Il Messaggero, 15 marzo 2023
Ragazzini che non vogliono più mangiare per paure di ingrassare
Giulia Tavilla, 17 anni, genovese, è morta quel maledetto 15 marzo 2011 a pochi giorni dal ricovero. Il suo cuore si è fermato mentre dormiva. Il potassio non era più abbastanza. Soffriva di bulimia, si era ammalata a 12 anni e mezzo. Mangiava e vomitava di continuo. A un mese di distanza dalla morte di Giulia il padre Stefano si è attivato nella speranza di salvare le vite dei figli degli altri. É nata così, il 15 marzo, la Giornata del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. Anoressia e bulimia. Circa tre milioni di persone in Italia, pari al 5% della popolazione. Patologie in crescita, pazienti sempre più giovani. Negli ultimi anni, si è registrato un inquietante abbassamento dell’età di comparsa: fino agli 8-9 anni e all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma gli accessi al pronto soccorso per disturbi del comportamento alimentare nel biennio 2021-22 sono raddoppiati rispetto a quello precedente.
L’Istituto superiore di sanità ha aggiornato la mappa dei centri, 126, dedicati alla cura di queste patologie (iss.it/-/disturbi-della-nutrizione-e-dell-alimentazione-aggiornata-la-mappa-dei-centri).
IL MALESSERE
Tra le possibili spiegazioni del fenomeno, l’abbassamento dell’età puberale delle bambine, il disagio giovanile negli anni della pandemia, ma anche il sempre più diffuso e pervasivo impiego dei social media che presentano spesso, come modelli di bellezza irraggiungibili (anche perché spesso frutto di ritocchini e filtri vari). Anoressia e bulimia possono esporre a complicanze mediche gravi (l’anoressia aumenta il rischio di morte di 5-10 volte, rispetto a persone di pari età e sesso), se non affrontate prontamente da un’équipe multidisciplinare, comprendente psichiatra, pediatra, dietista, psicologo, internista, endocrinologo. E tra i nuovi approcci terapeutici per l’anoressia entra anche la realtà virtuale.
Uno studio italiano pubblicato su International Journal of Environmental Research and Public Health ne evidenzia i benefici sugli adolescenti: favorisce una maggiore partecipazione e aumenta la fiducia dei ragazzi nei confronti di esperienze del mondo reale. «È un mondo complesso quello dei disturbi del comportamento alimentare commenta la professoressa Elisa Fazzi, Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e negli ultimi anni abbiamo osservato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza. Il problema non riguarda più soltanto gli adolescenti, ma anche bambine e bambini in età prepuberale, con conseguenze più gravi sul corpo e sulla mente, sullo sviluppo in genere». «Il lockdown prima e le restrizioni della socialità dopo – spiega la dottoressa Valeria Zanna, responsabile di Anoressia e Disturbi alimentari del Bambino Gesù – hanno fatto da detonatore per un malessere che era spesso già presente, a volte in maniera meno manifesta, a volte di più. Il Covid e la quarantena sono stati sicuramente fattori di accelerazione, ma molte di queste ragazze e di questi ragazzi erano già allenati a mangiare di nascosto, a vomitare non visti in bagno, a vivere di nascosto».
L’INCIDENZA
A soffrire di queste patologie sono l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi. L’incidenza è aumentata del 30% per effetto della pandemia, soprattutto tra i giovanissimi, colpiti 4 volte più che in epoca pre-Covid. «Questi disturbi – aggiunge Elisa Fazzi – sono caratterizzati da un alterato rapporto con il cibo, che si manifesta attraverso una preoccupazione eccessiva rispetto al peso e alla forma del proprio corpo ed esprime una grande sofferenza psichica ed emotiva di cui il soggetto non si rende sempre conto, focalizzando il problema sul cibo. La famiglia e la scuola sono fondamentali nell’individuazione dei primi segnali di rischio». Si tratta di patologie con una forte caratterizzazione di genere dunque, come conferma una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità sui Centri del Servizio Sanitario Nazionale dedicati ai disturbi del comportamento alimentare: su oltre 8000 utenti, il 90% è donna, il 59% ha tra i 13 e 25 anni e il 6% meno di 12 anni. Le diagnosi più rappresentate sono l’anoressia (42,3%), la bulimia (18,2%) e il binge eating (14,6%).
GLI OBBLIGHI
Ma ci sono anche delle new entry, come la ARFID (Avoidant Restrictive Food Intake Disorder), è un disturbo che fa sì che i soggetti mangino pochissimo o evitino alcuni alimenti. Chi ne soffre si limita al consumo di pochi cibi “ammessi”. Derogare a questa regola ferrea è fonte di grave stress. La patologia può portare a perdita di peso, arresto di crescita, problemi di funzionamento sociale. Più tipica invece dei ragazzi è la dismorfia muscolare (o vigoressia) che spopola tra i palestrati e presenta comportamentamenti simili a quelli dell’anoressia e della bulimia: restrizione calorica, regole molto rigide, esercizi estenuanti, corpo muscoloso carico di proteine.