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 2023  marzo 19 Domenica calendario

Ecco l’atto d’accusa della Corte dell’Aia a Putin

C’è un video ufficiale che mostra Maria Lvova-Belova mentre ringrazia il presidente Vladimir Putin perché le ha consentito di adottare un bambino ucraino. Quel filmato, rilanciato dalla propaganda del Cremlino, si è trasformato in uno degli elementi d’accusa contro lo stesso presidente russo e la commissaria per i diritti dei minori di Mosca, accusati dalla Corte penale internazionale dell’Aia di crimini di guerra per la deportazione dei minori ucraini. Il mandato di arresto firmato due giorni fa dai giudici Rosario Aitala, Tomoko Akane e Sergio Ugalde ricostruisce il piano per il trasferimento di bimbi e ragazzi, i viaggi a bordo degli aerei militari, i rastrellamenti in scuole e orfanotrofi, la falsificazione dei documenti. Un progetto criminale che – evidenziano i giudici – prende forma nel maggio scorso, poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina, con la firma di Putin sul decreto che prevede procedure semplificate per riconoscere d’urgenza la cittadinanza russa ai minori strappati alle proprie famiglie dopo l’invasione. «Il presidente russo può essere processato, nonostante Mosca ritenga di non essere soggetta alla decisioni della Corte penale internazionale», ha dichiarato ieri alla Cnn il procuratore capo della Cpi, Karim Khan, e poi ha aggiunto: «Ci sono stati processi storici nei confronti dei criminali di guerra nazisti, dell’ex presidente jugoslavo Slobodan Miloševic e dell’ex leader liberiano Charles Taylor. Tutti loro erano individui potenti eppure si sono trovati nelle aule dei tribunali».
Sono stati proprio gli investigatori coordinati da Khan a ricostruire decine e decine di voli effettuati dai militari russi per trasferire bimbi e ragazzi dai territori occupati del Donbass e farli arrivare in Russia. Il resto lo hanno fatto le verifiche dei giudici. Il quartier generale della Divisione preliminare di cui è presidente il giudice italiano Rosario Aitala ha sede nella torre B, al quarto piano della sede della Corte. Dei 18 giudici della Cpi, 7 lavorano in questi uffici: oltre all’italiano, ci sono due sudamericani, due africani, una giapponese, un ungherese. Poi una ventina di consiglieri giuridici e assistenti di tutto il mondo. Le richieste di cattura sono state depositate circa venti giorni fa dai magistrati della procura e in alcuni casi i giudici hanno disposto nuove indagini per poter dare seguito alle denunce dei familiari e muovere ulteriori contestazioni. Il mandato firmato due giorni fa è solo il primo atto di un’indagine che potrebbe portare a nuovi provvedimenti. Nei casi in cui i testimoni erano a rischio sparizione Aitala e i suoi colleghi hanno disposto incidenti probatori segreti proprio per validare le loro dichiarazioni.
Le testimonianze dei genitori e i racconti di chi è riuscito a tornare in Ucraina, soprattutto grazie all’impegno delle organizzazioni umanitarie, fanno ben comprendere che il piano di Mosca è tuttora in atto. Una donna ascoltata nel corso delle indagini racconta di essere andata a prendere il figlio a scuola e di non averlo più trovato. «Ho sbagliato, non avrei dovuto mandarlo. Ho scoperto che cosa era successo quando l’ho riconosciuto in un video della propaganda russa. Era disperato, non smetteva di piangere». È uno dei bimbi portati via con gli aerei militari e la donna non sa dove sia adesso. Non è l’unica. La tv russa, ma anche i social della propaganda di Mosca mostrano frequentemente le immagini di piccoli all’interno delle nuove scuole, esposti come trofei, oppure affidati a nuove famiglie. Sono moltissimi gli ucraini che hanno riconosciuto i propri figli in quei filmati, ma non sono riusciti a riportarli a casa. A molti è stato raccontato che i genitori erano morti, altri invece non capiscono il russo e non comprendono che cosa sia accaduto.
Secondo il rapporto dell’Onu sono almeno seimila i minori deportati, le autorità di Kiev denunciano la sparizione di oltre 16 mila. I giudici dell’Aja hanno raccolto prove per circa 600 casi ed evidenziano nel mandato di cattura che soltanto un minore su cento è riuscito a tornare a casa. Negli atti si parla in maniera esplicita di «persone trattate come un bottino di guerra». Il riferimento è alle trattative concluse grazie all’intervento dei servizi di intelligence ucraini per scambiarli con i soldati russi fatti prigionieri. Tra i verbali raccolti dai giudici della Corte c’è quello di un bambino restituito ai genitori. «Non sono stato maltrattato, ma quando piangevo e chiedevo della mia mamma e del mio papà loro mi dicevano che erano morti. Ora sei russo e avrai un’altra mamma e un altro papà», ha raccontato.
L’indagine va avanti sulla rete di militari, funzionari governativi, direttori degli orfanatrofi russi che hanno partecipato alla deportazione dei minori occupandosi di prelevarli, trasferirli, in alcuni casi falsificare i documenti per affidarli alle nuove famiglie. Alcuni genitori ai quali ora risultano affidati dei piccoli ucraini potrebbero essere stati complici inconsapevoli del traffico, ma nella maggior parte dei casi le organizzazioni umanitarie hanno denunciato la loro piena adesione al piano di Putin. È stato accertato che in alcuni casi i bambini sono stati dati in premio dal regime di Mosca, «sono diventati il regalo per gli ufficiali più fedeli». Proprio come accadeva in Argentina durante la dittatura di Jorge Videla.