Corriere della Sera, 12 marzo 2023
Intervista a Marc Marquez
Nei test di Portimao, la pista dove il 26 marzo si terrà la prima gara della MotoGp, Bagnaia e le Ducati hanno dettato legge. Marc Marquez rincorre, 14°, la Honda è in difficoltà. Per lui sarà l’anno della verità dopo un calvario di incidenti e interventi chirurgici. Dai collaudi esce «con tanto lavoro da fare: non siamo vicini ai primi ma è inutile farsi venire il sangue amaro. Meglio restare concentrati, comunque vedo passi avanti».Quanto si sente competitivo?
«La risposta nelle prime 4-5 gare. Ma ho già dei riferimenti. Quest’inverno sono tornato ai livelli di prima, ora manca il passo finale: migliorare il rendimento nella corsa».
Una stagione lunghissima, 21 gare e Sprint Race al sabato. Teme lo stress fisico?
«Sto bene, ho notato grandi progressi. Il cambio di format però sarà molto più intenso, non si potrà sbagliare nulla nella preparazione».
Un pilota può cambiare stile di guida, lei quanto ha dovuto farlo dopo l’incidente?
«Sì, si può nel caso di debba fare i conti con una limitazione fisica. Ma per rendere al massimo devi guidare in modo naturale. In questi due anni con le limitazioni al braccio ho dovuto adeguarmi. Dovevo essere più “pulito”, ma ero meno efficace. Funzionava soltanto su alcuni circuiti. Il pilota deve adattarsi, ma arriva il punto in cui la moto va adattata al proprio stile perché tutto sia naturale».
Aveva pensato di ritirarsi. Come ha vissuto quel momento?
«Sì, e mi viene ancora da piangere a pensarci. Ne avevo parlato per un mese con mio padre, con il mio amico-assistente Josè, era una delle possibilità. Ma essendo un atleta e una persona ambiziosa, ho cercato un’ultima chance. Con la quarta operazione (al braccio destro ndr)».
Come è stato affrontarla?
«Per fortuna la qualità della mia vita è migliorata tantissimo, anche professionalmente».
Lo ha raccontato nella serie tv «All In» su Prime Video. Ha pianto davanti alle telecamere, che cosa non rifarebbe del Marquez prima?
«Mi sono pentito di alcune cose, ho imparato la lezione. Non ho rispettato l’infortunio. Si prendono decisioni rischiose: a volte vanno bene, altre male. È andata male».
Nel motociclismo il pilota che guida con le ossa rotte è figlio di una certa cultura. Quanto ha influito questo?
La rivalità con Rossi
Fra noi c’è stato
un prima e un dopo
Magari fra vent’anni
torneremo a parlarci...
«Sì, il motociclismo è sempre stato “epico”, voleva i supereroi. Quante volte abbiamo visto piloti tornare in sella 24 ore dopo un intervento? Se va tutto bene si prendono applausi. Sennò, come nel mio caso nel quale ho scelto di tornare subito a correre (a Jerez nel 2020, pochi giorni dalla prima operazione ndr), ti prendi le conseguenze. Ma sono stato anche sfortunato».
Perché?
«Perché sono arrivate un’infezione e poi la rottura dell’omero. Non potevo fare nulla se non cercare di adattarmi».
Quindi alla fine si sente fortunato?
«Sì, ho passato momenti duri, capita a tutti, ma resto un privilegiato. Vivo della mia passione».
Vincere il titolo è un obiettivo possibile?
«Dura, ma è l’obiettivo, sempre».
Impressionato dalla Ducati?
«Hanno iniziato a fare un grande lavoro dal 2018. Il titolo era solo questione di tempo. Non soltanto Bagnaia, ma le altre Ducati sono sempre in alto. È una sveglia per gli altri costruttori: imparare, migliorare, studiare».
Valentino Rossi è stato il più grande rivale che ha affrontato?
«È stato parte della mia carriera, insieme a Jorge Lorenzo e Pedrosa con i quali abbiamo avuto bei duelli. La battaglia con lui però è stata di un’altra intensità, di una magnitudine molto grande. C’è stato un prima e un dopo fra noi».
Se lo immagina un altro dopo: voi due seduti attorno a un tavolo a parlare, le piacerebbe?
«Mai dire mai. Non succederà domani, ma magari fra 20-30 anni chissà...».