Il Messaggero, 21 marzo 2023
Tunisia in default tra 6 mesi
Tra i duecento e i trecentomila migranti. Sono i migranti irregolari che, secondo alcune stime, raggiungeranno le coste italiane entro la fine dell’anno, partendo esclusivamente dalla Tunisia. Vale a dire circa nove volte in più rispetto ai 32mila che hanno percorso la stessa tratta lo scorso anno. Cifre allarmanti che motivano l’interesse nostrano ed europeo ad una stabilizzazione finanziaria e politica del Paese, oltre all’attivismo del governo di Roma nel tentare di allentare la pressione migratoria su Tunisi.Se la situazione interna è «esplosiva» secondo chi segue da vicino il dossier, con il default che rappresenta una possibilità concreta nel giro di 6 o 9 mesi, anche la “pressione” sui confini tunisini è oggetto di attenzione: il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ieri ha illustrato la situazione a Meloni, volerà questa mattina in Costa d’Avorio per provare a mediare un accordo che faccia calare l’afflusso di ivoriani in Tunisia. A bordo delle imbarcazioni che spesso a fatica attraversano il Mediterraneo, il 13% provengono dal paese dell’Africa occidentale, il dato più alto in assoluto tra le nazionalità di provenienza. In totale comunque, il 90% arriva dagli stati nordafricani.LA STRATEGIAIl tassello fondamentale per la strategia italiana resta però quello che guarda dall’altra parte dell’Atlantico. Gli Usa infatti, al momento continuano a bloccare il prestito da 1,9 miliardi di dollari del Fondo monetario internazionale per finanziare il bilancio del 2023. Al netto del pre-accordo sulle garanzie già raggiunto a novembre (su cui ora potrebbe offire aiuto l’Algeria), a non convincere Washington ci sono almeno due ordini di fattori: il primo riguarda la vicinanza del presidente Kais Saied a Russia e Cina. La richiesta in questo caso è quindi un riposizionamento o almeno un maggiore equilibrio.In secondo luogo, a preoccupare e a frenare le risorse, c’è la deriva autoritaria imposta dal Capo dello Stato. In meno di due anni Saied è riuscito infatti a concentrare sempre più potere nelle proprie mani e, al contempo, a eliminare dalla vita politica i partiti politici e gli oppositori. Una richiesta, quella di allentare la repressione, che però per Tunisi è inaccettabile. Anche perché, spiegano fonti diplomatiche, tra le richieste avanzate dal Fondo monetario internazionale a Saied spicca quella di attuare politiche di austerità. Una strada però considerata poco percorribile da Tunisi, già alle prese con un’inflazione record che in questi primi mesi del 2023 ha toccato l’11%. Anzi, tra le indicazioni fornite da Fondo, ci sarebbe soprattutto un taglio netto a vari sussidi e assegni familiari. Vale a dire quell’argine che, secondo i tunisini, se rotto porterebbe a manifestazioni di piazza che rischierebbero facilmente di finire nel sangue.LE ACCUSEIntanto, anche per provare a impedire che il suo governo collassi su se stesso, Saied sembra cercare di “spostare” l’attenzione dei suoi cittadini. Al punto che a metà febbraio ha pronunciato un discorso razzista – ieri condannato dalla Ue – contro i migranti subsahariani. Per il presidente «orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana» sono arrivati in Tunisia, portando «la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati». Una situazione «innaturale», parte di un disegno criminale per «cambiare la composizione demografica» e fare della Tunisia «un altro Stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico». Parole che hanno innescato un’ondata di violenze contro i migranti africani e spinto diversi Paesi dell’Africa occidentale a organizzare voli di rimpatrio per i cittadini timorosi.In ogni caso molti dei circa 21 mila migranti dell’Africa subsahariana che vivono in Tunisia si sono ritrovati non solo senza lavoro e senza casa, ma anche con il visto in scadenza e quindi con il rischio che molti decidano di imbarcarsi per raggiungere l’Europa passando per le coste italiane.