la Repubblica, 19 marzo 2023
Un milione di dollari per l’orologio dell’Ultimo imperatore cinese
Il quadrante è ormai graffiato e nessuno lo tocca da più di 80 anni. Ma questo non ne sminuirà il valore, anzi. Quando nei prossimi mesi questo rarissimo Ref 96 Quantième Lune di Patek Philippe verrà messo all’asta potrebbe raggiungere la cifra di un milione di dollari. Questo non è un orologio qualunque: è appartenuto ad Aisin- Gioro Puyi, l’ultimo imperatore della Cina. E tra i suoi ingranaggi si nasconde la storia di un uomo tradito, rinchiuso in un campo di prigionia, e di un’amicizia tanto forte quanto insolita: quella con il suo interprete sovietico durante i suoi cinque anni di prigionia in Siberia.
Non aveva compiuto ancora tre anni quando la mattina del 2 dicembre 1908 Puyi ascese al Trono del Drago. Non sapeva che sarebbe stato l’ultimo regnante della sua dinastia, i Qing. E l’ultimo sovrano di un impero millenario, quello Celeste. Passarono pochi anni infatti e la rivoluzione Xinhai quell’impero lo rovesciò. Il sovrano bambino fu costretto ad abdicare nel 1912: visse ancora per qualche anno sfarzosamente nel suo palazzo fino a che nel 1924 venne cacciato per sempre dalla Città Proibita.
In una Cina scossa da lotte di potere e signori della guerra e con gli occupanti giapponesi in casa, dieci anni più tardi quell’ultimo imperatore divenne il primo imperatore: di uno Stato fantoccio. I nipponici lo scelsero come regnante del Manchukuo, nelle terre ormai occupate della Manciuria. Fu in quegli anni che – anche se gli storici non sanno dire come o da chi – Puyi ottenne quell’orologio: forse un regalo. Viveva prigioniero nel suo nuovo palazzo, limitandosi a firmare leggi che arrivavano direttamente da Tokyo. Quando poi nel 1945 i giapponesi la guerra mondiale la persero, Puyi cercò di darsela a gambe, ma venne catturato dai sovietici come prigioniero di guerra. Spedito per cinque anni in un campo di detenzione di Khabarovsk.
È qui che inizia – nella “struttura speciale n. 45”, edificio di legno a due piani alla periferia della città l’amicizia con il funzionario russo Georgy Permyakov. Che durante la sua prigionia gli farà da interprete e precettore. Insieme studieranno il marxismo-leninismo, la storia del Partito comunista, gli scritti di Lenin. L’amicizia divenne così profonda che, quando Puyi fu estradato in Cina nel 1950 per affrontare le accuse di crimini di guerra, regalò a Permyakov l’orologio come dono d’addio. Non solo: anche un ventaglio di carta rossa, che sarà venduto nell’ambito della stessa asta (da Phillips, a Hong Kong. Ma una data non c’è ancora). Su di esso è incisa una poesia che Puyi scrisse e dedicò al suo amico e che parla della loro insolita amicizia nelle circostanze più difficili. E poi un’edizione in pelle dei suoi Analetti di Confucio, dipinti ad acquerello e un taccuino.
Permyakov conservò gli oggetti dell’amico fino al 2005, anno dellasua morte. Poi venduti ad un anonimo collezionista europeo, che ora li porta all’asta.
Passerà altri dieci in un campo di rieducazione in Cina Puyi, imparando per la prima volta a vestirsi e lavarsi da solo. Nel 1960 Mao gli concede di nuovo la libe rtà. L’ex imperatore bambino si iscrive al Partito e il Partito gli trova lavoro – come giardiniere ai Giardini botanici di Pechino – e una moglie. Muore nel 1967. Senza più al polso quell’orologio che amava tanto e che ora va all’asta.