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 2023  marzo 16 Giovedì calendario

Perché Credit Suisse è crollata

Due numeri aiutano a capire la caduta del Credit Suisse: nel 2007 la banca svizzera era l’ottavo maggior istituto quotato del mondo per capitalizzazione. Ma, quando le sue azioni ieri mattina sono arrivate a perdere il 31%, prima di recuperare in parte nel pomeriggio (-24,24% alla chiusura), la banca è precipitata al 155° posto, con una capitalizzazione intorno ai 7 miliardi di franchi svizzeri, circa 7,15 miliardi di euro. Significa che il Credit Suisse negli ultimi 15 anni ha spazzato via qualcosa come 100 miliardi di franchi di capitalizzazione. Con le valutazioni correnti, è come se avesse perso un’intera Goldman Sachs, calcola il Financial Times. Per fermare il crollo e il rischio di insolvenza, segnalato dall’aumento vertiginoso dei derivati (Credit default swap) per assicurare gli investimenti più rischiosi, saliti al record di mille punti (18 volte il Cds a un anno di Ubs), il Credit Suisse ha fatto appello alla banca centrale svizzera. E in serata la Swiss National Bank e l’autorità di regolamentazione Finma hanno dichiarato che il Credit Suisse soddisfa i requisiti di capitale e di liquidità imposti alle banche di importanza sistemica e che la Bns fornirà alla banca liquidità, se necessario. Ma c’è chi già ipotizza uno spezzatino, con la vendita separata delle attività sane: la Swiss Bank, la divisione di Wealth Management e parte di quella di investment banking, che potrebbero essere quotate in Borsa individualmente.


167 anni di storia
Sarebbe la fine dell’istituto fondato nel 1856 da Alfred Escher a Zurigo. Ma nei suoi 167 anni di storia il Credit Suisse è stato spesso al centro di scandali e crisi: dalla compravendita di oro con la Germania nazista e i rapporti commerciali con il Reich alle relazioni pericolose con Greensill e Archegos Capital, fallite nel 2021, fino all’accusa di riciclaggio di denaro, con la scoperta di 18 mila conti segreti, inclusi quelli intestati a malavitosi, torturatori ricercati ed evasori fiscali, rivelati dall’inchiesta giornalistica internazionale «Suisse Secrets» nel febbraio 2022.


Concentriamoci sugli ultimi due anni. Dopo lo scandalo media dei Suisse Secrets, a giugno il Credit Suisse è stato condannato per non aver impedito il riciclaggio di denaro da parte di una banda bulgara di trafficanti di cocaina. A marzo 2022 un tribunale delle Bermuda ha stabilito che l’ex primo ministro georgiano Bidzina Ivanishvili e la sua famiglia hanno diritto a un risarcimento di oltre mezzo miliardo di dollari da parte del ramo assicurativo vita locale del Credit Suisse, dopo che un ex consulente della banca (Pascale Lescaudron) nel 2018 è stata condannato da un tribunale svizzero per aver falsificato le firme di ex clienti, tra cui Ivanishvili, per 8 anni. Lo scorso ottobre la banca ha accettato di pagare 475 milioni di dollari alle autorità di regolamentazione di Usa e Regno Unito, dopo essersi dichiarata colpevole di aver frodato gli investitori per un prestito di 850 milioni di dollari al Mozambico destinato a finanziare una flotta di pescherecci per la pesca del tonno. Ma circa 200 milioni sono andati in tangenti a banchieri del Cs e a funzionari del governo mozambicano. In Mozambico il Credit Suisse ha anche organizzato un prestito tenuto segreto al Fmi che ha ritirato il sostegno al Paese, quando ha ammesso di aver ricevuto 1,4 miliardi non dichiarati.


Il family office Usa
Ma i grossi guai sono successi un anno fa. Nel marzo 2021 il Credit Suisse ha perso 5,5 miliardi di dollari con il default del family office statunitense Archegos Capital Management. Sempre nel marzo 2021, in seguito al collasso di Greensill Capital, il Credit Suisse è stato costretto a congelare 10 miliardi di dollari di fondi. La banca svizzera aveva venduto miliardi di debito di Greensill agli investitori, assicurando che i titoli ad alto rendimento erano a basso rischio perché l’esposizione creditizia sottostante era completamente assicurata. Dopo le cause, finora il Credit Suisse ha restituito circa 6,8 miliardi di dollari agli investitori. Greensill e Archegos hanno provocato una perdita di 5,9 miliardi di franchi nel bilancio 2022. Il Credit Suisse si è visto costretto a varare un duro piano di riorganizzazione e un aumento di capitale da 4 miliardi di franchi, che ha cambiato l’assetto azionario, facendo diventare gli arabi primi azionisti. Secondo il sito della banca, ora la Saudi National Bank ha il 9,88%; la Qatar Holding il 5,03%; l’asset manager Olayan Group il 4,93% e BlackRock il 4,07%. E’ stato il no del primo socio saudita al nuovo aumento di capitale a far sprofondare il titolo del Credit Suisse, che negli ultimi 6 mesi ha perso quasi il 65% sul listino di Zurigo (oltre il 35% negli ultimi 5 giorni dopo il crac della Silicon Valley Bank).


Non solo finanza
Il Credit Suisse, però, non è stato protagonista solo di scandali finanziari. L’ex amministratore delegato, Tidjane Thiam, era stato costretto a lasciare l’incarico nel marzo 2020: un’indagine aveva rivelato che la banca aveva assunto investigatori privati per spiare l’ex responsabile della gestione patrimoniale Iqbal Kahn, dopo il suo passaggio alla rivale Ubs. Antonio Horta-Osorio, invece, si era dimesso da presidente del Credit Suisse nel gennaio 2022, dopo nemmeno un anno al vertice dell’istituto: aveva violato le norme di quarantena anti-Covid per assistere alla finale degli Europei di calcio.