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 2023  marzo 20 Lunedì calendario

Intervista ad Alessio Boni

La prima volta che lo vediamo in azione è in ospedale, dove è andato con i suoi uomini a arrestare un uomo. Ma il ricercato è lì con il figlio che deve sottoporsi a una Tac per escludere un tumore al cervello. E il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, che ha un alto senso del dovere ma anche un cuore, gli permette di accompagnarlo. Così oltre la vetrata, il fido appuntato Pellecchia (Paolo Sassanelli) si chiede: e se approfitta per scappare?
«Ma Fenoglio non ha dubbi», dice Alessio Boni, che interpreta l’investigatore creato da Gianrico Carofiglio, «conosce l’umanità e anche i criminali, si fida e non sarà tradito». C’è la Bari anni 90, con la mafia locale che si organizza, l’ostinazione di chi indaga, il Pretruzzelli che brucia, nella serie Il metodo Fenoglio di Alessandro Casale (produzione Clemart-RaiFiction), che sarà presentata in anteprima al Bif&st di Bari il 27 marzo (su Rai 1 dall’8 maggio, nel cast Giulia Vecchio, Giulia Bevilacqua, Francesco Centorame). I libri di Carofiglio (Einaudi) col maresciallo piemontese trapiantato a Bari, offrono spunti infiniti, oltre il giallo; questo carabiniere con il dono dell’intelligenza del cuore – e che Boni paragona a Maigret – non si ferma davanti all’evidenza.
L’assassino è servito su un piatto d’argento, ma perché un ragazzo di buona famiglia dovrebbe uccidere un uomo con cui non ha legami?
Cosa l’ha colpita della storia?
«Alla fine degli anni 80 ancora non si dava per scontato che ci fosse la mafia in Puglia, le cosche: la criminalità al Sud cambia nome, ‘ndrangheta, Sacra corona unita, camorra. Ma è sempre mafia e Fenoglio lo capisce. I libri di Carofiglio sono molto interessanti, analizza la società e il protagonista indaga come Maigret».
E come l’eroe di Simenon, è nemico delle armi.
«Siamo abituati a pistole, fucili, scontri a fuoco. Fenoglio non spara un colpo. L’altra caratteristica del maresciallo è che non voleva diventare carabiniere, suo padre era un appuntato. Studia Lettere e per senso di colpa e per dovere, fa il concorso per carabiniere con la mano sinistra. Ma è talmente oltre la media che lo passa. Ascolta musica classica, ama i musei: crede nella cultura e nel dialogo».
È empatico, non giudica, i superiori lo rimproverano perché si fida dei criminali.
«Parte da un discorso semplice: non possiamo scegliere dove nascere.
Questo significa empatia, entrare nella vita dell’altro, capire. Forse avrebbe potuto fare un’altra vita, non è successo. Riconosce il codice di unmalavitoso, perché lo ha studiato e ha l’istinto. Come Falcone e Borsellino. Nel film meraviglioso di Bellocchio si capisce che Buscetta non si pente per lo Stato, lo fa per Falcone, di cui si fida».
Com’è il rapporto con Carofiglio?
«Abbiamo parlato tantissimo, ha creato il personaggio e chi meglio di lui poteva darmi delle idee?».
Teme di tradire i lettori?
«La responsabilità c’è sempre.
Carofiglio ha il suo pubblico letterario. Sono curioso di vedere se ritroverà il maresciallo in tv. Io ho seguito i consigli che mi ha dato Gianrico, che tra l’altro è anchesceneggiatore (con Doriana Leondeff, Antonio Leotti, Oliviero Del Papa). È stato emozionante girare la scena del rogo del Teatro Petruzzelli.
Ho rivisto le immagini di repertorio, che sono state proiettate su uno schermo verde. Per i baresi il Petruzzelli è una ferita aperta».
Continua a portare in teatro “Don Chisciotte”, cos’ha di speciale per lei?
«La cosa bella è che prende botte e cade, ma segue il suo obiettivo e vince. Ci rappresenta, racconta chi siamo. Finiremo ad Agrigento. Poi andrà in onda la serie RaiLa lunga nottedi Giacomo Campiotti in cuiinterpreto Dino Grandi, il gerarca che nel 1943 destituisce Mussolini. E poi c’è il progetto per Bergamo capitale della cultura».
Che farà?
«Preparo, sempre con Marco Balsamo, L’Iliade che andrà in scena il 12 dicembre. Rappresenta la fine della peste, gli dei che sfidano gli eroi, la metafora perfetta di quello che abbiamo vissuto».
Però è l’unico al mondo per cui la pandemia è stata una gioia.
«I miei figli Lorenzo e Riccardo sono nati nel 2020 e nel 2021. E il periodo del Covid, durissimo, per me è stato gioioso, potevo stare a casa con la mia famiglia, recitavo le poesie con la mia compagna, Nina, col pancione, che mi riprendeva. Ero obbligato a stare con chi amo e stavo benissimo».
Tanta gavetta: oggi direbbe che è servita?
«La passione va perseguita fino in fondo, ma non sempre va di pari passo col talento. Bisogna mettersi alla prova: che dicono gli insegnanti?
Se tenti in dieci scuole e non ti prendono, devi farti una domanda»
Favino ha denunciato lo strapotere degli americani: che ne pensa?
«Sono pienissimamente d’accordo, grazie a Unita bisogna difendere i talenti. È ingiusto che certi ruoli vengono presi dalle major, perché va rispettato il talento».