la Repubblica, 18 marzo 2023
Non ci sono più i mercenari di una volta
I o i mercenari me li ero sempre immaginati come Richard Harris ne I quattro dell’oca selvaggia , o Christopher Walken ne I mastini della guerra, oppure come quei reduci francesi “chicchissimi” che a un certo punto sbucano fuori dal nulla in Apocalypse Now . E quindi all’inizio non ci potevo credere quando trovandomi davanti quelli veri, nell’Afghanistan di quasi vent’anni fa, vidi che avevano le infradito, i muscoli pompati, le capigliature mohicane, braccia e gambe tatuate...
Pensai ai Lanzichenecchi del sacco di Roma, che erano ugualmente fuori ordinanza con le loro vesti sgargianti e piene di “accoltellature” per far vedere la biancheria... E continuo a pensare a loro ogni volta che su You-Tube vedo gli eccessi dei mercenari della Wagner, e li confronto con i filmati in bianco e nero dei vari Hoare, Steiner e Denard, che le guerre mercenarie post- coloniali del Novecento le facevano indossando sahariane impeccabili e anfibi tirati a lucido.
Sotto la differenza di stile c’è molto altro. A partire dal fatto che il ritorno massiccio dei soldati di ventura avviene oggi in un sistema internazionale tornato grezzo dagli anni Novanta, senza più ordine e legalità. Dove la guerra viene considerata un servizio come gli altri, da vendere e comprare senza infamia, grazie alla “uberizzazione” di un mercato con un giro di affari che secondo la Visiongain inglese passerà dai 223,8 miliardi di dollari del 2020 a 457,3 nel 2030.
All’indomani dell’11 settembre, pareva che le compagnie militari private fossero solo un modo per permettere ai governi di subappaltare certi fardelli, tipo la logistica o le comunicazioni, così da ridurre i costi economici e morali di un intervento militare. Ma poi dopo la Blackwater americana, sono arrivate altre compagnie a reclutare migliaia e migliaia di contractor, e si è capito che la privatizzazione della sicurezza era un business che faceva comodo a tutti: società minerarie, compagnie di navigazione, multinazionali, oligarchi, e persino Ong e organismi internazionali. Negli ultimi anni poi, e il gruppo Wagner è la cartina al tornasole di questa mutazione genetica, abbiamo assistito a un ulteriore salto di qualità: quella del service provider che cambia pelle per mettersi in proprio e diventare parte del conflitto. Un attore che fa il verso a quelli statuali, benché non riconosciuto internazionalmente, e quindi con strategie, mezzi e obiettivi che gli permettono di giocare in autonomia e sfidare su certi teatri persino la Nato, come scriveva Maurizio Molinari su questo giornale pochi giorni fa.
Storicamente è un’involuzione, perché non si tratta più di brigate straniere che fanno la guerra a pagamento inquadrate all’interno di eserciti nazionali, come la Legione straniera francese, quella spagnola, oppure come le truppe indigene al servizio della Compagnia delle Indie.Ma di un ritorno alla logica dei capitani di ventura medievali e rinascimentali — l’epoca dei Lanzichenecchi appunto — cioè a soggetti privati che magari iniziano un’operazione per conto di questo o quel committente statale, ma poi vai a capire come finisce.
Gli esperti di geopolitica tirano spesso in ballo due esempi storici per descrivere i rischi che la privatizzazione dei conflitti comporta in teatri di guerra tipo Ucraina, Siria, Libia, Yemen, Sahel, Caucaso, Africa sub-sahariana. Mettendo in rilievo le analogie tra i mercenari di un tempo e quelli contemporanei, a partire dai contratti di ingaggio, ma anche con riguardo ai propri interessi esistenziali, che li portano inevitabilmente a schierarsi dalla parte del caos permanente e a cercare sempre nuove guerre nelle quali combattere.
Il primo esempio è quello della leggendaria Compagnia catalana di Roger de Flor, una sorta di società militare privata ante litteram. Siamo agli inizi del Trecento, al tempo in cui si combatte in Sicilia la guerra tra Aragonesi e Angioini. Sennonché scoppia all’improvviso la pace, e i settemila combattenti catalani, rimasti disoccupati, decidono di vendere i propri servizi a Bisanzio contro Turchi e Bulgari, per poi però mettersi in proprio e impadronirsi del ducato di Atene.
Il secondo esempio è costituito dalle guerre italiche tra XV e XVI secolo, che provocarono grande rovina e aprirono la strada
Il libro
a un lungo periodo di dominazione straniera nella penisola. Furono i mercenari i loro protagonisti, contro i quali gli eserciti regolari poterono poco. Che a pensarci bene non è diverso da quel che si vede oggi in taluni paesi dell’Africa e del Medio Oriente, che a volte rischiano di soccombere per colpa dei soldati di ventura da loro stessi ingaggiati.
Fu Machiavelli, che era moderno e quindi avanti rispetto al suo tempo, a definire le truppe prezzolate come «inutili e periculose », e uno stato fondato su di esse come «mai fermo né sicuro; perché le sono disunite, ambiziose, sanza disciplina, infedele; gagliarde fra gli amici; fra e nimici, vile...».
Spianando la strada alle riflessioni che un secolo dopo, al tempo della pace di Westfalia del 1648, avrebbero portato alla nascita degli Stati-nazione, dei loro eserciti, e poi alla messa al bando ottocentesca delle compagniedi ventura. È proprio questo il motivo per cui davanti ai mercenari del terzo millennio il pensiero corre dritto ai Lanzichenecchi. Non tanto per l’atteggiamento tracotante, e neanche per i tatuaggi e le creste mohicane che sono una variante delle antiche “accoltellature”.
Ma per il fatto che affidare loro la guerra è stato come ripiombare nell’abisso del pre-moderno, riandare a prima dei Machiavelli, dei Richelieu e dei Grozio che inventarono gli stati moderni e un diritto internazionale per farli collaborare sia in pace che in guerra, emancipando l’umanità dall’“occhio per occhio, dente per dente”.
Ed ecco perché per far ripartire la storia nel verso giusto, quello del progresso e della civiltà, ci vorrebbe proprio un’altra Westfalia, un colpo di reni per mettere al bando le guerre private e restaurare un minimo di legalità internazionale, riprendendo il bandolo della matassa da quel momento fatidico, circa trent’anni fa, quando abbiamo visto partire il mondo per la tangente degli scontri di civiltà prefigurati da Huntington, e non siamo riusciti a trattenerlo fuori dalla storia come aveva sperato Fukuyama.
E invece, a parte un aumento degli effettivi nelle fila lanzichenecche, dal fronte delle guerre private del nostro tempo non ci sono buone notizie da registrare. Nel senso che all’orizzonte, almeno per ora, non si vede una nuova Westfalia, e soprattutto non si vedono i Machiavelli...