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 2023  marzo 21 Martedì calendario

Biografia di Lucio Battisti

Lucio Battisti
Nato il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone (Rieti)
                                                          morto il 9 settembre 1998 a Milano
 
Prete Quando era piccolissimo diceva che da grande voleva fare il prete: «Servivo la messa quando avevo quattro, cinque anni. Sono passato da questa “mania” religiosa all’opposto: non vado mai in chiesa adesso, credo ma non sono cattolico praticante»
 
Marzo «Il 5 marzo 1943 la guerra non è ancora finita: Mussolini sta per cadere e i tedeschi stanno per occupare il Paese. È in un’Italia lacerata dall’imminente crollo del fascismo che nasce Lucio Battisti, il secondo figlio di Dea e Alfiero Battisti. Nel 1940 avevano avuto un altro figlio, morto a soli due anni. Dea e Alfiero decidono di chiamare il nuovo arrivato con lo stesso nome del primo, Lucio, come se volessero dare una seconda possibilità a quel bambino scomparso troppo presto» (Ernesto Assante Lucio Battisti Mondadori, d’ora in poi Assante, M). NOTA PER GDA IL LIBRO È USCITO IERI
 
Battisti Dea che di cognome fa anche lei Battisti, ma non ha legami di parentela con il marito. «Battisti del resto, assieme a Mostarda, è il cognome più diffuso del paese» [Assante, M].
 
Nervi Dea è casalinga. Alfiero funzionario statale. Da giovane era stato mugnaio, poi era andato in guerra e aveva combattuto con l’esercito italiano in Grecia e in Russia. Colpito alla testa dalle schegge di una bomba scoppiata vicino a lui, una delle quali gli recise dei nervi impedendogli alcuni movimenti nella parte destra del corpo, fu rimpatriato [Assante, M].
 
Certificato Il certificato di nascita di Lucio Battisti è stato perduto nella distruzione del palazzo comunale [Assante, M].
 
Buco «Ricordo vagamente una villa dove eravamo sfollati, ricordo un uomo di pietra, con un buco, dove io entravo dentro» [Assante, M].
 
Vasche Nel 1947, quando Lucio ha quattro anni, la famiglia si trasferisce a Vasche, una frazione del comune di Castel Sant’Angelo, sempre in provincia di Rieti [Assante, M].
 
Normale Nel 1949 Lucio frequenta la prima elementare: «Mi ricordo il giardino della casa della maestra, c’erano dei carrelli tipo miniera, abbandonati. Questi carrelli mi facevano sognare mondi stranissimi. Ero un ragazzino tranquillo, giocavo con niente, con una matita, un pezzo di carta, e sognavo. Le canzoni sono venute più avanti. Ho avuto un’infanzia normale» [Assante, M].
 
 
Capelli Da piccolo portava i capelli «così lunghi che mi scambiavano per una bambina» [Assante, M].
 
 
Campagna Nel 1950, il trasferimento a Roma, dove di lì a poco Alfiero guadagnerà l’incarico di vicecapoufficio alla Dogana dello lo scalo ferroviario di San Lorenzo. Nella Capitale, i Battisti prendono casa a Tor Sapienza: «Siamo andati in periferia e per un paio d’anni c’era ancora un po’ l’aria di campagna» [Assante, M].
 
Chitarra Primo strumento a 13 anni «Le scuole medie, alla metà degli anni Cinquanta, le frequenta con il minimo impegno necessario a superare interrogazioni e compiti in classe senza danno, ma nello stesso periodo, complici l’avvento della musica angloamericana e i primi vagiti del rock’n’roll, inizia a interessarsi alla musica, al punto da farsi regalare una chitarra dai genitori. Siamo nel 1956, Lucio ha tredici anni» [Assante, M].
 
Manie Mio padre diceva “le solite manie”, io insistetti finché per la licenza media della terza, o qualcosa del genere, o forse per la promozione della seconda media, ottenni questa chitarra. Mio padre profetizzò: “La tieni due giorni poi la metti sull’armadio, la dimentichi”. E infatti fu proprio così, due giorni e la dimenticai sopra l’armadio. Poi però conosce Silvio Di Carlo, elettricista di mestiere e chitarrista per passione, «uno che era considerato un po’ pazzo, lo scemo del paese. Tutti ridevano perché andavo a lezione da lui, invece questo qui, evidentemente, non era per niente scemo. Mi ha insegnato le prime cose, ad accompagnare con la chitarra Oi Marì, eccetera»  [Assante, M].
 
Scelta Fa un accordo con il padre. «Lucio avrebbe portato a termine in tempo gli studi senza problemi se il padre lo avesse aiutato a sfuggire alla leva militare, essendo lui figlio di un invalido di guerra. Il padre acconsente, e così nel 1962 Lucio si diploma perito elettrotecnico all’Istituto Galilei di Roma; come previsto, non parte per il servizio militare: sceglie la musica, in maniera definitiva»  [Assante, M].
 
Zampa Le prime prove “professionali” Lucio le fa con Leo Sanfelice e Gli Svitati, ma la prima vera occasione gliela offre Giulio Zampa, leader dei Mattatori, un complesso che suona parecchio nei night club, sia a Roma sia nella sua città, Napoli  [Assante, M].
 
Paga La madre fa firmare a Zampa un foglio dove si specifica che Lucio avrebbe avuto una paga e avrebbe sempre trovato un alloggio quando il complesso sarebbe andato a suonare fuori Roma  [Assante, M].
 
Contratto Dopo qualche mese passa ai Satiri di Enrico Pianori, il quale gli offre sei mesi di contratto e anche una buona serie di opzioni per registrare delle canzoni in studio; contratto del quale, come scrive alla madre, è molto soddisfatto. Dopo i Satiri passa con i Campioni di Roby Matano. Con Matano e I Campioni per la prima volta supera i confini italiani: il gruppo riesce a esibirsi anche in Germania e in Olanda  [Assante, M].
 
Nome Nome d’arte Lucio Poiano, cioè di Poggio Bustone  [Assante, M].
 
Milano Lucio si trasferisce a Milano, convinto da Matano che si tratti di una sistemazione più comoda, sia per le attività del gruppo sia perché le maggiori industrie discografi che hanno sede in quella città. Alloggia in una pensione in via Festa del Perdono, poi in un’altra più vicina alla Galleria. Inizia a scrivere canzoni  [Assante, M].
 
Disco Nel 1964 suona per la prima volta in un disco, un 45 giri di Enrico Pianori. Si iscrive alla Siae e diventa autore  [Assante, M].
 
Rivelazione «Personalmente la prima grossa rivelazione, in Italia, non è stata né Celentano né Mina. Non perché non li ritengo delle rivelazioni: dico così facendo riferimento all’impressione che mi diedero a quell’epoca. La mia più grossa rivelazione è stato Bobby Solo a Sanremo, perché quando cantò Una lacrima sul viso trovai che era veramente una cosa nuova rispetto agli interessi e alla cultura che avevo allora»  [Assante, M].
 
Lontano In una sala parrocchiale in via dei Cinquecento a Milano Battisti è al pianoforte e sta cantando Georgia on My Mind quando entra in sala Pietruccio Montalbetti, pronto a registrare un demo con i suoi Dik Dik. I due si presentano, Battisti dà una mano alla band per la registrazione dei loro brani, poi fa ascoltare a Montalbetti alcune sue canzoni: «Nulla allora mi faceva presagire che sarebbe diventato un grande della musica italiana. Era solo l’empatia ad accendere il mio interesse per un ragazzo conosciuto da poche ore, altrimenti gli avrei detto la verità, ossia che con quelle canzoni non sarebbe andato molto lontano» [Assante, M].
 
Cucina «Lo incontrai per la prima volta a casa mia, era amico di mio fratello (Pietruccio Montalbetti, poi leader dei Dik Dik, ndr). Lucio passava tanto tempo da noi, apprezzava la cucina di nostra madre, scriveva le sue prime canzoni e strimpellava gli esercizi con Pietruccio, anche lui alle prime armi. La nostra casa era piccola, non mi facevano studiare, mi distraevano. Non avevo una grande passione per la musica, invece ci sono cascato dentro con tutti e due i piedi [Il fotografo Cesare Monti a Anna Maria D’Urso, L’Europeo].
 
Mogol Figlio di Mariano Rapetti, grande dirigente della Ricordi e a sua volta autore di canzoni, Mogol ha trent’anni ed è già una star. Ha scritto per Mina, ha vinto Sanremo nel 1961 con Al di là cantata da Luciano Tajoli e Betty Curtis, e ha conquistato il pubblico più giovane con Una lacrima sul viso di Bobby Solo. Mogol ha sette anni in più di Lucio, è più maturo, più addentro alle cose del mercato discografico, un professionista insomma. E da professionista valuta Battisti durante il loro primo incontro, nel quale il cantautore è accompagnato da Christine Leroux e da Pietruccio Montalbetti. Leroux lo ricorda così: «Lucio era molto preoccupato tanto che non voleva andare più all’appuntamento, aveva paura di ricevere un altro no e che questo avrebbe condizionato il mio credere in lui. Lo convinsi e andò» [Assante, M].
 
Povero «Quando l’ho conosciuto io, Lucio era povero in canna, veniva a mangiare la minestrina a casa mia. L’ho visto crescere e diventare famoso ma mai, mai nemmeno una volta, mi ha parlato di politica. A lui non gliene è mai fregato niente» (Mogol).
 
Fenicotteri «Pietro Montalbetti dei Dik Dik lo frequentò soprattutto nel periodo della gavetta, quello dei sogni di gloria e delle tasche vuote, e racconta alcuni episodi struggenti, come la passione comune per il planetario, dove andavano spesso, forse sognando di diventare delle stelle musicali, o lo stupore fanciullesco di fronte ai cancelli dorati di Villa Invernizzi, nei tardi anni Sessanta, mentre ammiravano l’eleganza dei fenicotteri rosa in quel giardino assurdo nel centro di Milano» [Girufi, Foglio]
 
Primi passi Nel 1966 Mogol e Battisti si presentano al cospetto di Adriano Celentano con Per una lira. Il molleggiato la rifiuta. Non fa per lui. Nello stesso anno Battisti inizia a cantare. Oltre a scrivere testi di canzoni, Mogol è anche il produttore dei Dik Dik per la Ricordi; così, quando Montalbetti arriva da lui per fargli ascoltare California Dreamin’ dei The Mamas & The Papas (scoprendo che Mogol aveva già pensato alla stessa canzone per loro), il produttore li affida alle cure di Battisti per la produzione esecutiva e il coordinamento delle registrazioni, consigliandogli di lavorare insieme anche alle esibizioni dal vivo. Collaborazione che porta Battisti addirittura a salire qualche volta sul palco con il gruppo, quando il bassista, impegnato nel servizio militare, non può unirsi a loro. Sognando la California ha un successo clamoroso: resta in classifica per ben diciotto settimane, vendendo centinaia di migliaia di copie e facendo salire alla ribalta anche l’autore del lato B del 45 giri [Assante, M].
 
Bocciato A un provino per la Rai Battisti viene bocciato. La sua voce viene giudicata «fonicamente non accettabile». Anche alla Ricordi la sua voce non piace. L’unico convinto del potenziale di Lucio è Mogol. Dato che la sua casa discografica non ne vuole sapere mette sul tavolo le sue dimissioni. Al ricatto, Ricordi cede [Assante, M].
 
Melodia Il primo 45 giri di Battisti cantante, con Dolce di giorno e Per una lira, ebbe modestissimi risultati. Così 29 settembre, la terza canzone in coppia Mogol/Battisti: «Lucio veniva da me la mattina, alle 9 in punto. Prendevamo un caffè e poi lui cominciava a suonare con la chitarra la melodia sulla quale io costruivo il testo» ricorda Mogol. Venne destinata ad altri. Gianni Pettanati, reduce dal successo di Bandiera gialla, inopinatamente la rifiutò. L’Equipe 84 la fece sua, la confezionò e sfondò [Molendini, Mes].
 
Promozione A fronte di un migliaio di copie stampate, ne vengono vendute solo la metà, anche e soprattutto perché la Ricordi, non ancora convinta delle potenzialità di Battisti come interprete, non fa nulla per promuoverlo [Assante, M].
 
Esordio Nel 1966 Battisti esordisce al Festival come autore proprio quell’anno, con un brano che porta la sua firma e quella di Mogol, Non prego per me, cantato da Mino Reitano e dagli Hollies. Per Lucio, l’accoppiata con la band inglese è come una medaglia d’oro sul petto
 
Grazia Nel 1967 conosce la signora Grazia Letizia Veronese. Succede a Sanremo quando lei era segretaria del clan di Celentano [Fusco, Libero]. (vedi amori)
 
Esce 29 settembre dell’Equipe 84. Il brano è uno dei massimi capolavori della coppia Mogol-Battisti, per l’originalità della sua scrittura musicale, per l’arrangiamento dal sapore ampiamente psichedelico e per la visionarietà del suo testo, con quei toni evocativi e i contorni sfumati accentuati dall’interpretazione di Maurizio Vandelli [Assante, M].
 
Purezza A fine marzo 1969 esce il singolo Acqua azzurra acqua chiara. Il testo di Mogol racconta della vita dissoluta di un uomo che passa le sue notti sempre con donne diverse, e che cambia conoscendo una ragazza che lo fa innamorare con la sua purezza. Il tormentone entra in hit parade per restarci una decina di settimane. Vola al Cantagiro ma senza vincere (arriva terzo) e poi sbanca il Festivalbar, consegnando il successo e la gloria a Battisti in quella lunga estate del ’69, l’estate della Luna e di Woodstock. Il disco è un gran disco. Egregiamente suonato da signori musicisti, sessionmen di lusso. Con Battisti c’è mezza Pfm (all’epoca si chiamano “Quelli”): Franco Mussida alla chitarra, Flavio Premoli al piano e Franz Di Cioccio alla batteria. Alla chitarra elettrica il virtuoso Alberto Radius della Formula 3. Gli arrangiamenti sono di Detto Mariano, ancora molto “Sixties” ma robusti ed efficaci (il fraseggio d’orchestra di “Acqua azzurra” cinquant’anni dopo è ancora cantato nelle schitarrate da spiaggia) [Toscano, Foglio].
 
Tv Ad aprile, per presentare la canzone, Battisti partecipa per la prima volta a un programma televisivo, ospite di Renzo Arbore. Il cespuglio di capelli ricci e il foulard al collo diventano presto un’icona, che ispirerà monologhisti come Walter Chiari e imitatori come Alighiero Noschese [Toscano, Foglio].
 
Paradise «E sempre nel 1969 succede qualcosa più unica che rara per Battisti, cioè un suo brano sfonda in Inghilterra. Il successo sui mercati anglofoni mancò per tutta la sua straordinaria carriera al cantautore italiano, malgrado la stima di mostri sacri della scena inglese come Pete Townshend degli Who, suo estimatore, o David Bowie, che letteralmente adorava Battisti, tanto da scrivere il testo inglese della versione di Io vorrei non vorrei ma se vuoi (Music is lethal) incisa dal suo amico e chitarrista Mick Ronson. Eppure, in quel 1969, a riprova che il sound di Battisti ha allineato la musica italiana al sentiment internazionale del tempo, proprio come aveva fatto Modugno prima di lui, una canzona battistiana arriva in vetta alla classifica britannica. È la cover di un pezzo minore scritto l’anno prima da Battisti e Mogol per La ragazza 77 (al secolo Ambra Borelli, figlia di un funambolo) e passato inosservato. In italiano si chiama Il paradiso della vita, in inglese diventa If Paradise is half as nice. La incidono gli Amen Corner – è il loro singolo di debutto – e volano al numero uno nelle charts inglesi dove restano per due settimane. Patti Pravo la importerà di nuovo in Italia in una versione di successo, sempre in quel magico 1969» [Toscano, Foglio].
 
Vetro-cemento Quando Battisti porta a Colombini il provino di Balla Linda, il discografico non ha alcun dubbio. «Questa la devi cantare tu» gli dice, anche se la scelta non è condivisa da tutti alla Ricordi. La registra con Il Prigioniero del mondo che partecipa a Un disco per l’estate, e per presentare l’esordio di Battisti TV Sorrisi e Canzoni gli dedica un servizio: “La voce di Battisti è moderna e un tantino ruvida: si potrebbe definire al vetro-cemento» [Assante, M]. Balla Linda ha successo
 
Fiamma La Linda che viene citata è una vecchia fiamma di Mogol: “Linda era una ragazza americana, molto bella, con cui ebbi un’avventura piuttosto fugace, una cosa breve e senza molto significato per entrambi”. 1
 
Non voce «La mia non è una voce, ma piuttosto una “non voce”. Il fatto che io mi sia messo a cantare è di secondaria importanza: io non canto ma interpreto le mie canzoni. Potrei anche parlarle, le mie canzoni, come facevano una volta i cosiddetti “fini dicitori”. Però la mia convinzione è questa: che cantando le canzoni che compongo queste risultano più complete, più sentite» [Assante, M].
 
Casa La casa in largo Rio de Janeiro a Milano. Era una villetta indipendente con giardino, una di quelle casette anonime su tre piani che furono costruite da una cooperativa edile per ex ferrovieri. Cielo terra, si dice in immobiliarese, a significar che non si han vicini, né sopra né sotto. Gliela trovò l’amico Riccardo Pizzamiglio, un tecnico del suono e uomo di fiducia della Numero Uno a cui Lucio aveva dato istruzioni precise: la casa doveva essere spaziosa ma non lussuosa, in un quartiere tranquillo ma non troppo periferico, e soprattutto con un bel giardino interno. Fra queste mura, Lucio Battisti andò a vivere con Grazia Letizia Veronese e lì nacque loro figlio Luca, oltre a diversi capolavori indimenticabili come “Emozioni, “E penso a te e Il mio canto libero [Garufi, Foglio].
 
Sound «Le mie canzoni nascono così: suono e a un certo punto mi accorgo di avere messo insieme una melodia; attorno a questa traccia lavoro finché ho ottenuto qualcosa di accettabile. Non ho preferenze per i pezzi che ho composto, dal momento che io consegno la musica a un paroliere il mio lavoro è finito, la canzone mi piace, per me è bella, se non la considerassi tale non la consegnerei. Non mi sembra di imitare nessuno nelle mie composizioni: riecheggiano forse la musica folk nordamericana, ma credo che sia una cosa del tutto logica, dato che sono proprio quelli gli autori che preferisco, gente che ha qualcosa da dire, perché l’importante non è solamente rinnovare i testi ma, soprattutto, il sound» [Assante, M]
 
Notte «Sono un animale notturno, mi piace andare nei locali verso le ore piccole del mattino, quando sono rimasti solamente i clienti abituali, gente che si conosce da anni, una fauna particolare con abitudini tutte sue. Per me sono le ore più belle, la musica non è più così assordante, si può chiacchierare tranquillamente. Si vedono le cose più impensabili» [Assante, M].
 
Telescopio «Di solito preferiva comporre al mattino presto, avvolto dal silenzio. Strimpellava la chitarra per ore davanti a questo camino rustico cercando armonizzazioni e accordi strani, mentre nelle notti d’estate, come riferisce il suo amico Pietro Montalbetti dei Dik Dik, dal terrazzo amava guardare le stelle col telescopio e riconoscere le costellazioni» [Garufi, Foglio].
 
Prezzi «È cominciato ed è finito il Festival di Sanremo. Le città erano deserte; tutti gli italiani erano raccolti intorno ai loro televisori. Il Festival di Sanremo e le sue canzonette sono qualcosa che deturpa irrimediabilmente una società. Quest’anno, poi, le cose sono andate ancora peggio del solito: perché c’è stata una contestazione, seppur appena accennata, al Festival. Ciò che si contesta sono infatti i prezzi dei biglietti per ascoltare quelle povere creature che cantano quelle povere idiozie: e si protesta moralisticamente contro il privilegio di chi può pagare il prezzo di quel biglietto. Non ci si rende conto che tutti i sessanta milioni di italiani, ormai, se potessero godere di questo famoso privilegio, pagherebbero il prezzo di quel biglietto e andrebbero ad assistere in carne e ossa allo spettacolo di Sanremo. Non è questione di essere in pochi a poter pagare quelle miserabili ventimila lire ma è questione che tutti, se potessero, pagherebbero. Tutti, operai, studenti, ricchi, poveri, industriali, braccianti…» [Pier Paolo Pasolini su Il Tempo Illustrato]
 
Sanremo Al 19° Festival della canzone italiana Lucio Battisti canta il brano Un’avventura. Arriverà nono
 
Martinitt Angelo Rizzoli vede il debutto di Lucio Battisti al Festival di Sanremo con Un’avventura e dice: «Lo spedirei subito dal parrucchiere e lo farei rapare a zero, come usava dai Martinitt! E comunque non avrà mai successo».
 
Successo Il 4 marzo 1969, un giorno prima del suo ventiseiesimo compleanno, esce il primo album, intitolato Lucio Battisti, che la Ricordi immagina come supporto al brano presentato a Sanremo. Il disco contiene diverse canzoni già pubblicate nei singoli, più sei pezzi che erano stati incisi in precedenza da altri gruppi e solisti, fra cui 29 settembre, e che qui vengono reinterpretati da Battisti. Un successo.
 
Quindici Battisti lascia la Ricordi e fonda insieme a Mogol la Numero Uno. Il marchio è disegnato da Guido Crepax. [Toscano e Garufi, Foglio]. Mettono sotto contratto, fra gli altri, la Formula 3, Edoardo Bennato, Ivan Graziani.
 
Giovani Nel 1970 a ottobre esce il singolo Mi ritorni in mente, storia di un amore finito male, che con un sontuoso arrangiamento di Detto Mariano volerà al primo posto dell’hit parade. Ancora una volta, Battisti conferma la sua cifra d’innovatore, ammiccando alla tradizione melodica sanremese ma spezzandola con un innesto rockeggiante (“Ma c’è qualcosa che non scordo…”) che racconta di come i tempi stiano cambiando e con essi i gusti dei giovani nostrani. Mogol si conferma molto bravo a raccontare piccole storie in pochi versi, con piglio cinematografico. Lo fa nel lato A ma anche nel lato B del singolo, 7 e 40, che diventa un altro evergreen. Lo farà mirabilmente anche l’anno dopo con Fiori rosa fiori di pesco, quasi un cortometraggio in musica su un’altra storia senza lieto fine [Toscano, Foglio].
 
Dramma Mi ritorni in mente è davvero singolare. Il pezzo, infatti, ha una doppia anima: da una parte è molto melodico, se vogliamo di stampo tradizionale, con la sua apertura larga e cantabile che sottolinea il riaffacciarsi alla memoria di ricordi belli. Ma c’è anche un momento aspro, c’è quel “qualcosa” che il protagonista non scorda, ovvero l’attimo in cui ha capito che la storia con l’amata è finita, il momento in cui è “morto” dentro. In questo passaggio la musica è tagliente, ritmata: l’inciso tra le due strofe è in pieno contrasto con il resto della canzone, a sottolineare il dramma interiore [Assante, M].
 
Bomba Quel pomeriggio del 12 dicembre 1969, alle 16.37, quando in piazza Fontana a Milano scoppiò la bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura, Lucio era nel mio ufficio, in galleria del Corso. Il padre di Mogol disse subito: “Questa è una bomba”. E noi due: “Una bomba? Di pomeriggio? A Milano?» [Mara Maionchi a Anna Maria D’Urso, l’Europeo]
 
Canzoni «Ho un’automobile borghese, non corro, non lavoro troppo per accumulare quattrini: per la prima volta in vita mia questa estate ho fatto 21 serate; adesso ho chiuso e per quest’anno non se ne parla più… e poi c’è la vita privata: sono fidanzato con Grazia Letizia Veronese. Lo sanno tutti e prima o poi ci sposeremo, ma spero di non farlo sapere a nessuno, anche a costo di giocarmi qualche copertina. Lucio Battisti deve essere giudicato per le canzoni che scrive e per le canzoni che canta» [Assante, M].
 
Ammirazione «Ho sempre avuto dalla mia una qualità che molti mi invidiano, forse più della fortuna, dei soldi che posso aver guadagnato: il senso di sicurezza. È un giudizio di me stesso che forse gli altri non hanno. Il primo ammiratore di Lucio Battisti è Lucio Battisti, un ragazzo che ha sempre guardato in alto, giocando al limite della presunzione» [Giuseppe Barigazzi, Il Giorno]
 
Me «Ho avuto ragione. Prima nei confronti di mio padre e mia madre che non volevano saperne di lasciarmi fare, poi nei confronti dei discografici che avevano cominciato col dire che le mie canzoni erano anticommerciali. Ha fatto qualcosa per renderle vendibili?  No, erano gli altri che si sbagliavano, pensavano non ci fosse spazio a livello popolare per uno come me. Io sono sempre andato dritto e cerco sempre di superarmi. Verrà il momento in cui potrei anche staccarmi dal pubblico, ma non importa, se avverrà andrà bene lo stesso perché l’ho voluto io, badando ad accontentare sempre prima di tutto me stesso» [Giuseppe Barigazzi, Il Giorno]
 
Coca La Coca-Cola chiese alla Numero Uno, che all’epoca era percepita come etichetta ‘giovane’, di registrare per una pubblicità una cover di Superstar [Assante, M].
 
Sequenza A Sanremo 1970 Mogol porta sul podio La prima cosa bella, cantata da Nicola Di Bari e dai Ricchi e Poveri, mentre Battisti ufficialmente non partecipa. Prende parte al Festivalbar, con Fiori rosa, fiori di pesco, e vince. Iniziano cinque mesi che definire “leggendari” forse è poco: mesi in cui Lucio Battisti diventa in assoluto il campione della musica italiana, l’artista di maggior successo e l’autore di brani che mettono insieme, in maniera straordinaria, qualità, popolarità e originalità. Da maggio a ottobre escono Insieme, Fiori rosa, fiori di pesco, Il tempo di morire, Emozioni, Anna: una sequenza assolutamente inaudita di canzoni perfette [Assante, M].
 
Insieme All’inizio Fiori rosa, fiori di pesco voleva farla cantare a Mina ma poi ci ripensa e se la tiene per sé. A Mina dà Insieme. A Lei non piaceva. Detto Mariano: «Io rimasi ammutolito, mentre Lucio riprendendosi subito le fa: “Mina, ma l’abbiamo fatto con tanto amore, prova almeno a cantarlo”. E lei: “Va bene, se lo avete fatto con tanto amore lo vado a cantare”. Lo canta, Lucio e io ci guardiamo in faccia e le diciamo: “A noi sembra perfetta, potremmo anche tenere questa”. E lei rispose, usando un linguaggio piuttosto colorito: “Ma neanche per sogno, non mi piace. Adesso la ricanto. Però l’arrangiamento comincia a convincermi”» [Assante, M].
 
Stonato Mogol è stonato.
 
Concerti Nel 1970 alla fine del suo secondo tour, decide di farla finita con i concerti [Toscano, Foglio]
 
Emozioni «L’ho scritta subito dopo il viaggio a cavallo Milano-Roma e ci ho messo quella tensione intima, quei passaggi bruschi, sospesi in aria, per esprimere meglio il senso di scoperta, di stupore, di libertà che provammo io e Mogol avventurandoci per prati, colline e fiumi, come se vedessimo la natura per la prima volta» [Assante, M].
 
Interviste Piuttosto che rilasciare un’intervista è pronto a fare un concerto solo per i giornalisti e le loro famiglie  «Ma io non vi concedo niente, perché siete voi adesso che avete bisogno di me. Se io vi concedessi adesso tutte le interviste che volete e se un giorno fossi io ad avere bisogno di voi magari l’intervista me la fareste, ma poi mi direste che il vostro direttore non vi concede spazio sul giornale. E allora io non vi concedo interviste perché mi rompo le scatole. Però, per dimostrarvi che non ho niente contro di voi, se volete, faccio un concerto per voi e le vostre famiglie» [Assante, M].
 
Tirchio Lucio Battisti è ricordato come tirchio dagli amici, che per questo non credettero alla notizia che lui avesse finanziato Ordine Nuovo. L’unica volta che pagò dopo aver scroccato il caffè per un anno a Bruno Longhi, non glielo offrì. Ma quando l’attuale giornalista del Tg5, allora aspirante musicista, gli telefonò per una canzone che non gli veniva, si mise alla chitarra regalandogli quattro note e un accordo [Di Caro, l’Espresso].
 
Quindici Nel 1971 Battisti insieme a Mogol producono in media una canzone ogni quindici giorni, fra quelle cantate in proprio e quelle offerte ad altri interpreti [Toscano e Garufi, Foglio]. Mettono sotto contratto la Formula 3
 
Pomodoro Ama dipingere. Si appassiona per la pop art. Leggenda vuole che tra le sue opere ci sia una serie di quadri che ha come soggetto un normale tubetto di concentrato di pomodoro.
 
Esclusiva «Anno 1971. Mentre Mario Luzzatto Fegiz e io, con l’aiuto di Carlo Massarini, conduciamo Per Voi Giovani, il programma dedicato alla musica rock internazionale e alla più innovativa musica italiana, Lucio Battisti lascia la Ricordi e forma, con Mogol, una sua etichetta indipendente: la Numero Uno. Oltre che al controllo degli affari la mossa gli serve per garantirsi la più completa libertà artistica e creativa. La promoter è Mara Maionchi. È lei che ci fa ascoltare in anteprima Pensieri e Parole, la nuova canzone di Battisti. Non siamo però, i primi. La canzone è stata appena rifiutata da Arbore e Boncompagni, autori di Alto Gradimento, un altro programma radio di grande successo artefice del lancio di molte hit discografiche, perché ritenuta inadatta al loro stile di programmazione. Noi la prendiamo in esclusiva. Occorre ricordare che, in quegli anni, non c’erano altre radio se non quelle della Rai. Quindi, a parte chi aveva il disco, l’unico modo per ascoltarla era quello di sintonizzarsi sul nostro programma» (Paolo Giaccio).
 
Intervista «Come è noto Battisti evitava il più possibile i contatti con giornalisti e dj. Dopo quel week end mettiamo in cantiere una lunga intervista radiofonica per presentare in anteprima nel nostro programma il suo nuovo album: Il Mio Canto Libero. L’intervista dura vari giorni. Inizia in una sala prova, in campagna. Non contenti del risultato ci spostiamo poi in uno studio a Milano, dove Battisti, al pianoforte, canta dal vivo tutti i pezzi dell’album e molte altre sue famose canzoni. È così che nel 1972, per un’intera settimana, siamo in grado di presentare nel nostro programma un ospite che mai, fino ad allora, e neanche negli anni a seguire, accetta di mostrarsi così intimamente e sinceramente ai suoi ascoltatori: il suo nome è Lucio Battisti» (Giaccio)
 
Salame Mogol ha rivelato che «Non piangere salame dai capelli verde rame», uno dei versi più noti della canzone di Lucio Battisti Eppur mi son scordato di te, è frutto di un refuso. Il paroliere in realtà voleva scrivere «rosso», ma il cantante non si avvide dell’errore «e così è rimasto il verde al posto del rosso».
 
Moto L’8 giugno 1970, Lucio Battisti pubblica un 45 giri: sul lato A, “Fiori rosa, fiori di pesco”; sul lato B “Il tempo di morire”. Un inno alla motocicletta, un simbolo di quegli anni Settanta aperti da Battisti nel segno delle due ruote e ribaditi dai successi di Giacomo Agostini su MV Agusta, campione del mondo sia sulle 250 che sulle 500: invincibile, bello, idolo di noi ragazzi e – soprattutto – delle ragazze. La motocicletta (non necessariamente da 10 hp) diventa anch’essa la metafora della trasgressione, della ribellione, della possibilità di fare colpo sulle ragazze, specie se è tutta cromata / è tua se dici sì [Umberto Broccoli, Sette].
 
Magari 1 «Lucio era un pacioccone, un ragazzo tranquillo, sereno. Anche spiritoso. Una volta eravamo insieme al supermercato, a Molteno (Lecco), dove abitava, e fuori c’era una ressa di ragazze. «Sei Lucio Battisti?». «Magari!» [Mara Maionchi a Anna Maria D’Urso, l’Europeo]
 
La canzone del sole Uno dei brani più conosciuti, amati e cantati dell’intera storia della canzone italiana. Un piccolo gioiellino.
 
 
Finiti Proprio in quell’aprile 1971 Lucio Battisti pubblica un 45 giri: sul lato B, Insieme a te sto bene. Sul lato A, Pensieri e parole. Ed è leggenda. Parole di Giulio Rapetti (Mogol) a raccontare pensieri profondi e ambigui. Lucio a dar note e voce a quelle ambiguità, radicate profondamente nella nostra vita quotidiana. Leggenda, si diceva, perché Pensieri e parole sembra nascere fra le perplessità di molti discografici. C’era chi immaginava questa come la prova generale della fine del sodalizio Battisti Mogol e c’era chi – addirittura – prevedeva il voltafaccia del pubblico tutto di fronte a una canzone così apparentemente ermetica. Parola di Mogol: «Quando io e Lucio ci presentammo con il nastrino e lo facemmo ascoltare ci fu chi disse: “Siete finiti, se vi azzardate a pubblicare questa porcheria, avete chiuso, il pubblico non vi capirà mai!”». Era la lungimiranza solita degli addetti ai livori e, forse, gli addetti ai livori avevano una parte piccola di ragione: Pensieri e parole non era immediata e il testo non si afferrava subito  [Umberto Broccoli, Sette].
 
Mina Il 23 aprile 1972, Battisti torna a Teatro 10, condotto ancora da Alberto Lupo. Inizia da solo, cantando in playback I giardini di marzo, ma poi prosegue, clamorosamente, in un memorabile duetto dal vivo con Mina: sette pezzi, cantati dalle due più grandi personalità della canzone popolare italiana del momento. Il rapporto tra Mina e Battisti è breve e intenso: si consuma in pochi anni, dalla metà del 1970 alla fine del 1972, concentrato in quattro canzoni scritte da Mogol e Battisti per lei e in questo duetto; tutto qui, ma è sufficiente per passare alla storia (Assante, M)
 
Bene Un altro che non ha avuto paura a dire di no e ha sempre fatto ciò che voleva è stato Lucio Battisti. L’ha conosciuto? «Ci ho parlato solo una volta al bar della Rca un paio d’ore. Era molto timido ma al tempo stesso emanava un carisma assoluto». Cosa vi siete detti? «Avevo appena fatto Alice e lui mi fece dei complimenti: “Aoh, è forte quel pezzo!”. E poi mi disse una cosa che mi parve davvero strana: “tu canti benissimo”. Io, capito? Che in quel periodo mi sentivo tutto meno che un cantante! E poi: “quello che mi piace, è che tu riesci a far capire bene il senso di quello che dici nei testi...”. A me! Quello a cui tutti dicevano che non si capiva niente di quello che scrivevo! Tornai a casa volando» [Francesco De Gregori a Luca Valtorta, Rep].
 
Cinema Non perdeva un film di Totò, di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Li imitava anche [Fusco, Libero].
 
Baglioni Con Claudio Baglioni aveva chiuso perché una volta a Los Angeles gli aveva detto in faccia che lo considerava l’erede della tradizione italiana alla Claudio Villa. Baglioni si offese a morte [Fusco, Libero].
 
Ritardo Al Festivalbar 1970 ad Asiago, invece, arrivò all’ultimo momento. Uno dell’organizzazione disse al patron Salvetti: «C’è un certo Cesare Battisti che vuole salire sul palco...» [Fusco, Libero].
 
Veleno «Non sono né un presuntuoso né un orso sono soltanto un individuo che non vuole lasciarsi consumare. Il successo è un veleno» [Fusco, Libero].
 
Moda «Non è, intendiamoci, che la sua sia musica d’avanguardia, è soltanto musica di consumo, però tenuta a un certo livello. In questo ambito consumistico Battisti è oggi il personaggio più valido» (Giorgio Gaber); «Non parliamo di genio, è un ragazzo di talento che ha saputo riprendere e far suo un certo genere musicale straniero» (Domenico Modugno); «Battisti è soltanto uno che ha indovinato cosa vogliono i ragazzi oggi» (Gianni Ferrio). «C’è del talento, ma è un talento alquanto limitato, chiuso in un determinato tipo di musica, per giunta scopiazzata» (Riz Ortolani); «Battisti è un dilettante spaventoso» (Augusto Martelli): «Geni musicali, per me, sono Charlie Parker, Armstrong, Bach. Diciamo che Battisti ha molto talento» (Renzo Arbore)
 
Luca Nel 1973 nasce il figlio Luca. Lui e Grazia non sono ancora sposati. «Il 25 marzo 1973 Luca è nato alle 13.59 del 25 marzo scorso nella clinica milanese San Pio X… il suo peso al momento della nascita, avvenuta senza taglio cesareo, era di chilogrammi 3,350… Lucio, se in passato aveva usato mille astuzie per sfuggire alla curiosità dei fotografi, mille stratagemmi e qualche volta anche l’alterco, stavolta ha superato se stesso. Non ha avvertito del lieto evento nessuno: nemmeno Giulio Rapetti, detto Mogol [Tv Sorrisi e canzoni] • «Mentre lei in bagno si stava pettinando, lui se ne stava, in pigiama, sdraiato sul letto, in attesa della sua compagna. In quell’istante due paparazzi tentavano il “colpo” e facevano irruzione nella camera 418, quella abitata dalla coppia celebre. Il solo Battisti veniva immortalato, monumento del padre felice ma disorientato dall’assalto. Volavano male parole, i due fedayn erano scacciati e da quel momento il quarto piano del San Pio X diventava una fortezza, un impenetrabile bunker» [Tv Sorrisi e canzoni]. 
 
Schiaffone «L’unico vantaggio che Battisti ha ricavato dal suo successo è il danaro, ma gli serve a comprarsi l’infelicità che preferisce. Ha case in città e in provincia, ma non gli servono per viverci, ricevere amici, allevarci animali o crescere piante. In casa si rinchiudono lui e Grazia Letizia (adesso ci sarà anche Luca) per settimane, mesi. Le finestre ermeticamente sbarrate, non un fiore sul davanzale, non l’abbaiare di un cane. Soltanto un canarino in gabbia, anche lui, viene appeso ogni tanto fuori a prendere aria… capire fino a che punto è arrivata questa sua psicosi è difficile, ma esiste un indizio valido per valutare la portata della sua mania: se l’è data a gambe davanti a un omarino piccolo e magro, un padre in attesa, che gli chiedeva dov’era la toilette! Oppure, quando un volenteroso ha cercato di informarsi sullo stato di salute della “sacra famiglia”, andando a bussare alla porta della camera 418, dove Battisti si era barricato, si è ritrovato con la guancia bruciante e marchiata dalle cinque dita della regal mano destra. Che volete, c’è chi in questi casi distribuisce sorrisi e strette di mano, lui preferisce dare schiaffoni» [Novella 2000].
 
Case Lasciano Milano. Per un po’ si spostano a Rimini, in una casa di famiglia dei Veronese, ma la stampa li scopre. Quindi cercano rifugio da Mogol, al Dosso. Si innamorano talmente tanto della zona da decidere di trasferirsi lì, in una casa che è a pochi metri da quella di Rapetti. I giornalisti li trovano.
 
Foto «Lucio mi chiese di collaborare con il gruppo che si stava costituendo intorno a lui e Giulio Rapetti, in arte Mogol. L’etichetta era la Numero Uno. Ci capimmo al volo, Lucio con le sue canzoni aveva intrapreso, come me, la strada della ricerca. Lucio davanti alla macchina fotografica era molto paziente, faceva esattamente quello che volevo. Anche stare per ore nella stessa posizione, mentre scattavo centinaia di fotografie. Mio fratello dice che io e Lucio andavamo d’accordo perché eravamo molto simili: caparbi, per niente amanti della mondanità, quasi austeri. Lucio sapeva che l’importante non era il soggetto fotografico, cioè la star, il divo, ma il progetto che ci stava dietro. Per realizzare la copertina del 33 giri Il mio canto libero, la foto dei “boschi di braccia tese”, radunai una cinquantina di amici. Feci sdraiare tutti quanti a terra e chiesi loro di alzare le braccia. Lavorare con Lucio, però, era difficile: lui era davvero di una professionalità impressionante, non c’era casualità nelle foto, tutto veniva costruito, fin dai più piccoli dettagli [Il fotografo Cesare Monti a Anna Maria D’Urso, L’Europeo].
 
Libero «L’album Il mio canto libero uscì nel 1972. L’anno dopo fu sciolto Ordine nuovo (dal ministro dell’interno Paolo Emilio Taviani, con l’accusa di ricostituzione del disciolto partito fascista, ndr). Gli estremisti sui volantini scrissero: “Ci chiudono ma non fermeranno il nostro canto libero”. E a Lucio, che non era politicamente allineato come i cantautori dell’epoca, appiopparono l’etichetta di cantante di destra. In quegli anni o eri comunista o fascista. Battisti cantava Emozioni quando si parlava di ingiustizie sociali. Innocenti evasioni quando in piazza si urlavano slogan impegnati. E indossava dolcevita neri.  Era una persona libera, era concentrato sul lavoro. Aveva un ego fortissimo solo sulla sua scrittura, non aveva il culto dell’immagine, non amava apparire, soprattutto in televisione. Non voleva essere amato per quello che era, ma per la musica. Ha sempre detto: “L’artista non segue il suo pubblico, ma lo anticipa”. Quello tra Battisti e Mogol è stato un miracolo d’incontro. Insieme hanno aperto nuove strade. Hanno modernizzato la canzone italiana e l’hanno avvicinata a tutto ciò che accadeva nel mondo» [Mara Maionchi a Anna Maria D’Urso, l’Europeo]
 
Ingrassato Canta in francese I giardini di marzo e Il mio canto libero. Testi che promuove in una trasmissione tv a Parigi davanti a Jane Birkin: «Ha fatto centro, o almeno così è sembrato, visto che Jane lo ha ascoltato con espressione sognante… Lucio ha conservato invece l’imperturbabilità consueta. È ingrassato, la maglietta gli modella forme non appetitose, poco sopra la cintura, ma Jane a queste cose non ha mai badato…».
 
In Spagna, dopo un bel po’ di singoli, nel 1971 arriva La canción del sol; poi, nel 1973, Mi libre canción e ancora La colina de las cerezas. Più singolare è sentire cantare Battisti in tedesco: nel 1974 esce Unser freies Lied. Ma la migliore affermazione è come autore, nuovamente in Inghilterra, quando Mick Ronson, leggendario chitarrista di David Bowie, decide di incidere una sua versione di Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi.
 
Flash I flash gli fanno male agli occhi.
 
Rca Battisti e Mogol nel 1974 vendono la Numero Uno alla Rca. per circa quattrocento milioni, pagabili in cinque anni: una cifra decisamente bassa per lo status dell’etichetta e la sua sfilza di successi. Non solo: la RCA compra la Numero Uno “vuota”, senza dipendenti, che vengono quindi licenziati (solo qualcuno viene immediatamente riassunto dalla RCA), legando a sé invece Mogol e Battisti con un contratto di esclusiva per quattro anni [Assante, M].
 
Sodalizio «Io devo moltissimo a Mogol e lui a me. In fondo se sono diventato Lucio Battisti buona parte del merito va al mio paroliere. D’altra parte penso che Mogol debba a me parte della fama che si è meritatamente conquistato in questi ultimi anni. La nostra è una collaborazione totale, in completa amicizia, senza rivalità e isterismi. È naturale che, in sala d’incisione come in fase di studio di un pezzo, le discussioni, anche accanite, non mancano. Ma non sono certo queste a farci rompere un così forte sodalizio» [Assante, M].
 
Fango Per la copertina di La batteria, il contrabbasso, eccetera, pubblicato nel 1976, una delle mie preferite, il terreno era stato allagato apposta e Lucio dovette correre più volte in mezzo alle pozzanghere sollevando più acqua possibile. Indossava una muta sotto i vestiti. Gli feci fare centinaia di salti nell’acqua, il giorno dopo aveva la febbre [Il fotografo Cesare Monti a Anna Maria D’Urso, L’Europeo].
 
Tempo Tra il 1969 e il 1974, in soli cinque anni, Lucio ha realizzato ben otto album e diciassette singoli, mentre tra “Anima latina” e “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera” passa per la prima volta quasi un anno e mezzo [Assante, M].
 
Los Angeles Il suo nuovo progetto di chiama Anima latina. Si trasferisce a Londra. Si dice che fu la paura del rapimento del figlio Luca, a fargli scegliere di abitare in Inghilterra [Fusco, Libero]. Poi gli Usa e Los Angeles «Ho scritto parecchie canzoni dal mio arrivo e mi piacerebbe incidere un album proprio qui. I miei album riflettono sempre le mie esperienze di vita e devo dire che la serenità artistica che regna in questa città è davvero interessante. Il ritmo della vita californiana è facilmente trasportabile in musica e l’idea di incidere qui, magari con musicisti americani, mi attrae molto» [Assante, M].
 
Stranieri Battisti si avvale solo della collaborazione di musicisti stranieri. Hal Blaine, già con Elvis e Simon & Garfunkel, Dennis Budimir e Jim Hughart, già con Frank Zappa e Tom Waits, e Michael Boddicker, già con Quincy Jones, mentre alle chitarre c’è una star come Ray Parker Jr., personaggio la cui influenza è da non sottovalutare, perché buona parte del sound che Battisti ama è esattamente quello della band di Parker, i Raydio, ed è per questo che viene chiamato a far parte del gruppo dei nuovi collaboratori musicali. Ma a tenere le redini di tutto sono il tastierista Mike Melvoin, già nei Fifth Dimension, il quale realizza gli arrangiamenti con Battisti, e Joe Reisman, che si incarica con Lucio della produzione. Qualche “residuo” italiano comunque c’è ancora: in Amarsi un po’, in Sì, viaggiare e in Questione di cellule, dove restano parti delle basi registrate al Mulino con Graziani, Bullen, Calloni e Maioli [Assante, M].
 
Proclama Nel 1976, a soli 33 anni, Battisti decise di chiudere con il pubblico, con i concerti, con la tv. Il suo proclama che ha fatto storia, ma non proseliti, era: «Un artista non ha bisogno di apparire, deve comunicare solo attraverso la musica» [Fusco, Libero]. Nel 1977 andrà in alcune trasmissioni all’estero e poi più niente.
 
Spartano Nel 1976 Lucio Battisti guadagnava anche 4 miliardi all’anno solo in diritti d’autore, ma viveva in modo spartano [Fusco, Libero].
 
Filosofia Si trasferisce con la famiglia a Londra. La sua villa a Dosso di Coroldo, Molteno, è pronta. Cinquecento metri quadrati suddivisi su due piani, con un giardino enorme. Non ci sono né piscina né palestra: «La sua casa era come il suo abbigliamento, semplice e quasi sottotono». Diventa il suo rifugio, il posto dove mette il barbecue e le piante, dove gioca con i cani, dove dipinge, e dove legge di tutto: filosofia, matematica, saggi, romanzi.
 
Antenna È il primo che fa montare un’antenna parabolica sul tetto per vedere i canali internazionali
 
Radicali «Bruno Lauzi svelerà in seguito, nel libro Emozioni, che Battisti era politicamente schierato con i Radicali, ma la confutazione più sorprendente arrivò molto tempo prima, precisamente il 18 aprile 1978, perché il piacere di ascoltarlo superava ogni schieramento, ed era più forte anche dell’ideologia. Quel giorno in via Gradoli a Roma, nel pieno del sequestro Moro, fu scoperto un covo delle Brigate Rosse all’interno del quale si nascondevano Mario Moretti e Barbara Balzerani, e dalla perquisizione delle forze dell’ordine saltarono fuori anche diverse musicassette di Lucio Battisti, come fosse un guilty pleasure dei terroristi».
 
Qualunquista Era accusato di qualunquismo e persino di fascismo perché la destra lo venerava. Ma nel covo delle Brigate Rosse di via Monte Nevoso a Milano fu trovata, il 1° ottobre 1978, subito dopo l’assassinio di Aldo Moro, dai comandanti del generale Dalla Chiesa, l’intera collezione dei suoi dischi. Addirittura in un comunicato i brigatisti usarono anche un suo verso: Le discese ardite e le risalite. La prova del Battisti fascista sarebbe, invece, il fotogramma di un braccio teso ripreso durante un programma televisivo. In realtà stava avviando il coro di E penso a te. Battisti replicava così alle insinuazioni politiche: «Io finanzierei Ordine Nuovo? Chi mi conosce sa che faccio fatica anche a pagare il biglietto del tram». In realtà, in quegli anni, chiunque parlasse d’amore, veniva considerato di destra. Oggi, invece, un verso di una canzone di Battisti dovrebbero cantarlo i nostri politici: «Conosci me, la mia lealtà, tu sai che oggi morirei per onestà» [Fusco, Libero].
 
Solitudine «Come sai, in un mio album, La batteria…, sono arrivato all’apice della solitudine, nel senso che ho inciso da solo quasi tutte le partiture strumentali, ad arrangiare da me i pezzi, insomma ho fatto veramente la parte del leone. Meditando in seguito su quell’esperienza ho capito che dovevo allargare la mia visuale. Per questo in “Una donna per amico” mi sono limitato a scrivere con Mogol i brani e naturalmente poi a cantarli. Pensa, in sala non ho neppure suonato uno strumento, nemmeno la chitarra acustica. Per questo credo di aver scoperto, oggi, il lavoro di équipe, che è diventata una condizione necessaria per poter incidere un buon disco» [ad Aldo Bagli, Ciao 2001].
 
Ultima foto A Londra registra Una donna per amico, brano prodotto e arrangiato da Geoff Westley e suonato da un pool di session men di grande caratura, come Gerry Conway, Paul Westwood, Dave Only, Pip Williams, Laurence Juber, Graeme Taylor, Frank Ricotti, Derek Grossmith. La copertina ha un’importanza particolare: è l’ultima in cui compare Battisti. Nella foto, realizzata da Brian Ward, c’è Lucio seduto al tavolo esterno di un bar assieme a una giovane bionda, con cui sta facendo colazione. Sono solo in due, ma sul tavolo le tazzine sono quattro, come se qualcuno li avesse lasciati da poco. Nella copertina interna Lucio e la ragazza sono intenti in una discussione, mentre nella quarta di copertina si vede il nome del locale, The Grapes. Lucio compare per l’ultima volta nella foto di un album, e la stessa session fotografica viene usata per la copertina del numero di “Ciao 2001” in cui è riportata l’intervista rilasciata ad Aldo Bagli. Poi più nulla; il volto di Battisti non avrà cittadinanza sui suoi dischi né su fotografie ufficiali.
 
Ultima intervista Il 17 maggio 1979 Battisti canta alla Tv svizzera. Con un nuovo look – si è fatto crescere i baffi – canta due brani in playback. Nel backstage viene raggiunto da un giovanissimo giornalista della Radio Svizzera Italiana, Giorgio Fieschi, e sorprendentemente accoglie la sua richiesta di concedere un’intervista. Che assume un’importanza fondamentale, perché è in assoluto l’ultima intervista rilasciata da Battisti, dopo la quale non parlerà più con nessun giornalista.
 
Separazione Una giornata uggiosa è il meno memorabile del sodalizio Battisti. Con il nastro rosa è l’ultima canzone dell’ultimo disco di Mogol e Battisti, e ovviamente la parte del testo in cui Lucio canta “chissà che sarà di noi, lo scopriremo solo vivendo” oggi viene vista come profetica: Mogol la scrive, Battisti la canta e il sodalizio tra il musicista e il paroliere, all’indomani della pubblicazione dell’album, si scioglie. Continuano a vedersi, si frequentano, però non producono più arte insieme. C’è chi addossa una parte di responsabilità a Grazia Letizia Veronese, che non ha mai avuto un rapporto strettissimo con Mogol; ma anche queste sono illazioni, non confermate da nessun fatto né dagli amici più stretti [Assante, cit.]
 
Ultima apparizione Tv Il 4 luglio 1980 avviene la sua ultima apparizione televisiva, nella trasmissione Musik & Gäste della televisione svizzera di lingua tedesca, dove canta in playback Amore mio di provincia
 
Corpo Da questo momento in poi il suo “corpo” scompare: non va più ospite in TV, nemmeno all’estero, non si lascia fotografare, se non da qualche paparazzo che lo insegue, non rilascia alcuna intervista, non fa nessuna promozione ai dischi, diventa solo un nome e una voce.
 
Agnelli Una volta l’avvocato Agnelli avrebbe voluto realizzare un concerto di Lucio Battisti al Teatro Regio di Torino. Gli offrirono uno o due miliardi. Il grande Lucio rifiutò. Gli Agnelli dissero: «Riusciamo a parlare con Breznev in trenta secondi e non riusciamo a parlare con Battisti» [Fusco, Libero].
 
Magari 2 Negli anni ’80 Battisti non sapeva chi fosse Prince, non gli interessava Vasco Rossi. Ma forse la sua superbia era solo timidezza. Quando si ritirò a Lecco, se si avvicinava qualcuno chiedendogli: «Ma lei è Lucio Battisti?», rispondeva: «Magari, con quello che guadagna quello là» [Fusco, Libero].
 
Craxi Nel 1982 Battisti, a casa di Caterina Caselli, incontrò Bettino Craxi. La Caselli lo voleva nella sua scuderia discografica. Pare che se ne andò di punto in bianco. Il cantante con i ricci era fatto così. Un carattere forte. Odiava la tv: «Alla televisione preferisco l’olio di ricino»  [Fusco, Libero].
 
Elettronica Nel 1982 pubblica E già. A spiazzare il fatto che si tratti di u album di musica elettronica.
 
Patate Ultima esternazione pubblica per il lancio d l’album di Pappalardo “Immersione”, nell’aprile dell’82: «Ci siamo incontrati dopo tanti anni per caso al mercato rionale di Ponte Milvio. Lui aveva delle patate, io avevo dei pomodori pugliesi. Abbiamo detto: perché non ci facciamo delle belle patate alla pizzaiola? E così è nato il long playing “Immersione”. Adriano ha scritto la musica di dieci canzoni ispirate dall’argomento che egli vive e ama di più: il mare e l’immersione. Franca Evangelisti ne ha interpretato lo spirito più puntiglioso scrivendo testi profondi e toccanti. Greg Walsh, autoribattezzatosi Gregorio Valshetti durante il suo soggiorno in Italia, è il sorridente artefice del suono e l’organizzazione della parte musicisti/studio. Io sono stato con loro pronto a consigliare e discutere nei momenti cruciali, con un obiettivo preciso in mente: far sì che tutto fosse sempre pervaso da una forza positiva e dalla gioia di fare musica”.
 
Minotauro «Pappalardo mi disse che avevo un nome orribile e che ero grosso come un Minotauro, mi ripeteva sempre “o sfondi o te sfondano”, diventò prima mio produttore e poi mio amico. Amava correre, faceva una canzone ogni due secondi e poi la rivoltava come un calzino» (Lucio Battisti)
 
Dalla Oh! Era ora esce nel 1983. Lucio Dalla ha in mente un concerto, I due Lucio, con i brani dell’uno e dell’altro ma anche con degli inediti realizzati apposta, e lo propone a Battisti. Tuttavia, il progetto non va in porto: «Ci siamo incontrati al ristorante e gli ho raccontato tutto. Lui ascoltava senza darmi grande importanza. Poi mi ricordo che finì di mangiare, si pulì la bocca e mi disse che non si poteva fare… perché in effetti eravamo nel 1984, era già uscito da tempo il suo primo disco dopo-Mogol, con un’elettronica già molto pesante. E insomma mi disse che lui si sentiva molto cambiato, che si stava muovendo su tutt’altra ricerca musicale.
 
Capolavoro Dal 1986 collabora con Pasquale Panella. Esce Don Giovanni, un album incredibile, bellissimo, un capolavoro che costringe persino Francesco De Gregori a dire che qualsiasi cantautore italiano avrebbe dovuto confrontarsi con quello che aveva fatto Battisti.
 
Schiena Nel 1989 Fatma Ruffini, allora produttrice di Una rotonda sul mare di Canale 5, chiese a Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik di riferire al suo amico Lucio che sarebbero stati pronti ad offrirgli qualsiasi cifra per una sua partecipazione. Battisti rispose a Pietruccio: «Chiediamo tre miliardi, uno per me, uno per Grazia e uno per te. Ma ad una condizione: io devo entrare di schiena sul palco da un lato e uscire dall’altro». Non se ne fece nulla [Fusco, Libero].
 
Celentano «Tu, io, Grazia, tuo figlio e Claudia ci sedemmo attorno a un tavolo. I nostri discorsi durarono dalle 11 del mattino fino alle 2 di notte. Tante sono le cose che abbiamo detto. Ma spesso le parole, anche se erano solo dei frammenti, cadevano su un personaggio di cui non si poteva non fare il nome: Mogol. … «Se è vero» mi dicesti «che le vendite dei miei dischi sono calate dopo la nostra separazione, è altrettanto vero che lui da quel giorno ha smesso di brillare.» «Io dico che dovremmo vederci di più» mi dicesti «per fare qualcosa insieme. Non necessariamente per il pubblico, ma per divertirci noi.» «Sono d’accordo. L’unico rischio è che se ci divertiamo troppo poi facciamo anche successo.» Cominciammo a ridere e scherzare. Ma forse avevo sottovalutato il tuo stato d’animo. Tre giorni dopo telefonasti dicendomi che se volevo saresti venuto volentieri a Galbiate a fare quattro chiacchiere. Quel giorno avevo un appuntamento a Milano e per una serie di sfortunate coincidenze dimenticai di richiamarti come avevo promesso. Il giorno dopo telefonai a casa tua ma non rispose nessuno. Poi un giorno telefonai a Mina dicendole che mi era venuta un’idea storica. «Un disco veramente rotondo… tu, io e Battisti. Ho pensato anche al titolo: ‘H2O’. Naturalmente tu saresti l’Acca.» «È una formula perfetta» disse lei. «Se riesce avremo da bere per parecchi mesi. Quando si comincia?» «Telefono a Battisti e veniamo a casa tua.» Da quel momento ho cominciato a cercarti quasi ovunque. Ma tu eri sparito, neanche la Sony sapeva dov’eri. Finalmente dopo 20 giorni riesco a parlarti, e al telefono mi resi conto che quel giorno a Galbiate l’avevo fatta grossa. Il tono della tua voce era freddo. Per quanto forte e divertente fosse l’idea di fare un disco in tre, non era abbastanza per colmare l’amarezza che ti avevo procurato. Più parlavo e più mi rendevo conto di non essere credibile: le mie scuse risultavano mischiate a una richiesta di lavoro e quindi non del tutto disinteressate. «L’idea è bella» mi dicesti, «ma ci devo pensare.» «Capisco. Comunque io non ti telefonerò più. Qualora tu decida di dare il via a questo progetto, che mi sembra importante come regalo ai tuoi fans, sappi che io e Mina siamo pronti.» Ma non c’era più spazio per una telefonata, l’orgoglio ormai, non solo tuo ma anche mio, aveva occupato tutti gli spazi possibili della «comprensione». Forte del fatto che dovevi essere tu a darmi una risposta, io non ti telefonai più» (lettera aperta a Battisti al Corriere).
 
Calcio Gli anni novanta si aprono con Sposa occidentale, l’album che apre i suoi anni Novanta, mentre l’Italia si dimentica di tutto e corre dietro al pallone dei Mondiali di calcio, celebrati negli stadi del Paese. Seguono Cosa succederà alla ragazza e Hegel. Nel Panella 1994 Panella dichiara di non voler più scrivere testi per Battisti, «perché si rischiava la ripetizione».
Alcuni sostengono che si laziale. Il nipote Andrea Barbacane sostiene che è andato allo stadio solo una volta in tutta la sua vita. 
 
Diritti 2 Il 45 giri di Lucio Battisti Baby it’s you, versione tradotta di Ancora tu, vale 2 milioni di lire. Il suo primo singolo”Per una lira”, 1 milione e mezzo. Per conoscere i prezzi di mercato Michele Neri, romano, esperto di rarità musicali, consiglia di rivolgersi alle due maggiori riviste specializzate di Roma: Raro! (telefono 36001269) e Musikbox (483118). Il compact disc Images può valere 50-60 mila lire, la copia in vinile stampata in Spagna 3-400 mila lire, quella tedesca con copertina apribile poco più di 100 mila lire, la giapponese circa 150 mila. Nei due giorni successivi alla morte di Battisti, tutta la produzione in vendita nei quattro negozi Ricordi di Roma è andata esaurita. Cd più venduto: Pensieri, emozioni, uscito a Natale ’96, richiesti anche Emozioni, Il mio canto libero, La batteria, il contrabbasso, eccetera, Don Giovanni. Si stima che fino alla fine dell’anno si venderanno in tutta Italia tre milioni di dischi [Rep].
 
Marzo Marzo è stato un mese ricorrente per lui. Il figlio Luca è nato il 25 marzo 1973. Ha avuto successo con I giardini di marzo. Il suo primo lp uscì a marzo [Fusco, Libero].
                                                    
Talenti Abile giardiniere, era anche provetto idraulico, espero elettrotecnico. Smontava anche vecchie radio. Nell’ultimo periodo si appassionò alla filosofia [Fusco, Libero].
 
Piscina Alla fine del 1997 alla villa del Dosso di Coroldo c’è nuova vitalità: Battisti inaugura la costruzione di una piscina e anche di una nuova ala, destinata a contenere uno studio di registrazione, per sé e certamente anche per il figlio Luca, ormai laureato eppure decisamente appassionato di musica, amante del rock e suonatore di chitarra elettrica.
 
Buono L’estate prima di morire, Battisti era ritornato nel suo paese natale perché voleva ristrutturare la vecchia casa dei genitori. Era un buono. Pur avendo chiuso con i concerti pare che una volta al mese cantasse per i bambini malati dell’Istituto dei tumori a Milano [Fusco, Libero].
 
Morte Alla fine di agosto 1998 viene operato d’urgenza. Sta male. L’8 settembre viene spostato nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale San Paolo di Milano. Lucio Battisti muore la mattina del 9 settembre 1998, all’età di 55 anni. Si saprà solo molto tempo dopo che Lucio aveva un tumore al sistema linfatico, un linfoma non-Hodgkin, che già aveva anche tentato, senza fortuna, un trapianto di rene in Francia, e che negli ultimi due anni era dovuto ricorrere alla chemioterapia, probabile motivo dello stop alla musica e della sempre più stretta clausura. Ai funerali, celebratisi in forma privata a Molteno, furono ammesse appena 20 persone, tra le quali Mogol
 
Pace «Ogni volta che sentivo un tuo pezzo nuovo, Lucio, mi veniva voglia di contattarti ma ho preferito rispettare il tuo desiderio di essere lasciato in pace…» (Mina dopo la morte di Battisti) [Iannacci, Libero]
 
Manifestazioni Grazia Veronese, vedova Battisti, negli anni ha sempre cercato di bloccare tutte le manifestazioni di omaggio al cantautore tanto a Poggio Bustone (Rieti) dove era nato quanto a Molteno (Lecco) che aveva eletto a buen retiro.
 
Dischi Paul McCartney ha i suoi dischi nel salotto di casa [Giordano, Giornale].
   
Camera «Cosa ho fatto più di ogni altra cosa nei miei pomeriggi da ragazzo? Sono stato nella mia camera ad ascoltare i dischi di Lucio Battisti. Da solo, con amici, con fidanzate. Ho ascoltato anche tanta altra musica, ma soprattutto Lucio Battisti. Semplicemente, conosco tutte le canzoni a memoria (tranne alcune degli ultimi album che Panella ha volontariamente reso ostico mandare a memoria); ho pensato mille volte al significato di ognuna, steso sul letto o seduto a terra. Ho immaginato un uomo davanti alla porta di notte, una donna che arriva inaspettata, un altro che guida a fari spenti nella notte – ma non si può cominciare a citare le canzoni di Battisti perché non si finisce più. Per il fatto che quello che ho fatto io lo hanno fatto alcune generazioni di italiani. E che di canzoni preferite ce ne sono troppe, sempre, per tutti – tanto che ci si trova d’accordo sempre, alla fine» [Francesco Piccolo, Rep].
 
Verità Lucio Battisti ha lasciato nella canzone un segno paragonabile a quello di Domenico Modugno. Il suo contributo più importante? È stato il primo, secondo me, a portare la melodia sillabica nella costruzione di una canzone. Ai suoi tempi questo procedimento non si usava molto: piuttosto si facevano melodie orizzontali di ampio respiro. Ovviamente erano molto belle e molto italiane, ma il canto sillabico non veniva adoperato quasi mai. Battisti, per dare risalto ai testi di Mogol, così ricchi di contenuto, così profondi, era in qualche modo costretto a usare questo tipo di melodia … Mi sembra addirittura che Battisti abbia resuscitato lo spirito dell’antico canto gregoriano. In particolare, di quel tipo di canto liturgico che applicava al testo una nota per ogni sillaba: in questo modo gli ascoltatori potevano capire ogni parola… quali che fossero le sue radici, per la nostra musica leggera il suo arrivo fu una novità che portò a dei risultati strepitosi … Ma poi c’è l’interprete. E qui Battisti è stato non da meno rivoluzionario dell’autore. Ricordo che una volta, in una trasmissione televisiva, un critico lo attaccò affermando che aveva una brutta voce [Renzo Nissim, ndr]. Quel critico si sbagliava di grosso ma inconsapevolmente diceva qualcosa di vero. Perché Battisti, in effetti, non aveva una voce bella, almeno non secondo i canoni tradizionali. A un artista come lui non sfuggiva che per esprimere il disagio esistenziale della sua generazione e in generale dell’uomo moderno bisognava avere il coraggio di sacrificare qualcosa sotto l’aspetto dell’eleganza e dell’equilibrio. Ed ecco i toni gutturali, gli accenti più vicini all’urlo che al canto e l’uso di certe tonalità volutamente troppo acute al punto di mettere in pericolo l’intonazione. Ma tutto aveva uno scopo: rendere più intensa l’interpretazione. Battisti cercava di esprimere la verità del sentimento senza compromessi. Anche per questo era unico: anche per questo noi musicisti, non solo il pubblico, gli dobbiamo molto [Ennio Moricone sul Messaggero].
 
Amori «La prima, la più terribile, l’ho avuta attorno ai dodici, tredici anni, la famosa cotta che credo sia capitata a chiunque, ma per me è stata basilare perché era quel tipo di cotta nella quale uno non riesce a esprimersi, si tiene dentro tutto. Si chiamava, credo, Lucia, e lo sapevano tutti. Lei era un po’ più grande di me, credo un anno, io ne avevo tredici, lei poteva averne quattordici. A un certo punto mi sono reso conto che il gioco era perso già in partenza perché io ero uno che al di fuori era spiritoso, simpatico, e dopo, quando si trattava di risolvere, ero preso da una serie di paure, timori. È durata due anni questa cotta. Ci vedevamo specialmente a Ostia, al mare. Per la seconda cotta dobbiamo arrivare intorno ai diciassette anni. Cotta corrisposta questa volta, e direi che è stata la cotta della scoperta, quando un uomo scopre la donna e la donna scopre l’uomo, un po’ alla volta. È durata un paio d’anni, fino ai diciannove. Poi mi ha lasciato cadere con un discorso: lei condannava il mio modo di pensare. Iniziava il periodo di passaggio, della riscossa. Cominciavo già a professare idee di superiorità, cominciavo a rinascere. Allora questa ragazza, evidentemente, è stata presa in contropiede e, per fare un esempio, nel discorso risolutivo mi disse, lo ricordo bene: “Ma tu sei un fissato, ma cosa credi di fare, io non posso stare ad aspettare te che insegui sogni vaghi senza nessun domani”. Il suo nome preferisco non dirlo per vari motivi. L’ho rivista qualche volta, quando andavo a Roma, solo per motivi di amicizia» [Assante, M] • Nel 1967 conosce Grazia. Se ne innamora. TV Sorrisi e Canzoni, nel presentare la sua partecipazione al Festival, lo scrive chiaramente, e pubblica anche alcune foto della coppia. Lui si schermisce: “Non cominciate a parlare di matrimonio… non intendo mischiarla alla musica, non verrà a Sanremo con me e non voglio fare fotografie con lei» • A maggio l’artista conquista la copertina di “Bolero Teletutto” con una foto che vede Grazia Letizia Veronese e il cantante in primo piano. Lucio Battisti: fiori d’arancio in vista è il titolo, mentre dentro ci sono due pagine con tante foto dei due fidanzati mano nella mano o che scherzano tra loro, sorridenti e felici, in barba al desiderio espresso solo pochi mesi prima di non fare foto insieme [Assante, M]. «È incredibile come l’amore possa influenzare la vita di un uomo. Ti faccio un esempio: io ero uno che conduceva una vita sregolata: oh, intendiamoci, sregolata in senso buono, cioè mi alzavo al mattino senza sapere quello che avrei fatto prima di sera. Poteva venirmi in mente di andarmene a Roma e allora saltavo sul primo aereo in partenza e andavo a trovare i miei. Oppure mi girava di starmene a letto a dormire e dormivo! Naturalmente se c’erano in mezzo gli impegni di lavoro quelli erano sacri! Però se avevo un appuntamento alle dieci non mi preoccupavo di arrivare a mezzogiorno. E non perché sia un maleducato, ma perché le imposizioni e gli orari, per principio, non mi sono mai andati a genio. Adesso, invece, mi accorgo che pian piano sto cambiando, perché so che ogni mattina a quella data ora c’è la telefonata di Lei (e scrivilo con la L maiuscola per favore), che ogni pomeriggio, per un tacito accordo, ognuno di noi deve riuscire a rubare un’ora alle proprie occupazioni per incontrarci nel nostro baretto preferito, perché la sera, cascasse il mondo, dobbiamo passarla insieme. Capisci cosa voglio dire? Che le mie giornate sono, in un certo senso, programmate. Cosa che non era mai accaduta prima… so soltanto che sono innamorato cotto, che Lei è il massimo che possa esistere, che tutto ciò che faccio ora è prevalentemente in funzione di lei» [Lucio Battisti su Giovani] • «Io sono per il divorzio ma è ovvio che non aspetterò il divorzio in Italia per sposarmi. Il matrimonio è una cosa seria, il divorzio altrettanto. Ci vogliono delle buone ragioni sia per fare il primo passo, sia per compiere il secondo. Io credo che, dimostrando ora che prima di compiere il grande passo ci penso molto su, dia a Letizia garanzie serie per il nostro futuro. Ci penserei molto anche se si presentasse la disgraziata eventualità di un divorzio: disgraziata perché quando capita si compie una cosa che ne uccide un’altra. A me, invece, piace creare perché duri» • Nel 1973 nasce il figlio Luca [vedi sopra ] • Nel 1976 convola a nozze con l’amata Grazia Letizia Veronese. Gli sposi promessi si ritrovano nella Villa Comunale di Milano alle 11.40 del 3 settembre. Arrivano con la Citroën verde di Battisti, fanno dieci minuti di anticamera per attendere la fine del matrimonio precedente, dopodiché entrano, accolti dall’assessore Paolo Malena. Dopo aver pronunciato il fatidico “sì” si baciano, ma non si scambiano le fedi, non è obbligatorio: “Te l’avevo detto io che non erano necessarie” dice Battisti ridendo alla moglie. 1 Poi se ne vanno; la cerimonia dura in tutto meno di mezz’ora. È cambiata anche la sua città: subito dopo il matrimonio, Lucio e Grazia Letizia, insieme al figlioletto Luca, partono di nuovo per gli Stati Uniti.
 
 
 
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