Corriere della Sera, 21 marzo 2023
I misteri della Svizzera
L’accordo fra Ubs e Credit Suisse diventerà operativo, salvo imprevisti, nei prossimi tre mesi. Allora la Svizzera avrà una banca i cui attivi varranno il doppio del prodotto lordo del Paese, mentre i patrimoni in gestione varranno sei volte più dell’intera economia nazionale. Resterà solo da capire, allora, chi comanderà realmente nella Confederazione: il governo o l’amministratore delegato della banca più grande?
Di certo la nuova entità esordirà con 120 mila dipendenti e a vigilare su di essa, oltre che sulle altre 240 banche svizzere, sarà un’autorità con poco più di cinquecento dipendenti: portieri e custodi inclusi. E benché la nuova entità nata dalla fusione di due fra le più grandi banche d’Europa sia destinata a dimagrire, sarà comunque troppo grande per il Paese in cui avrà la sede e gran parte del business: troppo grande per poter fallire, ma anche troppo per poter essere salvata come è successo a Credit Suisse.
Sarà allora, a fusione ultimata, che si capiranno le conseguenze economiche e istituzionali di una concentrazione di potere finanziario senza precedenti. La nuova entità avrà nella Confederazione una quota di mercato pari a due terzi dell’intero settore delle banche significative. Nessuna autorità antitrust di un Paese democratico accetterebbe il formarsi di un potere economico così ampio nelle mani di una sola impresa. Non in condizioni normali. Ma le condizioni con cui è stato negoziata la fusione fra i due colossi del credito di Zurigo erano tutto, salvo che normali: senza un accordo entro lo scorso weekend, Credit Suisse avrebbe rischiato di prendere la strada di Silicon Valley Bank o di Lehman Brothers e le ricadute sarebbero state incalcolabili.
Il confronto
L’integrazione tra Ubs e Credit Suisse? Una banca con attivi doppi rispetto al Pil svizzero
Nascono da qui le forzature di questi giorni da parte delle autorità svizzere, delle quali solo alcune sono sicuramente legali. Legale, benché sorprendente e non ancora spiegato, è stata la scelta di privilegiare la tutela degli azionisti sugli obbligazionisti subordinati; quella era un’opzione prevista nei contratti dei bond. Giuridicamente meno solida è invece un’altra decisione dei regolatori della Finma, presa con l’appoggio del governo e dei manager delle due banche: procedere alla fusione senza passare da un voto di approvazione nelle assemblee degli azionisti.
I rapporti di forza del resto non lasciavano alternative, perché Ubs è stata in grado di dettare le condizioni. La sforbiciata sui creditori per 16 miliardi di euro, unita a garanzie pubbliche per nove e un impegno della stessa banca acquirente per altri cinque, suggerisce che le perdite di Credit Suisse potrebbero arrivare a trenta miliardi. Eccetto che nessuno ha mai spiegato né dove si trovano esattamente, né perché. Gli stessi regolatori svizzeri non hanno fornito chiarimenti ai colleghi dell’area euro.
I dipendenti
La nuova entità nata dalla fusione esordirà con poco più di 120 mila dipendenti
La finanza svizzera resta ricca di eccellenze trasparenti e professionali, soprattutto nella gestione del risparmio. Ma ora entra in un nuovo capitolo della sua storia secolare senza aver risolto molti dei problemi che l’hanno portato fin qui. Già nel 2008 Ubs e Credit Suisse arrivarono sull’orlo del fallimento, dopo anni durante i quali le autorità di vigilanza non erano riuscite a tener loro dietro. Ma se la sproporzione nel rapporto di forze era troppo grande allora, ora non potrà che crescere. Del resto non sono risolti neanche alcuni dei problemi per i quali è crollata la credibilità di Credit Suisse. A giugno scorso un tribunale elvetico condannò la banca per non aver impedito il riciclaggio sui suoi conti da parte di una banda bulgara di trafficanti di cocaina. Ma la questione del denaro sporco resta bruciante per alcune parti del sistema bancario della Confederazione. Mesi fa l’associazione nazionale del credito ha rivelato a «Reuters» che i conti in Svizzera intestati a cittadini russi valgono ancora fra 150 e duecento miliardi di euro. Non se ne conoscono i beneficiari: si sa solo che il valore delle fortune congelate non supera i nove miliardi, mentre il resto è nella disponibilità di chissà chi. E a novembre il tribunale di Zurigo ha permesso il rimborso a tre oligarchi sotto sanzioni di molti milioni dal forte odore di sporco. Ubs si appresta a regnare su un Paese pieno di talenti e dinamismo, tanto quanto di ombre e contraddizioni di sciogliere.