il Fatto Quotidiano, 19 marzo 2023
Biografia di Arthur Rimbaud
Alla sterminata letteratura biografica su Arthur Rimbaud (1854-1891) si aggiunge ora un romanzo di una certa originalità. Lo ha scritto Edoardo Pisani e s’intitola con un famoso verso del grande poeta di Charleville: “E libera sia la tua sventura, Arthur Rimbaud!”(Cas telvecchi). Il trentenne Pisani allontana la solitudine recandosi da Parigi nelle Ardenne, intercalando al suo diario una biografia stringata e tachicardica. Confessa da subito: “Ho scritto di lui per sopravvivergli”. Eccitatissimo raggiunge Charleville, “pat ri a del cretinismo” e visita il museo, descrive la statua, frequenta il mercatino dei s ouveni rs, dalle magliette all’a ccendino. Trova una casa a cinque chilometri dalla cittadina, immersa nel bosco e l’affitta per un mese. È lì che scrive la biografia del suoi amato poeta, immergendolo nella sua famiglia, raccontando la sua adolescenza zeppa di fughe verso una Parigi in rivolta che però lo imprigiona per qualche tempo. Quando la Comune finì schiacciata nel sangue, eccolo Arthur incontrare il suo grande amico Paul Verlaine che farà di tutto per introdurlo, insieme a Charles Cros, nell’ambiente degli odiati poeti parnassiani. Si presentò alla moglie di Verlaine come un pidocchioso, odoroso e arrogante provinciale, che gli voleva soffiare il marito. Arthur arrivò a gridare “mer – da!” ai parnassiani più noti, riservando il coltello a quelli genericamente impegnati. Anche la convivenza con Verlaine, appellata come “moglie ttina”nelle fughe a Londra e a Bruxelles, fu costellata di infinite ubriacature e di aggressività, fino a quando Verlaine, geloso, non gli sparò sul polso di una mano lasciandogli il bossolo conficcato nella carne. Ne seguì un processo che confermò la loro omosessualità, punita con il carcere per lo sparatore. Le fughe di Rimbaud finivano sempre con il ritorno a Charleville, subito seguito da una nuova fuga. In Belgio stampò in 500 copie la sua St agio ne al l’i nfe rno, che fu un fallimento sia per le vendite sia per le recensioni. Senza requie Arthur viaggiò per l’Europa finendo anche a Milano. Non volle più essere un poeta e s’imbarcò per l’Africa, raggiungendo Harar, dapprima come commerciante e poi come trafficante di armi per conto del re Ménélik. Ai suoi amici parigini che gli scrivevano che in Francia era diventato un poeta famoso, rispondeva disilluso. “Ah la poesia, una cosa da ragazzi!”. Quando una sua gamba gli si gonfiò, il suo nuovo ragazzo Djami lo accompagnò in un ospedale di Marsiglia dove lo raggiunse anche la cattolica sorella. I medici gli amputarono la gamba tumefatta e gli scoprirono un cancro micidiale, che lo stroncò a nemmeno 37 anni.