il Fatto Quotidiano, 14 marzo 2023
La Resistenza di Calvino
“Avevo un paesaggio. Ma per poterlo rappresentare occorreva che esso diventasse secondario rispetto a qualcos’altro: a delle persone, a delle storie. La Resistenza rappresentò la fusione tra paesaggio e persone”. Il paesaggio è il Ponente ligure. A scrivere è Italo Calvino (1923-1985). Il brano è preso dalla sua prefazione del giugno 1964 a una nuova edizione de Il sentiero dei nidi di ragno, il suo primo romanzo, il romanzo della Resistenza, uscito da Einaudi nel 1947. Cesare Pavese osservò nelle note editoriali: “È senza dubbio il primo racconto che a mio parere faccia poesia dell’esperienza partigiana, e ciò per virtù anzitutto del punto di vista – l’avventura del ragazzo”.
Quel paesaggio, la Liguria ponentina, sarebbe stata la materia viva dei romanzi di Guido Hess Seborga, Elio Lanteri, Francesco Biamonti, Nico Orengo, Marino Magliani. Ma a raccontarla per primo, attraverso il suo partigianato nella brigata Garibaldi “Felice Cascione” col nome di battaglia di “Santiago”, fu Calvino. Non il Ponente turistico, ma colto tra le fasce “di vigna e d’oliveto”, le “mulattiere sopra i dossi gerbidi”, i “boschi di pini, poi i castagni”, i sentieri dei passeur. Ora è al centro del libro di Daniela Cassini e Sarah Clarke Loiacono, in uscita con Fusta Editore, che s’intitola Italo Calvino, il partigiano Santiago. Il saggio ricostruisce a più voci, e varie testimonianze, oltre agli articoli resistenziali di Italo e di alcuni inediti, l’impegno antifascista dello scrittore nato, appunto, a Santiago di Cuba da famiglia sanremese. “A cento anni dalla nascita dello scrittore”, spiegano Cassini e Clarke Loiacono, “disegniamo una trama intorno a quella esperienza vitale della Resistenza che si svolse nei suoi boschi e nel suo paesaggio e che poi lo accompagnerà per sempre, come dimostrano tutte le sue opere. Vogliamo parlare con le sue parole perfette, la sua capacità di cogliere il reale e la visione insieme, nella ricerca costante del senso ‘di ciò che appare e scompare’. Scrittore etico, intellettuale ‘politico’, militante del dubbio e della continua proiezione verso un cambiamento possibile. Sperimentatore, innovatore, anticipatore, Calvino inizia il suo viaggio di uomo e di scrittore dalla narrazione non agiografica di quella ‘epopea dell’esercito scalzo’ che lo àncora all’appartenenza a ideali e valori della Resistenza”.
Le autrici propongono poi un’appendice di carte inedite. Sono i documenti calviniani – racconti autografi e copie dattiloscritte, lettere di amici, ecc. – conservati dalla poetessa e partigiana Lina Meiffret (alla quale Cassini e Clarke Loiacono hanno già dedicato un libro), e adesso nell’Archivio Giacometti-Loiacono. Tra questi c’è “un racconto mutilo, senza firma dell’autore, dal titolo Visita medica, che si può attribuire con una certa dose di azzardo a Italo Calvino per alcune sue caratteristiche (non in ultimo, il fatto che era stato conservato da Lina Meiffret nel medesimo fascicolo in cui vi erano gli altri tre racconti)”.
Visita medica, mai pubblicato finora, ha come protagonisti un imboscato, un soldato reduce dal fronte e una ragazza incinta. Lo scenario descritto dal soldato che narra è quello delle ultime fasi della seconda guerra mondiale: “Avevo attraversato il quartiere più sconvolto dalle bombe. La Casa del Fascio era rimasta in piedi e ammiccava alle rovine con le sue strette pupille vuote, ma è sempre prepotente sguaiata nella sua sagoma larga, d’un rossiccio pacchiano. Ricordai Nino che era stato in galera e che se passava di lì scrutava con rabbia e si toccava in basso… Ero uscito per cercare una donna e già me ne era passata la voglia. Ne avevo distinta una, prostituta di fame, dalle gambe aperte e sconquassate, grande come tutta la miseria e la presunzione della mia gente, meschina e compassionevole”.
Nell’archivio Giacometti-Loiacono sono depositati, tra gli altri materiali, “un racconto autografo di Italo Calvino, con firma in calce, unico esemplare conservato (non se ne conoscono copie, dal titolo Radura, che poi sarà conosciuto come Andato al comando (1946). Questo racconto resistenziale è stato studiato e pubblicato (ma non sono state edite, però, le tavole del documento) nella rivista Per Leggere in un articolo di Francesca Latini”. Segue “un racconto autobiografico di Calvino, copia dattiloscritta non pubblicata nella rivista di cui sopra, con firma in calce dell’autore, dal titolo Angoscia in caserma (1945), e un racconto autobiografico di Calvino, copia dattiloscritta non pubblicata nella rivista, con firma in calce dello scrittore, dal titolo La stessa cosa del sangue (1945)”.