il Fatto Quotidiano, 21 marzo 2023
Biografia di Lucio Battisti
Poggio Bustone Nel paese di Poggio Bustone, in provincia di Rieti, i cognomi più diffusi sono Battisti e Mostarda. Niente di strano che una Dea Battisti casalinga sposi l’ex mugnaio Alfiero Battisti, senza che i due siano parenti. Al primo figlio Lucio Battisti, morto di due anni, segue, il 5 marzo 1943, un secondo figlio, che i due Battisti insistono nel chiamare Lucio Battisti.
Nome d’arte Nelle prime esibizioni si fa chiamare Lucio Poiano. “Poiano”, cioè abitante di Poggio Bustone.
Rivelazione Gli viene un colpo non per Mina o Celentano, ma per Bobby Solo, quando lo sente cantare Una lacrima sul viso. «Trovai che era veramente una cosa nuova rispetto agli interessi e alla cultura che avevo allora» (Ernesto Assante Lucio Battisti Mondadori, Milano 2023).
Povero «Quando l’ho conosciuto io, Lucio era povero in canna, veniva a mangiare la minestrina a casa mia. L’ho visto crescere e diventare famoso ma mai, mai nemmeno una volta, mi ha parlato di politica. A lui non gliene è mai fregato niente» (Mogol).
Melodia «Lucio veniva da me la mattina, alle 9 in punto. Prendevamo un caffè e poi lui cominciava a suonare con la chitarra la melodia sulla quale io costruivo il testo» (Mogol). Scrivono così 29 settembre, che Gianni Pettenati rifiuta e con cui l’Equipe 84 sfonda.
Purezza A fine marzo 1969 esce il singolo Acqua azzurra acqua chiara. Il testo di Mogol racconta della vita dissoluta di un uomo che passa le sue notti sempre con donne diverse, e che cambia conoscendo una ragazza che lo fa innamorare con la sua purezza. Il tormentone entra in hit parade per restarci una decina di settimane. Vola al Cantagiro ma senza vincere (arriva terzo) e poi sbanca il Festivalbar, consegnando il successo e la gloria a Battisti in quella lunga estate del ’69, l’estate della Luna e di Woodstock. Il disco è un gran disco. Egregiamente suonato da signori musicisti, sessionmen di lusso. Con Battisti c’è mezza Pfm (all’epoca si chiamano “Quelli”): Franco Mussida alla chitarra, Flavio Premoli al piano e Franz Di Cioccio alla batteria. Alla chitarra elettrica il virtuoso Alberto Radius della Formula 3. Gli arrangiamenti sono di Detto Mariano, ancora molto “Sixties” ma robusti ed efficaci (il fraseggio d’orchestra di “Acqua azzurra” cinquant’anni dopo è ancora cantato nelle schitarrate da spiaggia) [Salvo Toscano].
Casa La casa in largo Rio de Janeiro a Milano. Era una villetta indipendente con giardino, una di quelle casette anonime su tre piani che furono costruite da una cooperativa edile per ex ferrovieri. Cielo terra, si dice in immobiliarese, a significar che non si han vicini, né sopra né sotto. Gliela trovò l’amico Riccardo Pizzamiglio, un tecnico del suono e uomo di fiducia della Numero Uno a cui Lucio aveva dato istruzioni precise: la casa doveva essere spaziosa ma non lussuosa, in un quartiere tranquillo ma non troppo periferico, e soprattutto con un bel giardino interno. Fra queste mura, Lucio Battisti andò a vivere con Grazia Letizia Veronese – ex segretaria del clan Celentano, conosciuta a Sanremo – e lì nacque il loro figlio Luca, oltre a diversi capolavori come Emozioni, E penso a te e Il mio canto libero [Sergio Garufi].
Fango Per la copertina di La batteria, il contrabbasso, eccetera, pubblicato nel 1976, una delle mie preferite, il terreno era stato allagato apposta e Lucio dovette correre più volte in mezzo alle pozzanghere sollevando più acqua possibile. Indossava una muta sotto i vestiti. Gli feci fare centinaia di salti nell’acqua, il giorno dopo aveva la febbre [Il fotografo Cesare Monti a Anna Maria D’Urso, L’Europeo].
Nel 1976 Lucio Battisti guadagnava anche 4 miliardi all’anno solo in diritti d’autore, ma viveva in modo spartano
Agnelli Una volta l’avvocato Agnelli avrebbe voluto realizzare un concerto di Lucio Battisti al Teatro Regio di Torino. Gli offrirono uno o due miliardi. Il grande Lucio rifiutò. Gli Agnelli dissero: «Riusciamo a parlare con Breznev in trenta secondi e non riusciamo a parlare con Battisti» [Fusco, Libero].
Schiena Nel 1989 Fatma Ruffini, allora produttrice di Una rotonda sul mare di Canale 5, chiese a Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik di riferire al suo amico Lucio che sarebbero stati pronti ad offrirgli qualsiasi cifra per una sua partecipazione. Battisti rispose a Pietruccio: «Chiediamo tre miliardi, uno per me, uno per Grazia e uno per te. Ma ad una condizione: io devo entrare di schiena sul palco da un lato e uscire dall’altro». Non se ne fece nulla [Fusco, Libero].
[Fusco, Libero].
Morte Alla fine di agosto 1998 viene operato d’urgenza. Sta male. L’8 settembre viene spostato nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale San Paolo di Milano. Lucio Battisti muore la mattina del 9 settembre 1998, all’età di 55 anni. Si saprà solo molto tempo dopo che Lucio aveva un tumore al sistema linfatico, un linfoma non-Hodgkin, che già aveva anche tentato, senza fortuna, un trapianto di rene in Francia, e che negli ultimi due anni era dovuto ricorrere alla chemioterapia, probabile motivo dello stop alla musica e della sempre più stretta clausura. Ai funerali, celebratisi in forma privata a Molteno, furono ammesse appena 20 persone, tra le quali Mogol
Giudizi «Non è, intendiamoci, che la sua sia musica d’avanguardia, è soltanto musica di consumo, però tenuta a un certo livello. In questo ambito consumistico Battisti è oggi il personaggio più valido» (Giorgio Gaber); «Non parliamo di genio, è un ragazzo di talento che ha saputo riprendere e far suo un certo genere musicale straniero» (Domenico Modugno); «Battisti è soltanto uno che ha indovinato cosa vogliono i ragazzi oggi» (Gianni Ferrio). «C’è del talento, ma è un talento alquanto limitato, chiuso in un determinato tipo di musica, per giunta scopiazzata» (Riz Ortolani); «Battisti è un dilettante spaventoso» (Augusto Martelli): «Geni musicali, per me, sono Charlie Parker, Armstrong, Bach. Diciamo che Battisti ha molto talento» (Renzo Arbore).
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