Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 19 Domenica calendario

Biografia di Ernest Renan

Difendo Ernest Renan dagli strattoni che lo hanno tirato di qua e di là inserendolo sgarbatamente e in modo improprio nella polemica politica. L’onorevole Nicola Fratoianni lo ha definito «il teorico della razza ariana e del razzismo», la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ne ha fatto quasi l’alfiere del nazionalismo. Non è giusto, anche se si può trovare lo spunto per queste affermazioni ritagliando il complesso pensiero di questo gigante del XIX secolo. Renan (1823-1892) in Francia si studia a scuola ma raramente compare nel dibattito pubblico. In Italia è praticamente ignorato, il che spiega perché possa essere citato per approssimazione. Improprio definirlo razzista perché il concetto di razzismo nel senso in cui lo intendiamo oggi, nel XIX secolo non esisteva. Renan visse i suoi giorni con sensibilità e partecipazione, il suo pensiero politico oscillò da posizioni conservatrici ed altre praticamente liberal- democratiche. Risentì dei numerosi drammatici cambiamenti che il suo paese conobbe. Basta pensare ai numerosi momenti drammatici: 1830, 1848, 1870, 1871. Nell’Ottocento l’impero coloniale francese era il secondo più vasto, preceduto solo da quello britannico. Dopo la disfatta di Sedan fu chiaro che quella fase storica stava declinando. Vero che Renan teorizzò che la morte di un francese è cosa ben diversa da quella di un “selvaggio”; obbediva in questo alle idee dominanti nei suoi anni. Ma ha anche scritto: «Tanto è giusto e legittimo il principio di nazione, tanto è gretto e pieno di pericoli per il progresso quello del diritto primordiale delle razze».
Trattare Renan da “razzista” – richiamarlo con lo spregiativo «uno come Renan» – è sbagliato. Possiamo non condividere certe sue affermazioni ma egli merita giudizi più meditati e più rispettosi.
Anche Giorgia Meloni dovrebbe essere più cauta, lei che si professa cristiana, nel citare un pensatore che entrò in seminario con sincera vocazione sacerdotale e, studiando le Scritture, perse la fede. Volle imparare l’ebraico e il greco per poter meglio approfondire i testi, arrivò ad una inevitabile conclusione: «la Chiesa cattolica sostiene che i suoi dogmi sono sempre esistiti quali essa li insegna, che Gesù ha istituito la confessione, l’estrema unzione, il matrimonio; che già lui ha insegnato ciò che più tardi hanno deciso i concili da Nicea a Trento. Nulla di più inammissibile. Il dogma cristiano s’è fatto, come ogni cosa, lentamente, per una sorta di vegetazione intima».
Nel 1863 pubblicò una Vita di Gesù dove il protagonista veniva raccontato, accantonando ogni dogma, solo dal punto di vista storico. La diffusione del libro fu enorme, così fu anche lo scandalo. Renan venne addirittura fatto decadere dalla sua cattedra al Collège de France. Nei suoi ricordi di gioventù, le pagine in cui descrive la disperata ricerca di qualche buona ragione per continuare a credere sono commoventi, però implacabili. Esaminate alla luce della ragione, scrive, gran parte delle Scritture risultano deludenti, le costruzioni della teologia richiamano – precisa – l’immagine di una cattedrale gotica: «Ne hanno la grandezza, gli immensi vuoti, la poca solidità».
Imprecisa anche la citazione della presidente del Consiglio sulla sua idea di nazione; è ricavata da un taglia e cuci del testo originale. Nell’idea di nazione elaborata da Renan c’è la presenza di comuni memorie ma anche la necessità di «dimenticarne molte altre». Ecco un consiglio di cui Giorgia Meloni dovrebbe tenere il massimo conto. Soprattutto, egli scrive: «le nazioni non sono qualcosa di eterno. Hanno avuto principio, avranno una fine. La confederazione europea, probabilmente, le sostituirà». Parole che, pronunciate nel 1882, suonano molto più adeguate al presente della stessa idea di nazione.
Senza dimenticare Giuseppe Mazzini forse ancora più adatto di Renan per una corretta idea di nazione che contempli anche l’Europa, i giovani, la politica come educazione dei singoli e delle masse.