La Stampa, 19 marzo 2023
La Madonna della discordia
Sono andato a vedere la Madonna di Trevignano, o meglio il luogo miracoloso dove decine di inviati di tanti programmi tv si stanno consumando le scarpe. Più osservo quella cabina vetrata con il lago di sfondo, meno mi è chiaro perché improvvisamente questa storia di paese che va avanti dal 2016 sia diventata un caso nazionale. Perché poi andare fino a Trevignano per chiedere intercessioni? La "statua miracolosa" in resina alta cm 40 può essere acquistata on line a € 59. 90 Iva inclusa, decorata a mano, prodotto italiano. Così almeno leggo nel sito dell’associazione La Madonna di Trevignano Romano Onlus.
Chi arriva nel sancta sanctorum di questa vicenda può vedere solo il simulacro sotto vetro, meta di infiniti standup, che però è solo una copia molto più grande di quella piangente sangue. L’originale che venne più di sei anni fa da Medjugorje è altrove, mi dicono a casa della veggente, ed è appunto alta 40 centimetri.
Capisco che in quel terreno recintato qualcuno stia lentamente disegnando la pianta del desiderio di un santuario che non c’è. Al momento esiste solo una chiesa a cielo aperto con le panche di legno, cento posti a sedere, la maggior parte con uno stampino a vernice che le destina ai disabili.
Oltre la Madonna sotto vetro e un crocefisso, hanno portato un paio di altari, un presepe in disfacimento, un’edicola di legno con dentro San Michele con il diavolo. Per terra moquette verde e delle corde tese tra paletti che indicano il percorso ai possibili flussi di folla che vuole confessarsi, mi dicono sia imponente all’appuntamento del 3 di ogni mese.
«Non si rende conto quanta gente viene qui in quell’occasione – mi dice uno dei responsabili dell’organizzazione– quasi a volersi giustificare di quello sparuto gruppetto di una ventina di persone, soprattutto pie donne, che si stanno impegnando in una mini processione lungo la Via Crucis che si snoda nel perimetro di qualche decina di metri di erbetta di campo, in cui affogano un po’ sbilenche delle statuette di metallo che indicano le varie stazioni.
Quel manipolo di zelatori rappresenta la milizia di sostegno alla causa del miracolo, quindi della necessità di rispondere alla precisa richiesta della Madonna che in quel posto ha chiesto di innalzare una cattedrale.
L’idea che circola è che ci sia una sorta di congiura perché ciò non avvenga, primo tra tutti il vincolo rigido che assegna a quel terreno la caratteristica di parco protetto e quindi nulla si può costruire.
«Vede quel gazebo, è sotto sequestro». Mi indicano una baracca di legno al centro del parcheggio. Mi spiegano che in quel posto tutto deve essere mobile sennò son dolori, gli altari sono solo appoggiati a terra, le panche di legno e ferro erano assicurate al terreno, sono stati però costretti a schiodarle sennò sequestravano pure quelle. Chiedo se in quel posto qualcuno celebra messa. «Non si può» mi rispondono. Però vedo che sulla base di un ombrellone da bar hanno avvitato una campanella. «Quando piove chi viene a pregare si ripara con l’ombrello» mi viene detto con tristezza.
È certo che la Chiesa dovrebbe sbrigarsi a riconoscere ufficialmente quel luogo prodigioso, provo a provocare qualche reazione, sono tutti abbottonatissimi. «Al momento hanno provato di certo che il sangue delle lacrime della Madonnina non appartiene a Gisella e nemmeno a suo marito. Altro non sappiamo».
Peccato che la santona al momento non riceva. All’anagrafe è Maria Giuseppa Scarpulla ma si fa chiamare con il nome d’arte di Gisella Cardia, di sicuro più evocativo di mistici sanguinamenti. Pare che il tempo di Quaresima la costringa sulla sedia a rotelle per via delle stigmate. Quelle non possono mancare di certo, come non manca la "prova scientifica" della loro autenticità. In un salottino tv, giudicata da Barbara Durso, Alba Parietti, Rosanna Lambertucci e preti vari, si può ascoltare parlare di miracolo la vera madonna pellegrina della vicenda che è Rosanna Chifari. Lei che oramai per tutte le tv è «la dottoressa che ha certificato le stigmate», parla pure di segni di corone di spine in un certificato medico. Quel suo documento più che un referto clinico sembra la lode di una consorella per le virtù eroiche della madre badessa, soprattutto quando la dottoressa dichiara di aver ricevuto rivelazioni dalla veggente che le danno certezza del suo colloquiare con la Madonna.
Sarebbe maramaldesco tirare fuori la condanna della veggente a due anni di reclusione in primo grado per bancarotta fraudolenta, per il fallimento di un’azienda di oggetti in ceramica. Altrettanto inutile è attribuire a questa vicenda il carattere di "notizia", come se contribuisse a dimostrare una verità scomoda o a decifrare un segno dei tempi. Abbiamo una rassegna lunghissima di statue che sanguinano e di veggenti stigmatizzati in variegata maniera. È un format usurato, che riprende vita solamente perché alla tv generalista, in questo momento, mancano misteri rappresentabili con plastici. Una volta finito il giro degli antichi egizi, dei Templari e degli Ufo si ricomincia con le veggenti.
L’unico attimo di emozione del mio tristanzuolo pellegrinaggio in quel pezzetto di carta moschicida per la fede popolare è una visione, che per un attimo sembrò smentire il bieco pregiudizio che mi accompagnava lungo quel tratturo pieno di buche che hanno chiamato "Via Campo delle Rose".
Mi parve di vedere in alto, nel cielo azzurro che sovrastava la teca della madonnina, svolazzare le ali policrome degli angeli del "Giudizio Finale", come li raffigura Pietro Cavallini nella Basilica di Santa Cecilia a Roma. «Ecco il segno!» mi sono detto. Fu solo un istante di confusione nella luce del tramonto sul lago. Erano le vele arcobaleno di uno stormo di appassionati di parapendio che, per ore e ore, il sabato volteggiano proprio sopra la cattedrale che non c’è.
«Mi meraviglia che gli sia permesso di farlo!» mi dirà poco dopo la signora indispettita perché era arrivata tardi per la Via Crucis. Oltraggiata dagli angeli farlocchi si affrettava a raggiungere le altre, intente nelle giaculatorie da campo con la musica sacra che usciva dai loro smartphone.