La Stampa, 18 marzo 2023
La scommessa dell’acqua di mare desalinizzata
Il più grande dissalatore d’Italia sorgerà a Taranto. Rigorosamente ad uso civile, utilizzerà le sorgenti salmastre del fiume Tara. E se, sin dall’antichità, era conosciuto per le sue acque ritenute curative e persino miracolose, oggi fa parlare di sé per un progetto assai ambizioso. Grazie a questo impianto ad altissima tecnologia - in grado di trattare mille litri al secondo - sarà possibile produrre ogni giorno l’equivalente del fabbisogno idrico di 385 mila persone. Un investimento da 100 milioni di euro, molti dei quali legati a fondi del Pnrr, che doterà il Paese di un maxi impianto a osmosi inversa. Entrerà in funzione nel 2026, riducendo lo sfruttamento delle falde sotterranee e fronteggiando con maggiore serenità le crisi idriche in una regione come la Puglia, tra le più a rischio a causa dei cambiamenti climatici.
«Quest’opera - spiega la direttrice generale di Acquedotto Pugliese, Francesca Portincasa - è in linea con le nostre azioni per la tutela della risorsa idrica. Negli ultimi cinque anni, attraverso la sostituzione di reti vetuste e nuove tecnologie, abbiamo recuperato 40 milioni di metri cubi, l’equivalente di una piccola diga. L’utilizzo di dissalatori è una strategia che abbiamo immaginato da tempo, ma non è semplice. E non solo per la capacità di progettazione e realizzazione, ma per tutto l’iter burocratico e autorizzativo. Purtroppo questi impianti non sfuggono alla regola non scritta che, tra ideazione e avvio dei lavori, per realizzare un’opera pubblica in Italia occorrono in media tra i 7 e i 10 anni».
Nella dissalazione a osmosi inversa, l’acqua viene sottoposta a una forte pressione, spinta attraverso una membrana semipermeabile che funge da filtro per tutti i sali, batteri e sostanze inquinanti. Le sostanze restano sulla membrana e l’acqua che passa risulta depurata di tutti gli elementi. Successivamente, avviene il processo di remineralizzazione: in apposite cisterne di miscelazione, vengono inseriti i minerali utili. In seguito a questa operazione, l’acqua è pronta per essere distribuita nei sistemi idrici cittadini.
Secondo il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, «questa grande opera italiana potrà far fronte all’incremento delle richieste estive e ridurre il prelievo della risorsa dai pozzi». Da qualche tempo, molte isole minori di Sicilia, Lazio e Toscana hanno già iniziato a dotarsi di desalinizzatori, mentre in Veneto debutta un’ordinanza antispreco a firma del presidente Luca Zaia. Intanto, il governo italiano sta iniziando a guardare oltre. Proprio ieri, su queste pagine, il ministro dell’Ambiente e della Transizione energetica, Pichetto Fratin, ha sottolineato che «la desalinizzazione è una misura già presa in considerazione e può essere ritenuta tra le più efficaci ad affrontare l’emergenza». Soprattutto se si considera che, nel nostro Paese, l’acqua che proviene da questo tipo di impianti rappresenta solo lo 0,1% dei consumi idrici. In una realtà come Israele è oltre l’80%.
Insomma, rendere potabile l’acqua di mare come risposta alla crisi idrica. La desalinizzazione è utilizzata in 183 Stati, con circa 20 mila impianti di dimensioni molto variegate. Quasi la metà della capacità totale è riconducibile al Medio Oriente. «Eppure - ricorda Portincasa- il più grande dissalatore al mondo è a Melbourne. E questo fa comprendere come il tema dell’approvvigionamento idrico sia globale». Anche l’Europa non sta a guardare. A cominciare dalla Spagna, dove gli impianti sono quasi 800.
E se desalinizzare è un’attività fortemente energivora, va detto che il progresso tecnologico ne ha ridotto drasticamente il consumo. Di pari passo, una prospettiva di sviluppo di queste strutture dovrà necessariamente prevedere l’utilizzo di fonti rinnovabili e un utilizzo virtuoso e a minore impatto ambientale della salamoia che si genera da questi processi.