Corriere della Sera, 14 marzo 2023
intervista a Leo Gassmann
Figlio e nipote d’arte, un cognome per lo meno ingombrante, i primi passi a X Factor, un Sanremo Giovani da vincitore, l’ultimo Festival concluso nelle retrovie (18° posto), Leo Gassmann è un 24enne che non riesce a stare fermo: «Sono entrato all’Accademia di Santa Cecilia a 9 anni per studiare chitarra: la mattina sui banchi di scuola e il pomeriggio al conservatorio, contemporaneamente ho sempre praticato sport agonistici, almeno due insieme: arti marziali per 14 anni, nuoto per 9. E poi canottaggio e rugby. Sono sempre stato stra-impegnato su duemila cose. Io sono fatto così: se mi fermo sul divano sto male; se vado alla spa mi stresso; se dormo al pomeriggio ho paura di aver perso del tempo».
La vacanza la deprime?
«Un po’ sì, mi mette ansia, sto sempre a mille... giro con il furgone, guido come un matto, metto al tenda, smonto la tenda, faccio surf, corro, suono: non riesco a stare fermo».
PUBBLICITÀLa prima chitarra a 7 anni: vocazione o imposizione?
«Me la regalò mamma e mi venne naturale imparare a suonarla. Ho fatto l’Accademia per 5 anni, ma in prima liceo ho lasciato: mi sentivo soffocare, era un esame ogni giorno, in fondo ero solo un bambino».
Però non ha mai smesso...
«Quando i miei amici facevano serata in discoteca, io andavo a suonare per strada. Roma di notte in centro si svuota, all’1 mi mettevo sotto gli ombrelloni dei ristoranti chiusi al Pantheon, o a piazza Navona. Suonavo per me, non per gli altri».
Mai raccolto soldi per strada?
«Beh sì, di giorno tiravo su 50/60 euro, ma non avevo neanche il permesso. Anche a Milano sui Navigli l’ho fatto, ma era per conquistare una ragazza... funzionò».
Laurea all’università di Roma: i suoi ci tenevano agli studi?
«Tantissimo. Volevano che mi laureassi forse anche perché loro non ci erano riusciti: mamma ha lasciato quando le mancavano pochi esami, papà ha iniziato a lavorare subito e nemmeno mio nonno era laureato. Ma non mi hanno forzato. La laurea è una fortuna, non tutti hanno la possibilità di studiare e io questo l’ho capito: è stupido perdere un’occasione così. L’istruzione dovrebbe essere alla portata di tutti: è bello studiare, ti apre gli orizzonti».
Alessandro Gassmann e Sabrina Knaflitz, entrambi attori: cosa le hanno insegnato i suoi genitori?
«Mio padre mi ha trasmesso il rispetto per le regole e il senso del sacrificio. Io e papà siamo molto simili nel modo in cui concepiamo il lavoro, non l’ho mai visto fermo da quando sono bambino, neanche il fine settimana, è una macchina da guerra».
E sua madre?
«Mamma mi ha insegnato la dolcezza, l’empatia. E la tranquillità. Se fossi cresciuto solo con papà sarei sempre a mille. Mamma mi calma, mi ha trasmesso serenità, non mi ha mai messo i bastoni tra le ruote, infatti è il motivo per il quale io ho sempre avvisato lei per prima sulle decisioni che volevo prendere, da X Factor a Sanremo. Ha sacrificato anche parte della sua vita per dedicare del tempo a me: non è mai mancata a nessuna recita scolastica, veniva a tutti i concerti, era in platea al provino di X Factor».
Suo papà non c’era?
«Lui non c’è mai stato, lavorava tanto e poi nelle situazioni pubbliche non voleva farsi vedere, non voleva smuovere niente, voleva che ottenessi i miei risultati da solo. Esserci sarebbe stato contro le regole della famiglia: costruirci da soli. Non riuscirei a dormire tranquillo se non fossi certo che mi sono meritato da solo quello che ho raggiunto. Preferisco inalare l’ultimo respiro su una piccola collina piuttosto che su una montagna che non so chi ha costruito».
Quanto pesa il cognome?«Ognuno nella vita deve combattere contre pregiudizi o stereotipi, io ho avuto quello del cognome. Forse per questo mi sono messo sempre molto alla prova, in gare dove dovevo dimostrare di essere all’altezza, come XF e Sanremo. Poi certo, so che ci sarà sempre qualcuno che penserà: hai vinto perché sei raccomandato; perdi perché non vali un cazzo».
Quante porte in faccia ha avuto?
«Un botto. Una bella forte dopo Sanremo 2020, avevo vinto e mi aspettavo di poter andare nei big: il fatto di non essere preso mi fece male. Amadeus però aveva ragione. Dopo l’ho capito...».
Cos’è la musica per lei?
«La mia strada è la ricerca della felicità e penso che sia così per tutti. La musica è la passione che mi aiuta a trovarla. La mia strada sono le persone che incontro, le esperienze che faccio e la musica è il mio modo principale di esprimermi».
E qual è l’utopia che la muove nel fare musica?
«Io cerco di portare un sorriso. Io ci sono per le persone che non hanno ancora capito cosa vorrebbero fare, propongo qualcosa di genuino, che viene dal cuore e spero possa essere di ispirazione per chi verrà dopo. Sono consapevole che probabilmente non sarò mai il numero uno ma posso arrivare a persone che magari un giorno lo saranno e se attraverso una canzone, una parola in un’intervista, riesco ad arrivare ai loro cuori e trasmettere qualcosa io farò parte di una rivoluzione. La musica fa questo: porta un messaggio ai cuori delle persone, loro lo fanno fiorire e diventa qualcosa di immenso. Penso sia importante trasmettere valori positivi alle persone che ti seguono, perché i fan incalliti sono disposti a morire per un artista. C’è grande differenza se uno ti dice di drogarti o di annaffiare una pianta».
Il più bel ricordo dell’ultimo Sanremo?
«I miei amici. Ne ho tanti sparsi in Italia, conosciuti in vari viaggi, sono tutti cantautori e avevo il desiderio che si incontrassero. Sono arrivati in 30: ogni sera venivano in albergo a sostenermi, prima e dopo l’esibizione. Qual è il senso della vita se conquisti qualcosa di grande e poi non c’è qualcuno alle spalle con cui condividerlo?».
L’incontro più folle?
«A Londra con la band Will & The People con cui abbiamo fatto insieme brano Without You: mi davano da mangiare toast con burro e patatine in busta schiacciate dentro, palle di pesce su piatti sporchi del giorno prima, e tanto tanto alcool».
I suoi modelli?
«Bennato mi prende in giro, mi ha chiesto a chi mi ispiravo e io ho risposto: Battisti, Dalla, Rino Gaetano e anche te, Edoardo... Lui era perplesso: sai che io sono l’unico ancora vivo?».
Su Google cercano la sua fidanzata...
«Sono single. Sono selettivo, prima di aprirmi ci metto un sacco».