La Stampa, 20 marzo 2023
Intervista a Nichi Vendola
«Voglio essere gay in senso letterale: cioè gaio, felice della mia vita». E Nichi Vendola lo è, insieme al suo compagno e al loro bambino. E quando la politica è arrivata persino a scontrarsi sulla Festa del Papà, l’ex parlamentare, esponente della sinistra libertaria, ha scelto di irrompere nel dibattito. «Quando ho visto che si sporcava pure questa ricorrenza, pur di mettere alla gogna le famiglie arcobaleno, ho pensato di dire una cosa semplice: la patente di genitore te la conquisti con l’amore».
In un video su Instagram, ha precisato che San Giuseppe non era il padre biologico di suo figlio. Piuttosto «un papà sociale, d’anima, spirituale».
«Nessuno direbbe che San Giuseppe, che è l’icona della paternità, è un genitore abusivo, perché non è il padre biologico di suo figlio. Chi usa le parole come un manganello si rivela per ciò che è: uno squadrista. Colpisce l’uso e l’abuso del richiamo alla fede per discriminare, denigrare le scelte più intime e delicate, ergere dei muri. Pervertono il cristianesimo, che è annuncio di amore, in fobia del diverso e nevrosi identitaria».
A suo parere, per questa destra, «il riferimento è più Erode». In che senso?
«Quando il genitore non biologico viene negato e misconosciuto dallo Stato, pur essendo padre o madre a tutti gli effetti, lo si precipita in una condizione di indeterminatezza giuridica, con pregiudizio anche ai diritti dei figli. Il regolamento europeo sul diritto alla filiazione si occupa di salvaguardare il benessere e la vita dei bambini. Per questo mi sono riferito a Erode: il moralismo normativo e lo “Stato etico” sono più pericolosi se prendono di mira i bambini».
Ha qualcosa da dire a Salvini?
«Salvini è l’immagine goliardica della disumanità al potere. Non ho nulla da dirgli».
Come spiega a suo figlio che non siete famiglia di serie B?
«Il mio bambino è molto orgoglioso della sua famiglia, non c’è bisogno di spiegargli nulla. Le risposte le trova ogni giorno nell’amore con cui lo cresciamo».
Per Schlein le famiglie arcobaleno sono una battaglia di civiltà.
«Ha ragione Elly. Una battaglia che comincia con la civiltà delle parole, la cura del linguaggio, la capacità di mettere al centro la molteplicità del vivente.».
Ritiene che questo governo sia un problema per i diritti?
«Sui diritti civili, la disponibilità della propria vita e del proprio corpo, la destra italiana è sempre stata puro Medioevo. Sempre ferocemente contro: divorzio, aborto, unioni civili. In prima linea nelle crociate contro la modernità, a intingere le mani nell’aspersorio del “Dio, patria e famiglia”, sempre a frenare, ferire, spargere veleni contro chi chiede libertà. Ma, anche se faranno leggi di polizia e pagheranno gli acchiappafantasmi contro di noi, non riescono a fermare il cambiamento. Possono vincere una battaglia ma la guerra l’hanno già persa».
In questi anni ha spesso ricevuto critiche. Certi giudizi fanno ancora male?
«Ho la pelle dura e non mi è mai piaciuto il vittimismo. Sono stato testimone e protagonista di una rivoluzione che in mezzo secolo ha tirato fuori dai lager, dai gulag, dai ghetti e dal senso di colpa l’universo Lgbt. Certo, fa sempre male la “polizia morale”, ma ho certezza che sapremo combatterla». —