la Repubblica, 19 marzo 2023
Siccità, la sfida del futuro
Allarme siccità nel Mediterraneo: è il più recente rapporto analitico di “Copernico”, che monitora i cambiamenti climatici dentro ed attorno allo spazio europeo, a far presente il rischio per i Paesi della regione che viene dalla somma fra un inverno 2022 eccezionalmente caldo, un livello di neve basso senza precedenti nelle Alpi e la previsione di una carenza di risorse idriche nella regione del Mediterraneo. Il testo redatto da scienziati ed esperti di clima della Commissione europea, pubblicato il 10 marzo, non lascia spazio a dubbi: “Gran parte dell’Europa del Sud e dell’Ovest registra sostanziali anomalie dell’umidità del suolo e del flusso dei fiumi a causa di un inverno eccezionalmente secco e caldo”; “la riduzione record della neve sulle Alpi porterà meno acqua nei fiumi prealpini in primavera ed estate”; “gli impatti di una siccità in arrivo sono già visibili in Francia, Spagna e Nord Italia e pongono serie preoccupazioni su riserve idriche, agricoltura e produzione energetica”; dunque “serve un uso più attento e controllato dell’acqua per affrontare una stagione che si annuncia critica”.
A preannunciare lo scenario in arrivo sulla sponda settentrionale dell’Europa è quanto sta già avvenendo lungo quella meridionale perché in Nordafrica ed in Turchia un insolitamente basso livello di precipitazioni sta causando carenza di acqua per l’agricoltura, l’energia e l’uso da parte delle popolazioni. Ci troviamo davanti al risultato di due estreme ondate di calore e siccità che, da metà dicembre 2022 a febbraio di quest’anno, hanno colpito più parti del bacino mediterraneo facendo scendere il livello dei fiumi in Tunisia, Algeria e Turchia. E causando già gravi danni nella raccolta del grano in Marocco. La produzione di grano in Maghreb è adesso prevista con un calo fra -15% e -24% rispetto alla media degli ultimi cinque anni mentre nel caso dell’orzo può andare dal -10% al -30%. L’Algeria è la prima delle nazioni più colpite ad aver già adottato misure di razionamento dell’acqua e presto altri potrebbero seguirne l’esempio. Se anche questa estate, come quella passata, dovesse riproporre lo stesso scenario di temperature record nel bacino mediterraneo, l’allarme per la siccità che arriva dalla sponda Sud potrebbe diventare maggiore, ed arrivare a noi, sommandosi alla situazione che lo “Science Hub” della Commissione europea ha messo nero su bianco. Trovando, ancora una volta, i governi Ue disattenti o poco interessati a mettere rapidamente in agenda misure urgenti per proteggere la popolazionedall’impatto dei cambiamenti climatici.
È questa cornice che spiega l’importanza del discorso pronunciato pochi giorni fa all’Università di Nairobi, in Kenya, dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, proprio sui cambiamenti climatici, descrivendoli una «sfida comune per Africa ed Europa» che vede il Mediterraneo come «uno dei luoghi maggiormente in pericolo» a causa della siccità, imponendo dunque ad ogni Paese «sforzi di unità e indirizzo». «È il momento della coesione, non della divisione, fra Nord e Sud, fra Est e Ovest del mondo», ha sottolineato Mattarella, suggerendo ad Africa ed Europa di darsi un’agenda comune di valori e politiche per fronteggiare i cambiamenti climatici che ci aggrediscono, ponendo a rischio la sicurezza collettiva.Per avere un’idea delle decisioni che incombono sui governi dei Paesi del bacino del Mediterraneo bisogna partire dalle attività umane che, secondo recenti studi delle Nazioni Unite, contribuiscono ad aumentare il rischio collettivo di siccità. Anzitutto nell’agricoltura dove l’irrigazione è una delle maggiori fonti di dispersione d’acqua a causa di sistemi spesso fatiscenti, se non del tutto antiquati, in Spagna, Italia, Grecia e Turchia. Senza contare che l’eccesso di uso di acque sotterranee per l’irrigazione può portare a ridurre le falde acquifere, con ulteriori effetti negativi. In secondo luogo, c’è l’accelerazione dell’urbanizzazione che con l’aumento significativo di popolazione in città come Istanbul, Il Cairo ed Atene ha portato ad una crescita del bisogno di acqua per fini domestici, industriali e commerciali. Quindi, la deforestazione che ha vissuto un’accelerazione negli ultimi anni in Grecia e Turchia, portando ad una maggiore erosione del suolo, una minore infiltrazione delle acque ed una ancor più ridotta disponibilità di risorse idriche. Ultimo, ma non per importanza, anche l’impatto del turismo ovvero un’industria cruciale per il Pil in Spagna, Francia, Italia e Grecia che richiede significanti quantità d’acqua per un’infinità di attività di intrattenimento con il risultato di aumentare ulteriormente la richiesta di risorse idriche in regioni dove c’è minore disponibilità.
Saranno le prossime settimane a dirci se l’allarme siccità in Europa che viene dalla Commissione europea troverà ascolto nelle singole capitali – Roma inclusa – ma possono esserci pochi dubbi sul fatto che ogni centro urbano, piccolo o grande che sia, è chiamato a compiere scelte urgenti e coraggiose per proteggere e garantire il bene più antico e più prezioso che abbiamo: l’acqua.