Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  marzo 19 Domenica calendario

Il lamento di Claudio Lippi

Cantante, conduttore, volto popolarissimo di programmi come
Giochi senza frontiere , Buona domenica , Mai dire gol , Il pranzo è servito , La corrida .«Faccio parte della generazione che entrava nelle case chiedendo permesso, come mi hanno insegnato i grandi. Oggi la tv è cambiata, ma il rapporto con la gente, anche se è da un po’ che non faccio niente, è rimasto. Mi fa piacere quando mi fermano e chiedono: “Quando torna?”». E che risponde?
«Vorrei saperlo anch’io». Claudio Lippi, 77 anni, conserva l’ironia british che lo ha caratterizzato.
Ha iniziato come cantante.
«Fu un momento felicissimo, allora si facevano le cover da Dean Martin a Sinatra. Smisi negli anni 70 quando arrivarono i cantautori. Non volevo diventare la vittima di me stesso. Di ingiustizie ne ho vissute».
La prima?
«La subì mio padre. La mia nascita artistica fu in virtù di una fregatura solenne, papà mise i risparmi di una vita in un progetto e dalla sera alla mattina scoprì che il nuovo socio era scappato con i capitali. Paradossale, è stata una fortuna. Per il tipo di educazione sarei dovuto diventare commercialista. Avevo fatto un provino e fu utile: portavo i soldi a casa. Cantavo in un locale di Alassio».
Che faceva suo padre?
«Era esperto di revisioni delle aziende. Persona serissima, che ci ha insegnato a comportarci. Non potrei essere diverso da come sono, ma a volte mi sento un dinosauro».
Nel 1978 la convoca Silvio Berlusconi. Come fu l’incontro?
«Era amico di mio fratello, due scapoloni che condividevano un pied-à-terre. Non aveva creato Milano 2, non aveva ancora fatto grandi cose. Aveva una villa in Via Rovani, bellissima, la sua sede. Nel salone per le riunioni c’era l’eco, era come la metà di piazza del Duomo. Aveva ben chiaro quello che voleva fare. Noi non eravamo preparati, lui sì. Facevamo quello che mamma Rai confezionava: la tv dei bambini, dei ragazzi».
Le affidò un talk show, “Lo sprolippio” su Telemilano 58.
«Un late show, veniva chi lavorava la notte: gli attori, gli operatori ecologici, anche le prostitute. Ho pianto in un paio di casi. C’era chi aveva un figlio e tanti problemi».
Cosa capì dopo quell’incontro?
«Che Berlusconi era un visionario, un imprenditore che pensava in grande. Anche dal punto di vista delle proposte economiche, sono orfano di Berlusconi. Ricordo che feci una battuta a mio fratello: “Ma che amici hai?”. La stessa cosa capitò quando chiamò Mike Bongiorno, aveva fattoLascia o raddoppia? , Rischiatutto . In Rai finiva la stagione e non aveva il contratto per la stagione successiva.
Berlusconi gli offrì una nuova vita.
Assegni in bianco. “Siamo di fronte a un pazzo, che cifra mettiamo?”».
Quando si è dedicato alla politica in cuor suo gli avrebbe voluto dire: “Silvio, non farlo”?
«Veramente glielo dissi. Due anni prima andai a trovarlo a Porto Rotondo. Si raccomandò: “Non lo dire, sto creando un nuovo partito. Io devo scendere in campo”. Mi manca, era un grande uomo di televisione».
E lo considera un grande politico?
«Considero la politica uno dei tanti virus pandemici: può beneficiare della presenza di Berlusconi o di una donna. Lui ha provato a fare delle cose. Oggi abbiamo il primo presidente del Consiglio donna.
Perché finora non c’è mai stato? È sconvolgente, le donne ragionano, si preparano. Per questo fanno paura».
Sempre dalla parte delle donne?
«Senza le donne l’Italia non andrebbeavanti. L’ho insegnato a mia nipote, ha dieci anni, e per me è la vita. La nonna le fa vedere i documentari sulla natura, vuole fare il medico. Alle bambine va spiegato subito di salvaguardare l’autonomia e non dipendere da un uomo. Troppi femminicidi, inasprissero le pene».
Carriera un po’ sulle montagne russe. Che idea ha del successo?
«Non mi sono mai considerato arrivato, neanche ai tempi d’oro. Che poi sa, il successo è fatto di rigagnoli di acqua pulita e di acqua sporca. Ho lavorato con serietà. Mi considero una persona perbene, forse un po’ ingenua. Negli anni 90 sono dovuto ripartire da zero, ho perso tutto per un agente che fece investimenti sbagliati. I guadagni erano spariti».
Si era fidato, come suo padre.
«Sì, ho rivissuto quel dolore. Ma il tradimento di un amico è una ferita che non cicatrizza».
Cos’ha rappresentato Corrado?
«Un maestro. Lui e Raimondo Vianello sono stati due modelli, ma non si può copiare l’incopiabile.
Quando è morto Corrado e se n’è andato Raimondo ho perso duepadri, tre con quello vero».
La lezione fondamentale?
«Corrado mi disse: “Ricordati che può accendere il televisore un ingegnere, uno scienziato, uno in canottiera. Non importa. Chiedi sempre permesso e presentati dignitosamente. Tu sei l’ospite a casa loro”. La logica del rispetto del pubblico ha segnato la mia vita. Oggi passano più tempo a fare i selfie».
È vero che ha detto no ai reality?
«Sì, non mi sembra di avere il fisico giusto e non potrei litigare per una noce di cocco».
Ultime esperienze: “Domenica in” con Cristina Parodi, poi “La prova del cuoco” con Elisa Isoardi.
«Domenica inl’ho rimossa. Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse perché non ho più lavorato. Ma non sto lì a rovinarmi la vita, lo stress fa male, ho quattro bypass. Le persone sensibili se la prendono di più. Bisogna imparare a farsi scivolare un po’ le cose».
Ha rimpianti?
«Non ho grandi rimpianti. Mi resta il dispiacere perché non ho più avuto una trasmissione mia, soprattutto dopo l’uscita daBuona domenicaaffidata a Paola Perego».
Ma se dovesse fare autocritica?
«Ho fatto errori per il mio carattere: non ho cercato il consenso. Mi piace l’ironia e non sopporto la volgarità».
La tv di oggi?
«Non sono nato per torturare affetti e non sono presenzialista. Penso che potrei dare ancora qualcosa, per come sono fatto io. Mi colpisce l’affetto delle persone quando mi incontrano. Allora qualcosa di buono devo averlo fatto».