Il Messaggero, 21 marzo 2023
Sull’autobiografia di Quentin Tarantino
Come si diventa il regista più geniale e influente dell’ultimo mezzo secolo? L’unico capace di divorare, digerire e poi rielaborare in forma ultra-personale tutto il cinema che ha visto, amato e sognato? Si comincia a 5 anni guardando film con gli adulti, in mezzo al pubblico rumoreggiante, e si continua per tutta la vita con una passione onnivora che privilegia i generi (azione, horror, commedia, poliziesco, thriller...) fino a sfociare nell’ossessione, a rasentare il fanatismo. È questo il senso del libro di Quentin Tarantino Cinema Speculation (La Nave di Teseo, 464 pagine, 20 euro), in vendita da oggi nell’efficace traduzione di Alberto Pezzotta, che il regista presenterà a Milano il 7 aprile. Una travolgente full immersion nella formazione artistica del regista di Pulp Fiction, Kill Bill, Django Unchained, C’era una volta a Hollywood. Una vertigine cinefila imbottita di citazioni, riflessioni, analisi e ricordi in cui Tarantino, 60 anni il 27 marzo, 11 film e due Oscar, inabissa felicemente sé stesso e il lettore a cui rivela fin nei dettagli l’origine e i segreti della sua ispirazione.
L’INFANZIA
Il piccolo Quentin comincia ad andare al cinema a 5 anni con la mamma e i fidanzati di lei nella Hollywood dalle mille sale. È eccitante, per lui, essere l’unico bambino (a condizione di non rompere le scatole o fare domande sciocche) e capire dalle reazioni degli adulti i doppi sensi sessuali, l’omofobia, le paure della società americana, i primi rudimenti della Settima Arte. Quentin chiede alla madre perché Butch Cassidy finisca con il fotogramma fisso di Paul Newman e Robert Redford: «Perché sono morti», risponde lei, e il futuro regista ribatte: «Avrebbero dovuto mostrarlo». I primi film che lo entusiasmano sono M.A.S.H., la Trilogia del Dollaro di Sergio Leone, Dove osano le aquile, Il padrino, Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, Il braccio violento della legge, Il gufo e la gattina, Bullitt. Altri, come Conoscenza carnale, La volpe, Isadora, Domenica, maledetta domenica, Una squillo per l’ispettore Klute rappresentano «un rompimento di marroni assurdo» ma lui non protesta, altrimenti lo lasciano a casa.
I RAGAZZACCI
Siamo negli anni Settanta e Hollywood sta cambiando pelle lasciando spazio a nuovi registi che si chiamano Coppola, Bogdanovich, De Palma, Scorsese, Lucas, Milius, Spielberg, Schrader, insomma i "Movie Brats", i ragazzacci del cinema che fanno film «stilosi ma non elitari». Quentin è l’unico bambino che va al cinema e i genitori dei suoi compagni di scuola temono che possa corrompere i loro figli. È davvero pericoloso frequentare le sale? È ancora la mamma a rassicurarlo: «Mi preoccupo di più se vedi i tg, un film non può farti male».
Tarantino cresce e i suoi film di culto sono Bullit «che cambia le regole del cinema poliziesco», Taxi Driver, la serie dell’Ispettore Gallagher, Fuga da Alcatraz, Non aprite quella porta, «uno dei più grandi film di tutti i tempi», Un tranquillo week end di paura. I suoi idoli? Steve McQueen («con Paul Newman e Warren Beatty la più grande star di quegli anni»), Sylvester Stallone. Quando poi comincia ad accarezzare il sogno di fare film rimane colpito dall’audacia di Matadòr di AlmodóvarA: «Mi convinse che nel cinema poteva esserci posto per le mie violente fantasie».
LE ACCUSE
Già, la violenza che rappresenta uno degli elementi distintivi del cinema di Tarantino: al tema il regista dedica numerose pagine, passando dalla venerazione per i maestri del genere Sam Peckinpah e Don Siegel fino all’analisi dettagliata di molti film. Tra questi spicca Taxi Driver che Quentin vede «come unico bianco in sala» e, rivela, avrebbe dovuto essere diretto da Brian De Palma (che rifiutò, trovandolo «poco commerciale») e interpretato da Jeff Bridges, all’epoca più quotato di Robert DeNiro che venne preso solo dopo il successo del Padrino II. Proprio con Scorsese Tarantino va giù duro: lo accusa di essere «in malafede» quando afferma «che l’entusiasmante violenza» da lui messa in scena «fosse in realtà orripilante».
I GIORNALI
Oggi si chiede: «È possibile che la Columbia se la facesse sotto per un film provocatorio come Taxi Driver? Certo che sì: guardate la paura che ha avuto, più di trent’anni dopo, per le reazioni che avrebbe potuto suscitare il mio Django Unchained». Il libro affronta anche i rapporti di Quentin con i critici, da Kenny Turan del Los Angeles Times che lo stronca fino al "vice" Kevin Thomas che gli fa scoprire Lina Wertmüller, Lelouch, Oshima, Fassbinder. E non è un caso se il regista, ora impegnato nella serie Bounty Law, spin off di C’era una volta a Hollywood, abbia deciso di dedicare il suo prossimo film The Movie Critic a Pauline Keel, leggendaria critica del New York Times. Sarà l’ultimo, giura, ma non ci crede nessuno.