Corriere della Sera, 16 marzo 2023
Biografia di Levante raccontata da lei stessa
Dieci anni fa con «Alfonso» cantava «che vita di m.». Adesso che vita è?
«C’è sempre un motivo per lamentarsi... Ma oggi la mia vita è l’opposto. Ai tempi di Alfonso ero triste, frustrata. Semmai ora mi mancano i sogni. Forse il mio obiettivo maggiore è mantenere quello che ho: credo sia la parte più difficile».
Levante, al secolo Claudia Lagona, è seduta in una saletta della Warner Music a Milano. Indossa un cardigan blu e una maglia a righe intonata alle calze. Risponde a tutto, sempre, surfando sui ricordi di una vita vissuta con lo sguardo sempre rivolto al passato, a quel punto di non ritorno che è stata la morte del padre. Aveva 9 anni e un’invincibile nostalgia segnò tutti i giorni a seguire. Fino al 13 febbraio dello scorso anno, quando gli occhi di Claudia hanno abbracciato un mondo nuovo: quello ridisegnato dalla nascita di Alma Futura, figlia sua e di Pietro Palumbo, il compagno avvocato. In mezzo, cinque album (l’ultimo è Opera Futura), tre romanzi, un matrimonio finito, un film (dove ha un cameo e firma la colonna sonora), otto tournée, due Festival di Sanremo e un X Factor da giudice.
Se le dico Lido Jolly?
«E vabbé, non mi hanno nemmeno dedicato un ombrellone, che so, il numero 23: Levante. È il lido della Playa di Catania dove andavamo ogni estate con la mia famiglia. Affittavamo una cabina per un mese. Rispondevamo allo stereotipo del siculo che va in spiaggia con la parmigiana e le cotolette nella borsa frigo. Il bagno potevamo farlo rigorosamente dopo tre ore, e ci chiedevamo lo stesso se saremmo sopravvissuti».
Il suo primo ricordo?
«Uno dei primi è una corsa. Vedo ancora le scarpettine blu con l’occhio di bue, eccole (mostra una foto sul cellulare, ndr), e la felicità di scoprirmi capace. Poi tante immagini tra le braccia di mia madre: volevo stare sempre in mezzo ai grandi, farmi cullare dai loro discorsi».
Fin da piccola desiderava fare la cantautrice?
«Sì. I miei mi incoraggiavano: mi mettevano al centro e mi chiedevano di fare uno show».
Poi suo padre è mancato.
«Avevo 9 anni e cominciai a scrivere testi pregni di dolore, tant’è che quando feci il provino da Teddy Reno, ad Ariccia, lui disse che erano veramente tristi per una ragazzina di 13 anni».
Si chiamava Rosario.
«Prima di fare terapia avevo un’immagine di lui severa, ma santificata. La morte ci dà questo potere di rendere le persone che se ne vanno bellissime. Poi, attraverso un percorso di ricerca, ho visto un padre anche tanto duro. Me lo voglio ricordare con la pipa in bocca mentre mi prende in giro per le A che portavo a casa da scuola. La sua ossessione era il nostro rendimento scolastico, eravamo terrorizzati dal non essere abbastanza bravi. Questa cosa me la sono portata dietro e per camuffare il senso di inadeguatezza mi mostravo più dura e antipatica di quanto non fossi in realtà».
Da Palagonia, dove ha vissuto fino ai 14 anni, si è trasferita a Torino.
«Fu un viaggio lunghissimo, in treno, con i miei nonni. Arrivammo il 1° settembre del 2001. Ho frequentato il liceo linguistico Regina Margherita, poi mi sono iscritta in Economia, convinta da mia sorella Rosalia, ingegnere. Dopo due mesi passo a Lettere. Dopo 10 esami e scarso rendimento mia mamma dice: pensaci, forse è il caso che molli tutto e provi a fare la cantante».
Fu brava a incoraggiarla.
«La madre migliore del mondo. Mi ha lasciata spesso libera di scegliere, mai stata impositiva».
Dunque lascia Lettere.
«Sì, ma ancora non mollo e mi iscrivo in Psicologia: ho dato solo Filosofia e Inglese. Questa cosa di non essermi laureata mi dispiace. Ho pensato di riprendere, magari Storia o Filosofia. Ma a me gli esami mettono ansia».
Ha lavorato in un bar.
«La Drogheria: stavo lì dalle 10 alle 17. Lavorare era una necessità, avevo accumulato troppe multe: facevo sempre scadere il parcheggio».
Ha mai pensato di mollare?
«Altroché, forse pure prima della Drogheria. Quando ero stata a Leeds per la musica e non andò bene ebbi un attimo di sconforto. Se non fossi riuscita a fare la cantautrice sarei diventata designer di interni o architetta, non so, ma avrei trovato lo stesso la mia felicità. Non realizzare un sogno non può essere motivo di disperazione».
Si è anche sposata: con Simone Cogo, musicista.
«Sì, nel 2015. E ci siamo lasciati nel 2016. Siamo stati insieme due annetti. Siamo ancora amici. È stato un matrimonio di grande passione, in chiesa, eravamo accecati d’amore».
E poi cos’è successo?
«Poi ho avuto paura: “per sempre” mi spaventava... Però lui ha capito. Non mi voglio più sposare. Pietro, il mio compagno, lo sa: la nostra è la storia più lunga che ho avuto. E poi adesso c’è Alma: il legame più forte che potessimo creare».
Ha detto che tra di voi lui è il genitore migliore. Perché?
«Ha una grande pazienza, è il più attento. Io non ho paura che Alma esplori casa, non le voglio trasmettere la mia ansia, la lascio libera. Lui la segue ovunque. Che madre indegna, eh...».
Il ricordo più vivido del parto?
«Pio X di Milano, la mia ostetrica dice: “Ci vediamo domani”. Col cavolo che partorisco il 14 febbraio!, penso io. In tre ore faccio tutto: alle 18 tenevo Alma in braccio. Che stupore quando me l’hanno messa sul petto...».
Se sua figlia volesse fare la cantante?
«Io le auguro di imparare a suonare uno strumento, perché ti apre la testa, è una porta per la libertà. E se desiderasse fare la musicista la supporterei. Purtroppo questo è un mondo che non perdona i “figli di”. Ma è ovvio che un figlio assorba dai genitori quello che fanno».
A lei chi ha insegnato a suonare?
«Ho imparato da autodidatta. Mio padre suonava l’organo, mio fratello la chitarra».
Un tempo apriva i concerti degli altri: Max Gazzè, Paolo Nutini, Negramaro. Chi aprirà il suo all’Arena di Verona il 27 settembre?
«Non ci ho ancora pensato. Potrebbe essere bello chiederlo a Galea, che ho scoperto tramite il mio fan club. Me la sono ritrovata poi a X Factor e l’ho eliminata, ma mi ha perdonato».
Ha duettato con il suo mito Carmen Consoli, con Tiziano Ferro, con altri. E con sua madre Maurizia com’è stato?
«Se penso al coraggio che ha avuto per salire sul palco del Forum di Assago...».
Ma almeno l’ha pagata?
«Ma siamo matti! È venuta per amicizia! Tutti i miei parenti comprano il biglietto ai miei concerti: è una cosa bella. E poi ci sono gli amici di terzo grado che chiedono di entrare gratis...».
A Sanremo la classifica non l’ha mai premiata: con Tikibombom arrivò 12esima e quest’anno, con Vivo, 23esima. Dispiaciuta?
«No, non avevo aspettative. Credo che la classifica rispecchi i tempi che stiamo vivendo: non a caso tutte le canzoni della cinquina finale parlano d’amore. Io canto “Vivo un sogno erotico”, ero tutto fuorché rassicurante e lo capisco».
A Lecce non poté esibirsi nella piazza del Duomo per la canzone «Gesù Cristo sono io».
«Credo di essere l’unica artista italiana a essere stata allontanata dalla Curia da una piazza. Manuel Agnelli mi ha invidiato molto: a lui non era riuscito in trent’anni di carriera».
Quando si è emozionata di più in concerto?
«All’Arena di Verona quando ho cantato con Carmen Consoli, il 27 agosto 2022. Ero incinta al quarto mese. Non sapevo che l’outfit fosse nero, io ero vestita di bianco: esco sul palco e trovo pure lei vestita di bianco. Ho anche sbagliato la canzone, nonostante il gobbo, tanto ero confusa. Pensare che quando l’avevo conosciuta, nel 2010 agli Mtv Days, le avevo chiesto se potevo mandarle la mia musica; poi non lo feci».
Anche lei riceve i cd da aspiranti cantautori?
«Sì, ho pile accumulate negli anni, ma le ho ascoltate pochissimo. Mentre leggo tutte le lettere dei miei fan: me le portano ai firma copie».
Com’è recitare in un film? Lo ha appena fatto in «Romantiche», di Pilar Fogliati: la colonna sonora originale è sua.
«Interpreto me stessa e la scena mi è capitata spesso nella vita: quando entro a una festa e tutti si girano a guardarmi. In quei momenti vorrei sotterrarmi in una buca di seimila metri».
Un ricordo dei tempi delle ristrettezze?
«Nella casa che condividevo con le mie cugine e un’altra amica avevo una stanza mansardata. Mi rivedo che apro il cassetto della biancheria intima e conto i soldi nella busta, questi per l’affitto, questi per la spesa... Non bastavano mai».
Uno sfizio che si è tolta?
«A ottobre per il compleanno di Pietro gli ho regalato il viaggio a New York in business. Siamo partiti con Alma e abbiamo passato lì Halloween in un hotel a Times Square».
Ama dipingere. Farà mai una mostra?
«Potrebbe non tardare ad arrivare».
Venderà i suoi quadri?
«Perché no. Prima li vorrei far valutare».
Chi altro vorrebbe conoscere, dei suoi miti?
«Alejandro Jodorowsky e Marina Abramovic: per loro canterei gratis, qualunque cosa. Jodorowsky lo devo assolutamente incontrare! Ha verbalizzato quello che faccio fin da piccola».
Il suo atto psicomagico più potente?
«La musica: mi sono salvata».
Ha quasi 1 milione di follower. Che effetto fa?
«Oggi nessuno. In questi ultimi mesi ho letto cose che mi ero dimenticata si potessero scrivere: critiche e attacchi gratuiti».
Si riferisce ai suoi nuovi capelli?
«Sì. Va bene essere stupiti del mio cambio di colore, ma non ho chiesto consigli né indetto un referendum. E poi chi l’ha detto che le donne del Sud devono essere scure, avere capelli neri e magari pure i baffi? Fatico ad accettare la libertà degli altri a esprimersi sulle mie scelte».
A chi si sente più grata?
«A mia madre. Senza di lei non ci sarei».