il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2023
Il primo di scuola del Fontana Bis
Ore 10:58, è tempo della colazione dei campioni. Vittorio Feltri esce dall’aula del Consiglio regionale lombardo (dove è eletto con FdI) e con l’aria di chi è appena tornato da un safari si concede un bianchino alla buvette. I cronisti lo assediano, ma lui non molla la presa sul bicchiere: “Direttore, una prima impressione?”. “Ne ho già le palle piene”.
È il primo giorno di scuola, cioè la prima seduta della nuova consiliatura dopo la riconferma del leghista Attilio Fontana. Si sbrigano le solite pratiche politiche (presidente dell’assemblea viene eletto Federico Romani, figlio dell’ex berlusconiano Paolo) ma è tra i divanetti e l’area fumatori che si consuma la parte migliore. Feltri è tra i più attesi, ma arriva solo a Consiglio già iniziato lasciando così allo stesso Fontana (il secondo consigliere più anziano) la scocciatura di dover presiedere l’aula fino all’elezione di Romani. Prima di entrare in aula, il direttore confessa con la solita perifrasi di non aver esattamente passato la notte sui testi di diritto regionale: “Non so un cazzo!”. Per fortuna la pausa bianchino dista solo una ventina di minuti, e lì può sfogarsi: “Non so se si può usare questo linguaggio, ma io ne ho già le palle piene”. Ma “lo dico senza spirito polemico”, ci mancherebbe: “È che io amo la puntualità, mi avevano detto di essere qui alle 10 e invece è iniziato mezz’ora in ritardo. Poi qui c’è un caos… la prima impressione non è meravigliosa”. E Fontana, che si è detto “felice ed emozionato” di presiedere l’aula? “Bene, io no, io me ne fotto”.
Poco più in là si aggira Vittorio Sgarbi, altro cavallo di razza dell’intrattenimento politico. Ce l’ha fatta anche stavolta, è riuscito a strappare un seggio anche se ancora non gli va giù quella storia dell’assessorato alla Cultura: “Ronzulli riteneva che i miei titoli non fossero sufficienti. È colpa sua”. Ci vorrà qualche ora perché i due facciano pace. In quel momento una signora si avvicina a Sgarbi: “Ciao Vittorio! Noi ci siamo conosciuti tanti anni fa, ti ricordi? Ero amica di Gianni Castellaneta”. “Ah, l’ambasciatore. È morto?” (spoiler: no). Pierfrancesco Majorino si gira e trova Sgarbi con in mano un libro di Tiepolo, pittore del Settecento veneziano: “Vittorio, questo devi fare. A te t’ha rovinato la politica…”. Accumulatore seriale di incarichi (quello da consigliere è incompatibile con la poltrona da sottosegretario alla Cultura), quando si parla di palazzi del potere Sgarbi è un’autorità: “Be’, il Parlamento è più bello, ha i soffitti più alti, è più solenne. Qui però può darsi che la compagnia sarà migliore”. C’è Giulio Gallera, per esempio, un altro che ce l’ha fatta: “Ho fatto una campagna contro corrente”, si sfoga con un collega. Non era stato eletto, ma l’ingresso in giunta di Gianluca Comazzi lo ha fatto ripescare in Consiglio, dove dovrà sopportare ancora per qualche anno il pensiero di Guido Bertolaso nel suo caro vecchio ufficio di assessore al Welfare.
Poco male, ché già esser qui è un successo. Gallera abbraccia tutti, pianifica corsette e camminate, insomma è un bel sospiro di sollievo. Ma il vero vincitore della lotteria è Jacopo Dozio, 31 anni, poltrona da consigliere agganciata grazie ai misteri della legge elettorale, visto che gli sono bastate 93 preferenze con la lista Fontana. Per questo Dozio è in evidente stato di grazia, non lo tiene più nessuno, ormai parla solo di miracoli: “Mi piacerebbe arrivare al completamento della Pedemontana”.
Passa dal Consiglio pure Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini finito invischiato nel pasticciaccio dell’hotel Metropol. Occhiale da sole da cattivo dei film di Melville, è qui per vedere che aria tira: “Voi chi siete?”, chiede sornione quando lo seguiamo. “Ah, i miei amici del Fatto”. L’incarico da vicepresidente del Corecom è in scadenza, ma Savoini ostenta la serenità dei fuoriclasse: “Siamo qui dal 2006, si figuri se questa è ultima volta che vengo qui”. Insomma la stessa vecchia storia del pane e dei denti. Perché per uno che s’avvinghia alla Regione Lombardia come un marsupiale ce ne sono altri che potrebbero ma non vogliono. Feltri se ne va prima di pranzo, lasciando il sospetto che le speranze di rivederlo da queste parti siano affidate alla qualità delle tartine alla buvette. Sgarbi invece resiste mezza giornata, poi capitola: “I Consigli regionali sono inutili, aboliamoli”. Sì, ma vaglielo a dire a Dozio.