il Fatto Quotidiano, 21 marzo 2023
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Biografia di Lucio Dalla
Lucio Dalla
Scarpe «Ho imparato ad allacciarmi le scarpe a ventun anni».
Cane Gli si chiede che cosa, da bambino, pensasse di fare da grande. Sua risposta immediata: «Il cane».
Padrone Ha avuto molti cani «tra cui uno di nome Piero che in quindici anni non mi ha mai riconosciuto come padrone»
Scopo «Lo scopo della mia vita? Ridare dignità alla figura altamente nobile ed esteticamente pura del maiale»
Vitello «Mi imbarazza la gente che mi guarda come un vitello a due teste...» [a Lina Coletti].
Pastore tedesco Sulla rottura con Roversi (1977): «È come quando scopi con la Schiffer, a un certo punto lei non c’è più e al suo posto c’è un pastore tedesco».
Frottole Roberto Roversi, il poeta, aveva fatto lo stesso liceo di Pasolini. Lucio raccontava che l’insegnante d’italiano per poter dare i voti ai temi aveva inventato l’11 e il 12 e questa era quasi sicuramente una frottola, ma gentile. Come quando presentò a David Zard, che esitava a operarsi al fegato, un amico che lo tranquillizzò: «Io mi sono operato un mese fa, e ora guardami, sto benissimo». Al funerale di Dalla, Zard ritrovò il tizio e gli chiese: come stai? «Bene, perché?». Il fegato... «Quale fegato? Non sono mai stato operato. Era un trucco di Lucio, perché ti operassi tu» (Aldo Cazzullo).
Borsa «In Anidride solforosa gli feci cantare perfino le quotazioni di Borsa» [Roberto Roversi].
Bastardi «I veri poeti sono come i bastardi, tutti li accarezzano, ma nessuno li vuole in casa».
Musica Le sue case risuonavano di musica tutta la notte. Se qualcuno spegneva la musica, Lucio si svegliava.
Risposte La madre gli dice: «S’è spenta la luce”, cioè «Tuo padre è morto». Lui, di sette anni, le butta singhiozzando le braccia al collo e chiede: «Dove andiamo quest’estate al mare?» • Ospite in tv di Pippo Baudo, verso la fine degli anni Sessanta. Pippo lo vede con la coppola, e gli fa: «Perché hai la coppola?». Lui: «Si chiama Giovanni». Dopo questa risposta gli arrivarono cinquemila lettere dei telespettatori.
Calzini Il proprietario del night concepito per le signore bene di Torino che si sturba quando lui si presenta senza calzini. Subito, col lampostil, Lucio si dipinge i calzini neri sulle caviglie.
Sanremo Dopo il primo Sanremo, a un tratto stitico.
Pigiama Lucio Dalla, barba lunga e incolta, che durante le prove indossa i pantaloni del pigiama.
Catarro Il nome della sua barca era Catarro. Sul citofono della sua casa di Bologna c’era scritto: Domenico Sputo.
Stronzetto «Lo “Stronzetto dell’Etna”, un vino fatto vicino alla mia casa di Milo e che consumo esclusivamente alla mia tavola o sulla mia barca».
Parolacce «Io ero un ragazzo che veniva da un paese del nord, abbastanza chiuso, con una grande passione per la musica, molto educato, e mi sono trovato di fronte una persona che era il mio opposto. Basta pensare che mi ha costretto a dire le parolacce, cosa che non avrei mai fatto per educazione. Io mi rifiutavo e lui me lo chiedeva a tavola di fronte a tante altre persone “Di’ stronzo, Di’ pezzo di merda” (Ron).
Tifo Grande appassionato di basket, tifoso della Virtus Bologna. Non ha mai mancato una partita, addirittura secondo la leggenda alle volte incastrava le date dei tour in modo da non perdere gli incontri in casa o in trasferta, e tutte le volte che suonava in un palasport, prima dei concerti, si concedeva il tempo di tirare la palla nel canestro.
Sosia «Lucio raccontava pure di avere un sosia, che ogni tanto lo sostituiva ai concerti, cantando in playback, mentre lui andava a vedere la Virtus, la squadra di basket di cui era tifoso. Ero sicuro che fosse una frottola, fino a quando sotto casa in via Massimo d’Azeglio mi presentò un omino identico a lui, persino nel pelo: era il sosia. Nella vita faceva l’imbianchino, e Lucio raccontava – ma quella era quasi certamente un’altra frottola – che in cambio un giorno era andato a lavorare in cantiere al posto suo». (Aldo Cazzullo)
Sosia 2 «Intendiamoci, non è che cantassi e mi spacciassi per il Dalla vero ma durante le prove salivo sul palco e simulavo la sua presenza mentre lui arrivava solo il giorno dell’esibizione. Oppure se non poteva proprio andare partivo io. Il pubblico andava in visibilio, poi veniva avvisato che ero solo il sosia. Si divertivano lo stesso. Bastava una gag per buttarla in ridere. Allo Stadio Olimpico di Roma, Gigi D’Alessio ha fatto finta di essere sorpreso: tu bolognese tiri un pacco a me napoletano? Non esiste!» (Vito D’Eri, il sosia)
Miti «Nella mia vita ho avuto solamente due miti, un po’ diversi tra di loro. Uno è stato Ezio Pascutti, ala sinistra del Bologna, l’unico – insieme a Sean Connery – al quale ho chiesto un autografo nella mia vita. L’altro, un po’ più da adulto, è stato Gino Paoli»
Berlusconi «Conobbi Berluscoi nell’87. Mi invitò ad Arcore l’antivigilia di Natale. Mi accompagnava il mio produttore, ma fu lasciato fuori dalla porta. Berlusconi preferiva vedermi da solo. Pensai a una proposta di lavoro. Voleva solo conoscermi. Parlammo per ore, di musica, di me, del mondo dello spettacolo. Ha assorbito un poco della mia forza. Mi ha chiesto di insegnare alla scuola dei suoi manager, come poi ho fatto. E devo riconoscere che qualche anno prima il mio mito, l’unico politico di cui tengo la foto a casa, Enrico Berlinguer, non mi aveva fatto la stessa impressione. Mi portò da lui Walter Veltroni, insieme con Francesco De Gregori. Un gelo terribile. Qualche parola di tanto in tanto, qualche sguardo. Per spezzare il silenzio gli dissi che trovavo simpatico Cossiga. Sapevo che erano cugini alla lontana, pensavo di fargli piacere. Credo però che avessero litigato, perché ci rimase malissimo. Siccome non poteva finire così, Veltroni ci riprovò. Ci invitò a cena, e quella volta parlammo. Berlinguer si era preparato»
Berlinguer «Eravamo uno più imbarazzato dell’altro. Berlinguer chiese a De Gregori che differenza ci fosse tra una chitarra elettrica e una acustica. De Gregori rispose: una è elettrica, l’altra è acustica».
Berlinguer «A me domandò chi avrebbe vinto il campionato di basket. E comunque un mito è un mito. Non deve essere simpatico».
Senna C’è una frase di Senna che mi piace molto: “Un vincitore è uguale a un vinto”.
Mangiari Al collo portava un piccolo rosario, aveva la casa piena di crocefissi, e porte che davano sui tetti, dove usciva a sentire «le parole della gente e l’odore dei mangiari».
Colli «Quando morì sua madre, cui era affezionatissimo, fece fare al carro funebre l’intero giro dei colli bolognesi in modo, mi disse, che potesse vedere Bologna da tutti gli angoli» [Pupi Avati]
Finisce «La terra finisce, comincia il cielo».