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 2023  marzo 19 Domenica calendario

Biografia di Rick Rubin

A vederlo non si direbbe che quest’uomo, sempre a piedi nudi, con i capelli lunghi e la barba da saybaba sia considerato unanimemente come il Re Mida dei produttori e una figura mitologica all’interno dell’ambiente del rap e della musica più in generale. Newyorkese di Long Island, che ha da poco compiuto sessant’anni (il 10 marzo), Frederick Jay Rubin, ha al suo attivo collaborazioni con i più grandi artisti della scena mondiale. Un tizio che durante la sua carriera si è aggiudicato la bellezza di 10 Grammy Awards e secondo la rivista Time è una delle 100 persone più influenti del pianeta. Per capire di chi si tratta è appena arrivato in libreria, edito da Mondadori, il suo attesissimo libro intitolato L’atto creativo: un modo di essere, che pur non essendo quello che molti si aspettavano parla del personaggio molto meglio di quanto avrebbe fatto un’autobiografia.
LA SPINTA CREATIVA
Non basterebbe un’enciclopedia per raccontare la storia di Rick Rubin. Storia che inizia a Manhattan intorno alla metà degli anni ottanta quando, da studente ebreo della New York University con un amore costante per l’hard rock, il punk e il rap, unisce le forze con il manager della musica nera Russel Simmons per dare alla neonata Def Jam Recordings la spinta creativa di cui aveva bisogno per diventare un colosso dell’hip-hop. I due crearono la sede della propria etichetta nel dormitorio di Rubin all’interno del quale collezionavano demo di aspiranti rapper e disc-jockey. Nel 1984 con il singolo I need a beat di LL Cool J vendettero 100.000 copie. Al genio di Rubin si devono ad esempio la nascita di band come i Beastie Boys, la produzione del primo disco dei Public Enemy e l’invenzione di brani come Walk This Way dove fece incontrare due gruppi all’apparenza agli antipodi come gli Aerosmith e i Run-DMC. Basterebbe già questo per considerarlo una specie di leggenda ma all’epoca Rubin aveva appena iniziato. Seguirono i successi negli anni novanta con i Red Hot Chili Peppers del pluripremiato Blood Sugar Sex Magic e, soprattutto, quello da tutti considerato il suo capolavoro: ridare vita ad un personaggio dato ormai per morto e sepolto come Johnny Cash. L’album da lui prodotto American Recordings vinse cinque Grammy Awards e contemporaneamente rilanciò la carriera di Cash con cui collaborò per cinque dischi. Nel corso di quattro decenni Rubin, che la rivista Rolling Stone ha nominato il produttore di maggior successo in qualsiasi genere, ha prodotto tutti: dagli Strokes agli Slayer, da Tom Petty a Jay-Z e Kanye West. Da Adele ad Eminem, passando anche per Jovanotti, unico italiano nel suo portfolio di artisti. Casa sua a Los Angeles, sulla spiaggia di Malibu, una mastodontica villa che contiene anche il suo studio di registrazione, lo Shangri- La, è foderata di volumi che grondano spiritualismo: testi orientali, riflessioni sulla Bibbia, volumi New Age, gigantesche statue di Buddha e sagome a grandezza naturale dei Beatles che circondano la statua di Visnù. Per Rubin l’arte è l’ultima forma di autorealizzazione, una nobile vocazione che arricchisce l’anima. «Il motivo per cui siamo vivi è esprimere noi stessi nel mondo», scrive Rubin, «e creare arte può essere il metodo più efficace e bello per farlo».
L’EQUILIBRIO
Nasce così L’atto creativo, all’interno del quale il produttore newyorkese, tra una seduta di yoga e l’altra, attraverso una serie sconvolgente di meditazioni su cosa significhi essere un artista, dispensa consigli su come accedere alla propria creatività, nutrirla e liberarla al servizio della grande arte. «La creatività non è un’abilità rara. Non è difficile accedervi. La creatività è un aspetto fondamentale dell’essere umano. È un nostro diritto di nascita. Ed è per tutti noi». Chiunque abbia una vaga familiarità con il buddismo, la teoria del management o lo scaffale dell’auto-aiuto, troverà molte cose familiari nel modus operandi di Rubin che, all’interno di questo percorso, prenderà il lettore per mano e lo condurrà nei meandri della propria psiche. Ben 78 riflessioni filosofiche contenute in quasi 80 capitoli in cui l’ex punk straight-edge Rubin si trasforma nella versione zen del Morpheus di Matrix, che ti incoraggia a prendere la pillola blu. «Ho deciso di scrivere un libro su cosa fare per realizzare una grande opera d’arte. Invece si è rivelato un libro su come essere», scrive Rubin. La chiave è lasciarci aperti alle forze più ampie dell’universo, imparare cosa funziona e cosa non funziona per noi, confidare nelle nostre voci interiori, non lasciarsi suggestionare dalle influenze esterne, trovare il proprio equilibrio. Chiunque cerchi gli aneddoti in studio di Rick Rubin su Paul McCartney o Rage Against the Machine, ad esempio, rimarrà deluso. Troverà invece un libro che pagina dopo pagina offrirà uno sguardo profondo al più fondamentale degli impulsi umani.