Corriere della Sera, 14 marzo 2023
Intervista ad Alberto Tomba
A lberto Tomba, domani ricorrono i 25 anni dal suo ritiro e la Rai dedicherà un documentario al campione ma anche a un personaggio che nel 2016 è stato la prima «materia vivente» del Rischiatutto: era lei, nel remake di Fabio Fazio della trasmissione di Mike Bongiorno, a fare le domande sulla sua carriera.
«Già passati 7 anni e oltre 40 dal Rischiatutto di Mike Bongiorno? Caspita... È vero, non ci sono stati altri in quella situazione: è un bel ricordo, anche nel nome di Mike che amava lo sci».
Il cognome «cimiteriale» le ha mai dato problemi?
«Qualcuno a scuola sì. Si fanno battutine: nel mio caso, silenzio di tomba, pietra tombale, bara, sepolcro... Avrei potuto vederlo come una forma di bullismo, ma non ci davo peso».
Come mai usa spesso i giochi di parole?
«Per istinto: a scuola andavo bene in geografia e nelle rime. Però la mia specialità sono anche i numeri. Ho salutato le vittorie con cifre e con calembour. Calgary è nell’Alberta, poi è venuta Albertville; un posto più un altro fanno i due ori in Canada... Quindi partivano le filastrocche: non c’è il due senza il tre, la quarta vien da sé, la quinta è già vinta, la sesta è una festa».
Aveva un fascino magnetico: come mai?
«Si può spiegare così: estroverso, bolognese, con la faccia diversa dai montanari che hanno le piste sotto casa. E poi: amore e odio, due opposti che hanno segnato la mia carriera».
Ricorda la prima volta sugli sci?
«No. Avrò avuto 7 anni, o forse 5, ma non rammento nulla. Non immaginavo però di arrivare a certi livelli, tutto è andato oltre i sogni: pensavo di arrivare ai Giochi, ma non di vincerli e men che meno di conquistare tre ori».
La Shiffrin ha superato il record di 86 vittorie di Stenmark. Ma Ingemar, nel renderle omaggio, ha precisato che nessuno scalfirà quello che lui ha fatto.
«Mikaela arriverà a 100 e oltre, ma Ingo ha ragione: il più grande di tutti i tempi non esiste; esistono tanti grandi in più epoche».
Quando le ricordano che il Festival di Sanremo si è fermato per il suo secondo oro di Calgary prova orgoglio o le viene da sorridere?
«Sarebbe da fermare il Festival di oggi. Invece hanno fermato quello degli anni belli».
È vera la storia che nella casupola dello start battè la spalla a Girardelli e gli disse «se non vai forte arrivo io e ti sorpasso»?
«No, è andata così. Si era ai Giochi di Albertville, eravamo io primo e lui secondo. Gli dissi: “Marc, qui c’è una ragazza; ti emozioni e non vai più bene”. E lui: “Vale pure per te”. Uno sketch prima della gara».
Quanti ne ha messi in soggezione psicologica?
«Tanti. Una volta alla prima porta sento “stop, stop, stop” e mi fermo. Stangassinger era in testa, ma alla fine ho vinto io, sotto la pioggia. A Lech commisi un errore, persi 2 secondi però rimontai e li battei tutti. Mi subivano? Forse sì».
Alberto era «Tomba la Bomba».
«Mi chiamò così Patrick Lang, figlio dell’inventore della Coppa del Mondo. Magari a suo tempo poteva starci, oggi con le bombe vere che riempiono le cronache di guerra è meglio lasciar perdere. Peraltro c’è sempre il resto del campionario di soprannomi: Albertone, Albert-One, la Albertite».
Diceva che quelli della Federazione Internazionale la osteggiavano: Tomba dava fastidio?
«Forse hanno preferito che vincessero Girardelli e Zurbriggen piuttosto che un bolognese cittadino. Io ho portato l’audience ed è cambiato tutto. Mi hanno fatto i complimenti, ma quando ho smesso molti erano contenti».
Lei e Bode Miller siete stati, e siete ancora, popolari come pochi. Come mai?
«Perché eravamo diversi. Bode più di me: lo vedevi in giro a ballare e a bere birra. Del resto uno che ha attaccato la medaglia d’oro allo sciacquone del gabinetto è come minimo originale».
Crede che il successo sia legato all’immagine da «macho italiano»?
«Sì: essere un sex symbol aiuta, ma poi devi anche essere vincente».
Quante ragazze ha avuto?
«Sul piano affettivo poche, ma ne ho conosciute parecchie. Sì, certo, si avvicinavano prima di tutto perché ero famoso: non è facile tenere i conti... Comunque, altri tempi, ma il corteggiamento era più bello una volta».
Con Martina Colombari non era possibile fare pace?
«Mica abbiamo litigato... Eravamo entrambi giovani: è stata una storia ed è finita. Succede».
Una storia importante.
«Sì: Cristina prima, poi Martina, Janina che era Miss Finlandia... Tutte che finivano in “ina”. Be’, ne ho nascoste tante: una volta non c’era, come oggi, la privacy a tutelare».
Tomba resterà single oppure no?
«Resto... simple» (risata).
Un «tombino» o una «tombina» un giorno arriveranno?
«Guardate, un tombino l’ho appena preso con il cerchione della macchina... Vabbé, ho capito che cosa volete dire: ci penserò su».
Qual è l’ultima volta che s’è innamorato?
La prima volta sugli sci
Avrò avuto sette anni, forse cinque, non ricordo nulla. L’unica cosa certa è che non immaginavo di arrivare a questi livelli, tutto è andato ben oltre i sogni
«Dopo i 50 è dura: parliamo di anni fa».
Qualche ipercritico sostiene che lei è troppo legato alla mamma.
«È ovvio che sia così e comunque non è troppo. Già a 15 anni ero in giro per il mondo, lei era in pensiero: la chiamavo dalle cabine telefoniche o dalle stanze d’albergo. E quando partivo mi dava la pasta, l’olio, il parmigiano: ci teneva, invece mio padre era burbero e “selvaggio”».
Il famoso bacio a sua sorella dopo l’ultima vittoria, a Crans Montana: tanti rimasero colpiti dall’intensità di quel gesto.
«Ad Alessia ero molto legato. Oggi che ha un figlio ci vediamo un po’ di meno, ma faccio lo zio e rispolvero i bei ricordi».
Un’altra leggenda vuole che lei abbia quasi mancato una gara perché s’era intrattenuto a lungo con una ragazza.
«È una cavolata. Si era a Chamonix, non volevo fare la gara perché il giorno prima mi ero fatto male giocando a squash. Ero con Martina e le dissi: “Domani non corro”. Poi ci ho ripensato. Comunque ho dormito solo mezz’ora in più».
C’è un aspetto del carattere che non è ancora emerso?
«La timidezza. Ma quando ho raggiunto il successo due cose le ho dovute dire: non potevo stare zitto come i montanari. Così sparavo la battutina o la cazzata».
La vicenda della coppa lanciata dal podio al fotografo Martinuzzi che aveva venduto immagini del Tomba nudo in sauna: lo rifarebbe?
«L’ho colpito a un dito. Non lo rifarei in pubblico, magari aspetterei Carnevale, mi metterei in maschera e andrei a casa sua. Mi spiace aver agito così, ma una vigliaccata del genere non me l’aspettavo e mi ha creato problemi. Lui poi si faceva sempre vedere: per quattro volte sono stato buono, alla quinta provocazione mi è cascata la catena».
I paparazzi li ha pure menati.
«Erano assillanti. E non sono stato l’unico che ha avuto duri screzi: chiedete alla gente dello spettacolo».
La vicenda della frode fiscale: l’hanno «spettacolarizzata» perché di mezzo c’era un personaggio popolare?
«Se sei sul gradino più alto è maggiore il vento. E sei sempre condannato. Ma nel 2002 mi hanno assolto. Non gestivo io, io pensavo solo a sciare».
Perché non ha convocato una conferenza stampa per annunciare il ritiro?
«Sarebbe stato un evento triste. Un saluto alla Totti, con magone e lacrime? Assolutamente no. I pianti li ho fatti per i cavoli miei, ecco il mio carattere riservato».
Quante volte ha pensato di tornare?
«La voglia è stata forte in occasione dei Giochi di Torino: ma ero già quarantenne. Insomma, due stagioni in più, dopo che avevo chiuso a 31 anni, avrei potuto farle».
Non è pentito di non essere diventato tecnico?
«No. Stenmark o altri campioni hanno forse allenato? Alzatacce, viaggi, sbattimenti: avevo già dato».
Come vede i grandi dello sci di oggi?
«Marco Odermatt è una belva: mi ricorda Hermann Maier. È il nuovo Terminator: sciata elegante, aggressiva. Uno svizzero così mancava dai tempi di Zurbriggen».
Sul fronte italiano dobbiamo dire «le grandi»: Bassino, Brignone, Curtoni, Goggia, in ordine alfabetico.
«Dico brave a tutte: le voglio vedere fino ai Giochi 2026. Ciascuna ha caratteristiche diverse dalle altre».
Teme che nel tempo ci si dimentichi di Alberto Tomba?
«C’è chi mi dice: ti ricorderemo sempre. Per ora è vero e mi commuovo per l’affetto che mi riservano: adesso capisco quanto ho combinato».
Tomba amava la ribalta o era la ribalta che andava da Tomba?
«Entrambe le cose. I 20 mila tifosi sugli spalti non mi davano pressione, semmai mi caricavano».
Ha avuto più amici o nemici?
«Dico 70% amici e 30% nemici».
Lei vinceva ridendo. Oggi accade di meno.
«Viviamo anche in tempi più difficili, il nuovo millennio è un disastro. Rimpiango gli anni 80 e 90».
Si sta dedicando allo sci-alpinismo: come mai?
«Perché servono due ore per salire e bastano due minuti per scendere. Affascinante».
Gioele Dix la imitava: le dava fastidio?
«Gioele è stato a casa mia. Lo sfottò lo accettavo, non mi andava invece il “bella gnocca”, perché io dicevo semmai “bella bimba”. Lo sapete che quando incontravo i ragazzini partiva proprio il “bella gnocca”? Diseducativo».