Corriere della Sera, 12 marzo 2023
Intervista a Joe Tacopina, l’avvocato italo-americano che difende Trump
«Dobbiamo trattare tutti senza favoritismi né pregiudizi», ci dice Joe Tacopina in un incontro nel suo ufficio di Manhattan. «Nei casi in cui rappresento Trump, lo faccio perché è stato trattato ingiustamente, che Trump ci piaccia o no». A gennaio l’avvocato italo-americano Tacopina si è unito al team dei legali del tycoon. Da allora riceve mail di due tipi: «Grazie perché stai salvando il nostro presidente» oppure «Trump è un bastardo e anche tu». «Come avvocato non rappresenti sempre le figure più popolari e Trump è polarizzante – spiega —. Ma non sono un avvocato politico, non voglio rappresentare solo gente di destra o di sinistra». Sul tavolo tiene un premio che gli è stato consegnato dal reverendo afroamericano Al Sharpton per aver lottato per la riforma del sistema giudiziario per i più deboli.
Da circa trent’anni, Tacopina è noto per i successi in casi d’alto profilo e controversi: tra i più citati Michael Jackson, Joran van der Sloot, Amanda Knox, Chico Forti, i rapper Meek Mill e A$AP Rocky. In Italia è noto come l’uomo che ha portato i soldi americani nel calcio: è stato vicepresidente della Roma, presidente del Bologna, del Venezia e ora della Spal. Racconta con orgoglio di essere il primo presidente di squadre promosse per tre anni di fila (il Bologna dalla serie B alla A e, nei due anni successivi, il Venezia dalla D alla B). È stato pure nominato Cavaliere di San Marco.
Questo weekend i giornali americani scrivevano che Tacopina era in Florida per discutere del caso dell’attrice porno Stormy Daniels. Trump è stato invitato dal procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg a testimoniare davanti al grand jury che indaga sull’accusa di pagamenti fatti nel 2016 dal suo ex avvocato Cohen alla donna, per farla tacere su un incontro sessuale, il che potrebbe indicare la volontà di incriminarlo. Pagare Stormy Daniels in sé non è illegale; Cohen afferma che l’obiettivo era «influenzare la campagna elettorale». «Trump nega ogni rapporto. Che sia avvenuto o meno – ci dice Tacopina – le leggi sui finanziamenti elettorali sono poco chiare e non testate. Inoltre Stormy Daniels avrebbe commesso estorsione. Sarebbe un caso ridicolo, senza precedenti e debole».
Per il momento, l’avvocato è concentrato sul processo di Jean Carroll, che inizia il 25 aprile. L’ex autrice di una rubrica sugli uomini su Elle accusa Trump in un libro del 2019 di averla violentata negli Anni 90, in un camerino dei grandi magazzini Bergdorf Goodman, dopo aver guardato insieme dei capi di lingerie. La difesa si baserà sul fatto che per 20 anni la donna non ha denunciato la presunta violenza (lei afferma di averlo detto a due amiche) e sulla totale assenza di impiegati, secondo lei stessa, o altri testimoni. Tacopina ha rifiutato di occuparsi di alcuni casi che riguardano Trump (non specifica quali) ma è coinvolto in altri due: contro il libro dell’ex procuratore speciale Mark Pomerantz per l’inclusione di materiale confidenziale; e contro la procuratrice generale di New York Letitia James che accusa la Trump Organization di aver falsificato il valore delle proprietà per ottenere prestiti bancari. «Non lo rappresento sulle accuse di brogli elettorali».
Tacopina, che insegna anche a Harvard, critica il trattamento dell’ex preside Ronald Sullivan, licenziato perché aveva rappresentato Weinstein. «Weinstein è una persona orribile, io non avrei preso l’incarico. Ma gli studenti di Giurisprudenza dovrebbero capire la Costituzione, la presunzione di innocenza e che il sistema funziona solo se applica la legge anche all’imputato meno amato», dice. «Non esiste avvocato difensore che difenda solo gli innocenti. Non siamo i giudici dei fatti né la giuria, c’è un ruolo per tutti nel sistema».
Sugli avambracci ha due tatuaggi: sul destro la Trinacria per la mamma nata a Montelepre, in Sicilia; sul sinistro «the ‘ville», Brownsville, a Brooklyn, dov’è nato lui. Uno dei quartieri più pericolosi e meno amati d’America, «dove ho imparato la grinta».