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 2023  marzo 16 Giovedì calendario

Intervista a Giorgio Parisi

Professore, quando guarda il cielo a che cosa pensa?
«Tendo a separare abbastanza la parte scientifica da quella umana. Quando guardo il cielo è difficile che pensi alla fisica».
Come vede il rapporto tra gli italiani e la ricerca scientifica?
«Gli italiani sono favorevoli alla ricerca scientifica. Tuttavia, il numero delle persone che non si fidano della scienza pian piano aumenta. Bisogna fermarsi prima che aumenti troppo».
Come si ferma la fuga dei cervelli?
«Semplice: dobbiamo rendere l’Italia ospitale e questo significa dare i mezzi a chi vuole fare ricerca».
Perché non si riescono ad ottenere più fondi?
«Il problema è rappresentato dagli gli investimenti a lungo termine. Per un governo è complicato fare investimenti perché danno frutti dopo 7/8 anni, con un governo che probabilmente è di un altro partito».
La fisica e la politica hanno qualche punto in comune?
«Penso che ognuna debba stare nel proprio dominio. L’importante è che la politica e la scienza abbiano un punto in comune: la realtà. La scienza serve per dire com’è la realtà. I politici, poi, devono decidere di andare nelle diverse direzioni tenendone conto».
Dopo il Nobel le è cambiata la vita?
«Si, si sono moltiplicate le richieste di parlare, di apparire. Poi, mi sono accorto che le mie affermazioni hanno un rimbombo del tutto inaspettato, che prima non avevano. Devo stare un po’ più attento a quello che dico».
Se disponesse del Nobel dei Nobel a chi lo assegnerebbe?
«È come chiedere qual è la donna più bella del mondo. Difficile fare una classifica».
Studiare: c’è un segreto?
«La curiosità. Se uno non è curioso tende a vedere tutto come noia infinita e non farà mai progressi».
Se un ragazzo le chiedesse: professore, che me ne faccio del tempo, lei che consiglio gli darebbe?
«Deve essere curioso, diventare esperto “del mondo dei vizi del valore” come diceva Ulisse nell’Inferno. E cercare di capire sé stesso: le proprie capacità, i propri orientamenti».
Qual è la parola più bella?
«Amore, forse».
Quale è la scoperta più eccellente?
«Il linguaggio. Ci sono tante teorie sull’origine del linguaggio, molte ne danno l’inizio a 60.000 anni fa. È nato ben dopo i sapiens. Ad un certo punto hanno imparato a parlare e questo ha cambiato enormemente tutto il resto».
C’è una frase della sua infanzia che l’ha guidata?
«Ci sono dei libri che ho letto. Van Loon, che ha scritto Le Vite con la sua menzione della tolleranza. Poi Sherlock Holmes. Diceva di non pensare a quali fossero le soluzioni di un caso finché non aveva tutti gli elementi a disposizione, per non innamorarsi di un’ipotesi. Ecco, per fare ipotesi bisogna prima avere tutto il quadro a disposizione».
La sua definizione di genio?
«È una persona che riesce a vedere le cose in maniera diversa dagli altri. Così può essere anche un pazzo, solo che il genio permette di farne qualcosa di utile».
C’è un modo per misurare o pesare l’etica?
«L’etica sfugge alla misura quantitativa».
Che qualità deve avere uno scienziato oggi?
«Onestà, curiosità e pazienza. Più andiamo avanti col tempo i problemi facili sono stati risolti. Adesso sono rimasti quelli difficili, quindi serve molta più pazienza».
La fisica e le sorti del pianeta.
«Abbiamo bisogno di tecnologie che ci permettano di affrontare il cambiamento climatico ed il problema delle risorse. Dobbiamo muoverci per avere delle fonti di energia non fossili, e degli oggetti più riciclabili possibile. La fisica e le altre scienze sono importanti per evitare di andare verso una catastrofe. La cosa che mi spaventa di più del cambiamento climatico è che renderà certe regioni del pianeta inospitali: lo spostamento di qualche miliardo di persone per questa ragione non è una bazzecola».
Si troverà l’energia pulita capace di risolvere i bisogni del pianeta?
«Il sole ha una quantità enorme di energia. Dobbiamo riuscire a catturarla e a trasformarla per gli usi quotidiani. C’è la fusione nucleare ma con un orizzonte pratico di almeno 50 anni. E poi abbiamo la terra: mandare sottoterra dei tubi che catturano il calore per far girare delle turbine che producono energia elettrica si può fare, come a Larderello. Si deve investire in queste direzioni».
Lei ha due figli che cosa gli dice per vivere saggiamente?
«I genitori non fanno di questi discorsi. Il meglio che possono fare è dare il buon esempio».
Qual è la scoperta più importante di un uomo per l’uomo?
«La solidarietà. Il problema è che spesso manca».
Professore, l’"arma atomica” potrebbero usarla?
«Ero assolutamente convinto che i Russi non sarebbero mai entrati in Ucraina. Poi l’hanno fatto. È difficile sapere cosa c’è nella testa di Putin. La possibilità di usarla chiaramente esiste. Sarebbe per loro uno sbaglio colossale e questo è evidente».
Diciamolo meglio: l’uso dell’atomica è una minaccia o una promessa?
«Spero che sia una minaccia abbaiata. Gli Stati dovrebbero almeno firmare un trattato in cui si impegnano a non utilizzare l’arma atomica per primi».
La deterrenza funziona?
«La deterrenza dipende tutta da quello che si chiama Mutual Assured Destruction, mutua distruzione, però è chiaro che la deterrenza può andare anche a livelli molto bassi, si può abbassare il numero totale di bombe. C’è una promessa fatta, ma non mantenuta: gli stati atomici avrebbero dovuto fare dei negoziati per eliminare completamente le bombe».
L’uomo è cattivo?
«Non so. Qual è il paragone? Gli angeli? Forse è più cattivo degli angeli. Guardi gli animali, non è che siano particolarmente buoni: un gatto che gioca con un topo non dà l’impressione di essere buono».
Che cosa la fa ridere?
«Le cose impreviste».
Cosa la emoziona di più?
«Le emozioni possono venire da tante cose: dalle persone amate, dalla bellezza naturale o di un quadro. Il Manifesto Einstein-Russell del 1955: in qualche passaggio, per me era difficile leggerlo senza emozionarmi».
Conta di più lo studio o il colpo di genio?
«Entrambi. Einstein ha avuto quella che lui chiama “l’intuizione più felice della sua vita” nel 1907. Ci sono voluti 8 anni di lavoro durissimo per poter poi arrivare alla teoria della gravitazione».
La regola di un buon insegnamento?
«Mettersi dal punto di vista delle persone a cui uno insegna. Cercare il più possibile di capire come loro sentono quello che uno dice, cercando di portarli ad un nuovo linguaggio».
C’è una domanda che a cui vorrebbe rispondere e che non le ho fatto?
«No, sono soddisfatto».
In 5 parole chi è davvero Giorgio Parisi?
«Una persona curiosa, non particolarmente cattivo e abbastanza solidale, così dicono quelli che hanno interagito con me».
Tanti dicono anche che lei è un genio.
«Quello lo lascio dire agli altri».