, con un anno di ritardo, le elementari. «Cresco però con la paura di essere rapito o ucciso».
«Nel 2011 i marines si ritirano dall’Iraq e papà perde il lavoro». Le milizie sciite si scatenano: chiedono tangenti, compiono raid nei quartieri sunniti. «Non uscivamo mai di casa, per noi bambini l’unico parco giochi è stato il garage». A 11 anni, Mohamed comincia ad avvicinarsi all’Islam. «Come tutti i bambini facevo il “mezzo digiuno” di Ramadan, saltando la colazione e mangiando a mezzogiorno». É il periodo in cui Abu Bakr al Baghdadi proclama la nascita dello Stato Islamico. L’Isis arriva alle porte della capitale. «Un venerdì ho sentito dagli altoparlanti delle moschee la fatwa, l’ordine, dell’ayatollah al Sistani: Guerra Santa contro l’Isis. Corro a casa: papà posso combattere? Non ho il permesso di uscire nei tre mesi che seguono e, finita la punizione, papà mi iscrive a un club sportivo. Scopro di essere bravo a calcio e non smetto più di correre». Il campo di allenamento ha guardie armate ai cancelli e aspiranti calciatori di tutte le sette. Pare un angolo di vecchio Iraq.
«Nel 2018, a 15 anni, lo Stato Islamico è sconfitto da Iraq, Usa e Iran ed io entro nel mondo digitale con un iPhone 5 e un tablet. Però a differenza di tanti amici, YouTube e i giochi elettronici non mi tengono di nuovo in casa. L’anno dopo partecipo alle proteste di piazza Tahrir contro la corruzione. Vado in piazza dopo l’allenamento, ma non resto molto perché sono stanco e il giorno dopo ho scuola. Litigo spesso con papà perchè lui, come sempre, mi vorrebbe al sicuro tra quattro mura». Polizia e cecchini delle milizie finiranno per uccidere almeno 300 manifestanti.
«Nel 2021 sono finalmente maggiorenne e potrei votare per la prima volta alle quinte elezioni dell’Iraq democratico, ma mi astengo per protesta» come (forse) l’80% dei concittadini contro il settarismo e le influenze straniere. In questi 20 anni, i momenti sereni sono stati pochi. Il ragazzo spera di diventare calciatore professionista o almeno di ottenere un posto pubblico come sportivo. Al suo Paese chiede solo di «poter uscire di casa senza paura».