il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2023
Gli aforismi di Lynch
Anticipiamo una serie di aforismi e pensieri di David Lynch, tratti da sue interviste e raccolti dal Saggiatore in “Essere artisti”, in libreria da domani.
Ho vissuto un’infanzia idilliaca. La sola cosa che mi turba è che anche molti psicopatici dicono di aver avuto un’infanzia felicissima.
Credo che se si cresce in città si è terrorizzati dalla campagna, e se si cresce in campagna si è terrorizzati dalla città. Dato che i miei nonni materni vivevano a Brooklyn, andai a New York e vidi tutto quanto: e ne fui terrorizzato a morte. Ogni volta che andavo a New York assaggiavo il gusto dell’orrore. A Brooklyn mio nonno possedeva un palazzo fatto di appartamenti senza cucina. Una donna cuoceva le uova su un ferro da stiro.
Da bambino trovavo il mondo assolutamente e totalmente fantastico. Naturalmente avevo i soliti timori, tipo andare a scuola: riconosco che lì c’era qualche problema. A quei tempi per me la scuola rappresentava un crimine contro la gioventù. Distruggeva i principi della libertà. Gli insegnanti non incoraggiavano la conoscenza, o gli atteggiamenti positivi; le persone che mi interessavano non ci andavano proprio, a scuola.
Quelli che contano sono i sogni a occhi aperti, ovvero quelli che sopraggiungono quando me ne sto tranquillamente seduto in poltrona lasciando che la mente vaghi con dolcezza. Quando si dorme non si controllano i propri sogni. Mi piace tuffarmi nel mondo onirico che ho creato; un mondo che scelgo e su cui esercito un controllo totale.
Il cinema ha veramente a che fare col voyeurismo. Si sta seduti al sicuro, in sala, e la visione possiede una forza potentissima. Vogliamo vedere dei segreti, li vogliamo vedere davvero. Novità. C’è da impazzire, no?
I film devono possedere forza, quella del bene e quella dell’oscurità, in modo da suscitare brividi e scombinare un po’ le cose. Se ci si ritrae da tutto questo, si finisce dritti a riprendere della comoda spazzatura.
Il cinema tiene insieme tutto: se una sequenza si fa astratta, il film comincia a seguire le regole della musica; e se invece si fa concreta, può assomigliare alle leggi del teatro. Ma il cinema racchiude in sé ancora più possibilità. È un medium magico.
Chiunque, persino un deficiente, può prendere una canzone e ficcarla in un film.
Amo anche le fabbriche. Un paesaggio sereno mi appare assolutamente noioso. Mi piace l’idea dell’uomo e della terra uniti insieme: come in un pozzo minerario con macchinari pesanti, magari circondato da stagni coperti di sedimenti e di ogni sorta di microrganismi in crescita, e di zanzare che si alzano in volo a mo’ di piccoli elicotteri.
Sarebbe fantastico poter fare i film senza farli uscire mai.
Il successo è un diavolo seducente, e spesso non sei abbastanza furbo da capirlo. Poi una parte di te si rende conto che le armi vengono caricate e che il cappio viene annodato…
In ogni caso, non puoi ascoltare ciò che si dice del tuo lavoro, e quindi non ha nessuna importanza.
Ciò che potrei raccontare a proposito di quello che intendevo dire nei miei film è del tutto irrilevante.
Bisogna credere nelle cose che si fanno, in modo da renderle sincere. Lavorare all’interno di un sogno: se lo si fa sul serio, e se ci si crede fermamente, si può esprimere pressoché tutto.
A volte, tentando di rimuovere te stesso, puoi arrivare a vedere delle cose fantastiche.
Quando faccio un film, sono innamorato. Totalmente. Devi essere innamorato, anche se non conosci la direzione in cui ti stai muovendo, tanto innamorato dell’idea che ti sforzi di tradurla, e amandola e concentrandoti su di essa, l’idea attira a sé altre cose, ed è così bello… È un viaggio elettrizzante.
Quello che emerge dal tuo lavoro contiene, a mio avviso, molta più verità del modo in cui cammini per le strade.