La Stampa, 15 marzo 2023
Englander: «La mia vita con Tom Cruise»
«L’ altra sera, dopo che i piatti erano stati lavati, la macchina del caffè accesa, il cane portato fuori e i bambini messi a letto, mi sono piantato sul divano con il telecomando della tv in una mano e il telefono nell’altra. Sullo schermo più grande ho selezionato Mission: Impossible – Rogue Nation e ho trovato Tom Cruise che penzolava con la punta delle dita da un aereo cargo russo in completo business casual. Ho pensato: sta benissimo lassù – quanti anni ha quel ragazzo dalla presa sovrumana? Scopro che era esattamente dove sono io adesso. Non appeso alla punta delle mie dita, ma a 53 anni appena compiuti. (…) Preso dalle mie riflessioni, ho pensato a come Cruise sia uno dei pochi attori in grado di mantenere la mia – e la nostra – attenzione ininterrottamente da così tanto tempo».
Si apre con queste parole l’editoriale pubblicato qualche giorno fa sul New York Times a firma dello scrittore Nathan Englander, autore di Una cena al centro della terra e più recentemente di kaddish.com. Una lettera aperta ricca di ammirazione per un attore che, più passa il tempo, più guadagna rispetto non solo da parte dell’intera industria cinematografica, ma anche da insospettabili intellettuali, oltre a mantenere saldo l’amore del pubblico. Agli ultimi Oscar, pur candidato in sei categorie, Top Gun Maverick – sequel del film del 1986 – ha vinto solo quello per il miglior suono. La statuetta per miglior film è andata a Everything Everywhere All At Once, nonostante nei giorni prima della cerimonia si fosse sparsa la voce di una possibile vittoria di Maverick. Una speranza alimentata dalle parole che Steven Spielberg: «Hai salvato il culo di Hollywood e probabilmente la distribuzione nelle sale», dice il regista a un imbarazzato Cruise nel video postato su Instagram da Kartiki Gonsalves. «Seriamente. Top Gun: Maverick ha salvato l’intera industria delle sale cinematografiche». Un’opinione condivisa dagli addetti ai lavori e che si fonda nei numeri: uscito a maggio del 2022, ha incassato nel mondo 1,48 miliardi di dollari, undicesimo film di maggior incasso nella storia. Un successo, come scrive Variety, vecchio stile ovvero con persone che sono andate in sala più volte, come si faceva ai tempi in cui i film o si vedevano al cinema o niente: il 16% del pubblico è tornato più di una volta e il 4% è tornato addirittura tre o più volte. Cruise stesso oggi è sinonimo di cinema. Un legame affettivo che coinvolge lui, pubblico e luogo fisico e che Englander spiega bene nel suo articolo. «Molti dei film di Cruise erano così degli eventi che ricordo ancora i cinema in cui li vidi, da The Outsiders (I ragazzi della 56° strada) in gita scolastica a 13 anni a Nato il 4 luglio quando avevo appena 20 anni e stavo viaggiando all’estero. Intorno ai 30 anni ricordo di aver guardato Vanilla Sky in un cinema dell’Upper West Side. In un meta momento, l’auto di Cruise sullo schermo superò di corsa la strada di Manhattan fuori dalla sala dove ero seduto al buio. Quel cinema ha cessato l’attività, scomparendo dalla mia vita come tante altre cose (…). È difficile catalogare tutto quello che è scomparso dal primo Top Gun: cabine telefoniche e gettoni della metropolitana, la maggior parte del Grande Lago Salato in Utah e la figura della star».
Come faccia invece Cruise a esserlo ancora, è la vera domanda: «Ha a che fare con la vanità, qualcosa sull’invecchiare insieme. Cruise offre un modo di vedersi rispecchiato sullo schermo molto più incoraggiante rispetto alla maggior parte delle rappresentazioni iperrealistiche dell’invecchiamento hollywoodiano con cui sono cresciuto», continua lo scrittore. «Maverick parla di un uomo invecchiato, l’unico membro di uno squadrone di piloti ricchi di collagene al loro apice hollywoodiano che ha l’abilità di salvare l’America da – da chi? La tua ipotesi vale quanto la mia. Il nemico non ha bandiera, nessuna etnia, nessuna religione o stile di governo. Sarebbe un classico film sciovinista, ma oggi – come i pranzi scolastici e le noccioline – è privo di eccessivo patriottismo. Il che evidenzia la sua capacità di stare al passo con i tempi. E per me, quella capacità di leggere il momento attuale e di entrare con sicurezza in un ruolo è un modo molto più attraente di rimanere giovane di qualsiasi altra cosa. Più di quella esteriore è la giovinezza interiore che mi fa continuare a guardare, quella solida sicurezza di sé che Cruise continua a offrire. So che stiamo parlando di un personaggio pubblico più che di una persona, ma il folle tipo di certezza che irradia è rassicurante e molto diverso dal terrore interiorizzato e dal dubbio di cui si nutrono gli scrittori di narrativa come me».
Forse è questa la vera gioia nel guardarlo, conclude Englander: «Perché è sempre pronto a partire. In controllo della situazione. Sempre liscio. E non intendo dire in un modo senza rughe, ma in un modo che identifico con una scrittura fluida. Quella fluidità che si ottiene solo dopo anni di duro lavoro. Più invecchio più mi piace interagire con persone che stanno invecchiando insieme a me e che sembrano ancora amare quello che fanno, artisti affamati come lo erano il primo giorno. (…) È l’atteggiamento tutto-o-niente e l’energia apparentemente inesauribile che fanno sembrare Cruise a suo agio mentre sta appeso al lato di un aereo con la tessera della pensione nascosta nei pantaloni. Il suo compito è farlo per noi, per il nostro divertimento». Lo ha ammesso lui per primo, in un discorso ai Producers Guild Awards. «E io ho intenzione di accompagnarlo per il resto della cavalcata».