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 2023  marzo 16 Giovedì calendario

Il futuro per Calvino: «Imparare poesie a memoria»

La sequenza finale di un’intervista televisiva del 1981 a Italo Calvino è stata riproposta di recente da Paolo Mieli nella sua rubrica «Passato e presente». Ad Alberto Sinigaglia che gli chiedeva quali sono i talismani per il futuro, Calvino rispondeva con il suo tono bofonchiante e pensieroso: «Imparare delle poesie a memoria… molte poesie a memoria… da bambini, da giovani… anche da vecchi… perché fanno compagnia… e poi lo sviluppo della memoria è molto importante…». Lasciamo stare il secondo talismano («fare dei calcoli a mano, divisioni e radici quadrate…»); lasciamo stare il terzo, altrettanto fondamentale («combattere l’astrattezza del linguaggio…); e lasciamo stare il quarto talismano («sapere che tutto quello che abbiamo… può sparire in una nuvola di fumo»). Fermiamoci alle poesie a memoria, e domandiamoci come mai la scuola non coltivi più questo esercizio semplice e portentoso, quasi magico, che Calvino collocava al primo posto tra le chiavi per il futuro. Anche Umberto Eco, in una sua famosa lettera natalizia in pubblico, esortava il nipotino a imparare ogni mattina qualche verso. Calvino e Eco, a cui si può aggiungere Luca Serianni, che ne era un fautore entusiasta, consideravano la poesia a memoria una grande risorsa per l’umanità, una specie di pronto soccorso, una luce che si accende nella mente e ti dà più sollievo di un telefonino, addirittura un talismano per il futuro. Del resto, persino Primo Levi ad Auschwitz trovò conforto ricordando i versi dell’Ulisse di Dante. Perché questa pratica è scomparsa dalle intenzioni degli insegnanti? Vecchia? Ardua? Anacronistica? Inutile? Festeggiare il 21 marzo, Giornata mondiale della poesia, con una poesia a memoria, anche una sola (e poi magari un’altra l’anno prossimo), sarebbe un piccolo investimento mentale nel futuro. Trasmettendo, con la poesia, l’idea che c’è una mente e soprattutto ci sarà un futuro.