la Repubblica, 17 marzo 2023
Intervista ad Antonio Pappano
Diciamo subito che nella storia del Festival di Salisburgo, cioè della manifestazione musicale più prestigiosa del pianeta, un tale incoronamento italico non s’era mai verificato: Santa Cecilia sarà la regina del Festival salisburghese di Pasqua nel 2024.
È una sorpresa che ci fa volare culturalmente in cima al mondo.
La festa primaverile della vetrina austriaca venne fondata negli anni Sessanta da Herbert von Karajan e ogni evento s’affidava niente meno che ai Berliner Philharmoniker. Poi il timone è passato a Claudio Abbado e in seguito a Simon Rattle. Nel 2013 l’orchestra in residenza è divenuta la formidabile Staatskapelle di Dresda, fino all’anno scorso. Dal ‘23 la Salisburgo pasquale accoglierà una formazione diversa ogni volta, e per esempio quest’anno tocca alla Gewandhaus di Lipsia.
All’orchestra e al coro ceciliani, sotto la guida di Antonio Pappano, spetta l’edizione del ’24 (23 marzo-primo aprile). La notizia è stata data ieri a Salisburgo dal sovrintendente del festival Nikolaus Bachler, dal maestro Pappano e dal cantante-star Jonas Kaufmann, ingaggiato per La Gioconda di Amilcare Ponchielli, apice di un cartellone che esalta il made in Italy.
«Sono entusiasta di portare qui la mia famiglia musicale italiana», premette Sir Tony Pappano, che esaurirà in luglio il suo contratto con Santa Cecilia, partito diciott’anni fa. Sta lavorando freneticamente a Londra, dov’è l’amato Conductor in pianta stabile della Royal Opera House: «In questi giorni dirigo Turandot .
Poi farò Wozzeck , Il Trovatore e
Werther . Quattro opere una dietro l’altra e abbiamo il tutto esaurito», annuncia col suo bel piglio anglo-latino.
Maestro Pappano: Santa Cecilia ha raggiunto davvero il peso qualitativo di orchestre pazzesche come i Berliner e gli organici di Dresda e Lipsia, che l’avranno preceduta in questo festival?
«Il sovrintendente Bachler ha fiducia in me e io ho fiducia in Santa Cecilia. Il progetto del ’24 gira intorno alla musica italiana ela scelta è coerente. Saranno eseguiti un’opera, La Gioconda, e il Requiem di Verdi. Due concerti sinfonici includeranno pezzi italiani o dedicati all’Italia. Uno sarà diretto da me e l’altro da Jakub Hr?ša, direttore ospite principale di Santa Cecilia».
Grazie a Pappano Santa Cecilia ha preso il volo internazionalmente?
«Sono tre i motivi del fortissimo sviluppo dell’orchestra. Il primo è la bellezza della sala a Roma, nell’Auditorium del Parco della Musica, che le ha dato una casa.
Poi ci sono state le tante tournée e i molti dischi. Inoltre l’ensemble è cresciuto nel rapporto con me e il repertorio operistico: lungo gli anni abbiamo proposto varie opere in forma di concerto e in disco. Uno dei miei scopi è stato far passare il seguente messaggio: esiste un potente Dna musicale italiano che non può prescindere dalla lirica, benché Santa Cecilia sia un’orchestra sinfonica. Ma il patrimonio dell’opera ci rende più solidi riguardo alla nostra identità e può farci raggiungere livelli elevati pure in ambitidiversi. Se le radici sono ben piantate, ci si sente più sicuri anche in altri territori».
Perché “La Gioconda” a Salisburgo? È un capolavoro non rappresentato di frequente.
«Non lo si mette in scena spesso poiché esige un grande cast di voci e tanto coro. È un’opera impegnativa. La trovo perfetta per Salisburgo in quanto è profondamente italiana e per interpretarla siamo riusciti a mettere insieme un gruppo di cantanti eccezionali tra cui spiccano Anna Netrebko, Jonas Kaufmann e Luca Salsi. La musica della Gioconda s’ispira alla scrittura di Verdi, e a sua volta quest’ultimo, in vecchiaia, ne venne influenzato.
Ricordiamoci che la prima dellaGioconda risale al 1876 e l’ Otello verdiano debuttò nel 1887. Il carattere di Barnaba nellaGioconda è imparentabile a quello di Jago nell’ Otello , anche se il personaggio di Barnaba è più ruvido e meno sottile. Non a casoLa Gioconda eOtello ebbero lo stesso librettista, Arrigo Boito».
Come giudica il nuovo mandato a Daniel Harding, il direttore inglese che è stato appena nominato suo successore a Santa Cecilia?
«È un’ottima scelta. Daniel è un musicista bravissimo e ha un nome internazionalmente noto.
Farà quindi dischi e tournée con Santa Cecilia, che continuerà a crescere. Trovo positivo che non sia coinvolto nella nazionalità dell’orchestra. La mia esperienza inglese e americana mi ha aiutato molto nell’impegno ceciliano, nel senso che bisogna avere una visione che vada al di là del solo mondo musicale italiano».