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 2023  marzo 14 Martedì calendario

La paura dello sporco

Solo gli amici più intimi conoscono Simona Nuvolari. Si sa che vive a Roma, in un rifugio protetto dalle intrusioni. Non è neppure sui social, una rinuncia che è oggi segno di appartenenza a una nuova aristocrazia intellettuale che non vuole seccature. È dunque con grande coraggio che una sconosciuta ha pubblicato un libro d’esordio sterminato, scritto nel corso di trent’anni pieni di ripensamenti e di inutili tentativi di tagliare il tagliabile. Ma i libri hanno spesso una loro vita che non dipende dall’autore, e ne guidano la mano. È andata così anche per Una lotta impari (Rizzoli, 516 pagine), un romanzo che pare un sasso gettato nello stagno: al primo cerchio ne seguono altri, sempre più numerosi e sempre più ampi, e si ha l’impressione che il racconto potrebbe durare all’infinito, tanti sono i temi di cui tratta.
LA FAMIGLIA
Marta, la protagonista, è affetta da un disturbo ossessivo compulsivo: non fa che lavarsi e rilavarsi le mani, pulire con l’alcol ogni superficie ed evitare i contatti fisici con altre persone. La sua lotta con uno scarafaggio in cucina è il racconto di una vera e propria battaglia, il pavimento della sua auto è pieno di cartacce e oggetti mai raccolti per non contaminarsi, la quantità di guanti di lattice usati è enorme, l’immigrato che chiede una moneta dopo avere lavato il parabrezza al semaforo è una fonte di contaminazione da evitare. Questa paranoia igienista è tollerata malvolentieri in casa dal marito, ma è insopportabile per i figli.
LA PANDEMIA
Fuori casa, Marta cerca di nascondere il suo problema ricorrendo all’astuzia e all’inventiva, e citazioni letterarie e riflessioni l’aiutano a giustificare le proprie fobie. Il libro scorre come un grande fiume, avvalendosi di una scrittura di grande qualità che segue modalità diverse: il racconto, il diario, il saggio e la cronaca nell’appendice finale. Nei punti in cui la protagonista diventa l’io narrante viene usato il corsivo. Nuvolari ha cominciato a scrivere il libro nel 1993 e l’ha terminato nel 2019, ma poi c’è stata l’epidemia di Covid che ha reso obbligatoria l’aggiunta di un epilogo: la storia di una donna che si lava le mani in continuazione ed evita i contatti con gli altri sentendosi per questo strana e colpevole, trova la sua rivincita in un mondo nel quale all’improvviso tutti si lavano le mani più volte al giorno ed evitano il contatto con gli altri, rendendo normale quella che prima era classificata come una patologia.
L’ossessione per la pulizia di Marta è in fondo un suo modo per tenersi lontana da un mondo che non riconosce come suo e che non ha la forza di cambiare. La scuola e l’insegnamento religioso sono strumenti che impongono modelli sociali nei quali non può identificarsi e che in ogni caso servono a ben poco per alleviare il suo dolore. Nel percorso alla ricerca di spiegazioni su quello che le accade, Marta riconosce il fallimento della psicoanalisi alla quale si è sottoposta e cerca la soluzione in una serie di interessanti teorie non psicoanalitiche.
MORALE COLLETTIVA
Soprattutto nei lavori di Mary Douglas, un’antropologa inglese nata a Sanremo le cui teorie suscitarono interesse e scalpore fin dal suo primo libro pubblicato nel 1966, Purezza e pericolo. Douglas aveva studiato tra le altre anche la popolazione Lele della Repubblica Democratica del Congo, stabilendo una connessione tra le norme adottate dalla tribù e le prescrizioni alimentari che Yahweh prescrive agli ebrei nell’Antico testamento. Non è in discussione solo l’igiene dell’accampamento: quello che si può accettare o non accettare segna i confini di una morale collettiva e di un ordine sociale.
L’INADEGUATEZZA
Simona Nuvolari ha ammesso che il suo romanzo ha chiaramente una ispirazione autobiografica e forse anche lei condivide l’orrore di Marta per i cimiteri, gli ospedali, gli studi medici che sembrano immacolati e sono pieni di germi e batteri portati da pazienti malati che toccano le sedie e le maniglie. Lo sporco ci circonda, e la “lotta impari” è quella che dovremmo fare per eliminarlo o starne alla larga. Le città sono sporche, il nostro modo di produrre energia è sporco, il nostro stesso modo di vivere è sporco. I cerchi del sasso lanciato nello stagno si allargano sempre più e presto scopriamo che la storia di Marta è solo un espediente narrativo: il suo malessere personale riflette problemi sociali di grande importanza e tocca le corde dei nostri sensi di colpa e di inadeguatezza.
L’ASSOLUZIONE
Quello che possiamo fare con le nostre sole forze per eliminare lo sporco dal mondo non sarà mai risolutivo, e Marta si domanda: io sono così, ma gli altri come sono? Spediamo lo sporco nei Paesi poveri, lo nascondiamo sotto il tappeto, lo lasciamo nelle strade delle città. Tra i molti autori citati da Nuvolari (Nietzsche, Majakovsckij, Freud, Singer, Greene, Pavese, Calvino, Giovenale, Tucidide e Lucrezio, tra gli altri) c’è pure Camus, che nella Peste scriveva che anche se non vorremmo, e anche se stiamo attenti, contribuiamo a provocare la sofferenza e la morte altrui. Non basta dunque pensare di non averlo voluto per assolverci. Un romanzo ha tutti i sensi che i lettori riescono a trovargli, ha detto Simona Nuvolari. E nel suo felice e immenso lavoro se ne trovano a volontà.