il Fatto Quotidiano, 19 marzo 2023
La Corte penale internazionale per le facce di bronzo
Se esistesse una Corte penale internazionale per le facce di bronzo, si aggiudicherebbero subito un processo con condanna incorporata Biden, Zelensky e il procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja, l’inglese Karim Khan. Questo per aver firmato il mandato di cattura contro Putin, gli altri due per averlo elogiato. Non che Putin, con le sue truppe, non abbia commesso crimini nelle guerre di Cecenia, Georgia, Siria e Ucraina. Ma, a parte la violazione dell’immunità garantita dal diritto internazionale ai capi di Stato in carica, è ridicolo che di quelle guerre – le prime tre vecchie di 20, 15 e 8 anni – la Corte si accorga solo ora (forse perché quelle in Cecenia e in Siria facevano comodo all’Occidente contro il comune nemico islamista). Ed è ancor più comico che le guerre siano crimini contro l’umanità se le fa Putin e passeggiate di salute se le fa la Nato. Sul banco degli imputati dovrebbero sedere tutti i governanti che hanno scatenato guerre contro il diritto internazionale e l’Onu: anche quelli Nato che aggredirono la Serbia nel 1999, l’Afghanistan nel 2001-’21, l’Iraq nel 2003-’11 e la Libia nel 2011. E poi i democraticissimi presidenti ucraini Poroshenko e Zelensky per i crimini commessi in Donbass da truppe regolari e milizie neonaziste contro le popolazioni russofone dal 2014, in barba ai due accordi di Minsk su cessate il fuoco e autonomia di Lugansk-Donetsk: crimini puntualmente denunciati da Onu, Osce e Amnesty.
Ecco perché i governi di Usa, Russia e Ucraina si guardano bene dal riconoscere la Corte: per non finirci imputati. Ma, se ora la Corte processa anche un governo che non la riconosce, perché la sua legge non vale per tutti e non vengono spiccati mandati d’arresto per Biden, Obama, Bush jr., Clinton e i loro euroservi, da Blair e B., oltre a Poroshenko e Zelensky? Risposta ovvia. La mossa del procuratore britannico non è giustizia: è politica, la peggiore. Appena per l’Ucraina si affaccia una proposta di negoziato, il trio Nato-Usa-Uk la boicotta con una provocazione. La strage russa di Bucha (analoga a centinaia di eccidi fatti dai “nostri” in Serbia, Afghanistan e Iraq) fu usata per stoppare le trattative russo-ucraine in Turchia. Le aperture di Zelensky sulla neutralità di Kiev e la Crimea furono stroncate dal no secco di Stoltenberg. Poi ci furono le balle di Zelensky sul missile russo (in realtà ucraino) caduto in Polonia. Ora serviva un sabotaggio prêt à porter contro la missione cinese e zac! Putin è diventato un paria ricercato in tutto il mondo. Anzi, solo nei Paesi che riconoscono la Corte dell’Aja. Se per lui le cose si mettessero male in patria, il tiranno russo potrebbe sempre rifugiarsi in Ucraina o negli Stati Uniti: lì i criminali di guerra sono sempre al sicuro.