la Repubblica, 15 marzo 2023
Concita De Gregorio rivela: “Ho avuto un tumore”
«Mi piacerebbe avere i miei capelli, non ce li ho più, ho avuto il cancro e ora porto una parrucca». Del suo tumore al seno scoperto un anno fa Concita De Gregorio non aveva parlato mai. Non con il pubblico, non con i lettori, «per non darlo in pasto ai social». Certo con la sua famiglia, gli amici, alcuni colleghi, «chi amo». Lo ha fatto ieri sera per la prima volta aBelve, quando Francesca Fagnani le ha chiesto cosa pensasse di quel giornale, Libero, che qualche giorno fa ha scritto che si era fatta un taglio stile Meloni: «Avrei voluto chiamare il direttore». Perché invece Concita portava una parrucca «che è fichissima, non devi lavarti i capelli, andare dal parrucchiere, fare la tinta e la piega. Però è vero che il corpo cambia. Che dai capelli passa tanto dell’identità pubblica. Che sono un fatto politico, estetico, culturale, identitario. Il drammaturgo Artaud diceva che sono la sede dell’anima. Però se per curarti devi perderli va bene. Morire è peggio».
Di parlarne ora non lo aveva programmato, dopo 13 mesi in cui ha scelto di proteggersi. «Mi sono detta “aspetta”. Aspetta di essere dritta, forte per sostenere lo sguardo di chi ti vede malata. Uno sguardo compassionevole, dolente, che ci torna indietro come in uno specchio». Fa parte di quella che De Gregoriochiama «cultura della competizione» vedere la malattia come undifetto «di cui un po’ ti vergogni, un po’ ti senti in colpa, un po’ ti spaventa e un po’ spaventa gli altri. Ma la malattia ti capita, non hai colpa. E soprattutto non sei un malato, sei una persona che ha anche una malattia. Un problema, un dolore della vita ma non è tutta la vita. È chiaro che io ce l’ho in mente tutto il tempo ma si può continuare a vivere nei limiti del possibile facendo quel che si è sempre fatto». Per non farsi mangiare il tempo proprio quando il tempo non sembra più infinito. Per «trarre energia, forza, bellezza, per sopportare un anno difficile, il corpo mutilato, le sopracciglia e i capelli che vanno via, la terapia dolorosa e pesante».
Poi è arrivato un momento, preciso e privato, dopo il quale De Gregorio ha deciso che poteva farlo, parlarne agli altri. «Prima dovevo raccontarlo a mio figlio, il più piccolo, che vive in Australia. È difficile al telefono, dall’altro capo del mondo, dirgli “ho il cancro”. Si spaventa a morte, non ti vede, non sa come stai, non sa se sopravvivi. Appena sono stata un po’ meglio ho detto ai medici “fatemi andare, ho fiducia assoluta nella medicina, la chemio mi fa benissimo, ma anche vederlomi farà benissimo”. E sono andata, con la mia famiglia, a Natale. A gennaio mi son detta “ok, ora si può dire”». Si può mostrare in pubblico anche la propria fragilità «senza far finta di essere supereroi quando non lo siamo, rifiutando quest’epica che ci vuole sani, perfettamente funzionanti, combattivi. Tutti abbiamo invece un danno da qualche parte: emotivo, fisico, familiare. Dobbiamo ritrovare posto per la fragilità e dargli casa. Non parlare di guerrieri. Il cancro non è un nemico per cui quelli bravi lo sconfiggono e quelli meno bravi no. Decide lui».
Ora lei, De Gregorio, del tumore ne parla (quasi) al passato perché «ho tolto tutto, ma non si può mai parlare completamente al passato perché è come un inquilino che va via dalla stanza ma lascia lì qualche vestito e hai sempre paura che torni a prenderlo». Quell’inquilino lo ha scoperto un giorno di febbraio 2022, dopo tre anni di mancati controlli «perché non solo era impossibile farli per il Covid ma tutti eravamo concentrati sull’emergenza e ci siamo scordati del resto». Da lì è partito un percorso di cura tutto pubblico al policlinico Gemelli di Roma, operata dal primario Riccardo Masetti, poi la chemio nello stanzone del day hospital, le terapie integrate «che mettono davanti la persona e dietro la malattia», tra una psicologa, un nutrizionista, l’agopuntura, la riflessologia plantare, un tatuatore per disegnarsi, volendo, le sopracciglia. «Un luogo di eccellenza che ha cura e attenzione per tutti, che se non fosse il tumore la ragione per cui ci vai, ci vorresti andare. Si parla sempre del disastro della sanità perché non ci si investe, ma è una cosa prodigiosa. Dovremmo ricordarcelo, perché tra una sanità che funziona e una che non funziona c’è di mezzo la vita». E ora che la vita va avanti, dice De Gregorio, «non vedo l’ora che finisca la stagione televisiva per andare al mare con i miei capelli corti. Cortissimi».