il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2023
Intervista a Francesca Michielin
“Una delle più intense emozioni mai provate è stata cantare l’Inno di Mameli all’Autodromo di Monza. Una fortuna e un grandissimo onore”.
Nel 2017, prima del Gp di Formula 1. Uno sport che lei ama, Francesca Michielin.
Seguo la F1 da quando sono piccolina. Papà comprava la rivista Autosprint tutte le settimane e quasi la preferivo ai libri per bambini che invece mi portava mamma. Mi attiravano tantissimo i vari modelli di auto, sapevo a memoria i nomi di tutti i piloti: tra i miei preferiti Schumacher, Coulthard, Barrichello.
Prima di quella gara lei si commosse per l’abbraccio di Alonso, cui poi dedicò una canzone.
Alonso un posto speciale nel mio cuore ce l’ha sempre, ma stimo tantissimo anche Hamilton, come pilota e come uomo, perché è capace di rappresentare valori importantissimi anche in pista. È una delle poche persone che sa sfruttare la popolarità per dare voce a chi non ne ha, tema a me caro di cui parlo nel mio ultimo album Cani sciolti.
Un disco coraggioso, il suo. Lontano dal piattume di tanto pop italiano contemporaneo.
In tanti mi hanno detto: sei matta, perché non ti concentri su una hit? Io volevo realizzare il manifesto di quella che sono ora, a 28 anni. Fino a qualche tempo fa ognuno poteva fare la musica che lo rappresentasse. Nel 2016, tra Sanremo ed Eurovision, sentivo la pressione di proporre al meglio la mia singolarità, la mia cifra. Oggi pressappochismo e superficialità sono diventati valori, due accordi in croce e via, se non punti al primato ti giudicano una sfigata. Vale non solo per il pop, che pure dovrebbe consentire uno spazio per l’antitesi, ma anche per la politica o la ricerca. Tutto binario, polarizzato.
Essere se stessi, dunque mosche bianche, è una sfida?
Noi artisti dobbiamo stare sul cazzo, non compiacere il sistema o limitarci a provocazioni astute per strizzare l’occhio alla parte giusta. Io non sono mai stata tiepida o ambigua. Quando lo diventerò, smetterò di cantare.
Nel video del singolo Quello che ancora non c’è si lascia via via struccare per mostrarsi al naturale. Gesto poeticamente sovversivo, nell’era dei social.
A noi giovani donne impongono la perfezione, ma la mia proposta non si basa sull’immagine. Vendo le mie canzoni, non una presunta bellezza. Devi essere una dea, una wonderwoman anche dopo aver fatto sei figli. No, mi vedano così come sono, con le sbavature, i brufoli. Sono normalissima. Nei social c’è sempre qualcuno nell’ombra che aspetta per farci lo sgambetto e vederci cadere. Ai colleghi uomini non capita l’obbligo di sentirsi perfetti.
Succede anche in altri ambiti. Vista Elly Schlein? Alla prima copertina sono partiti gli insulti per il photoshop.
E lei dovrà mostrare competenza per guidare un partito, non per farsi insultare dai paradigmi maschilisti.
Alle donne non perdonano nulla, in questo Paese virtuale. Allora che dire del suo amico Fedez?
Nessuno dovrebbe commentare, se non sa quali battaglie una persona stia combattendo. Giorni fa ero andata in ospedale per dei controlli, niente di grave, ma ero stata costretta a cancellare degli eventi, ripiegando su dirette video e radio dalla sala d’attesa. Sorridevo. E i saputoni: “Non sta poi così male, la sua era una scusa”.
La ferocia è linguaggio diffuso, nell’Italia che pensa al ribasso.
Di fronte all’insensatezza dobbiamo continuare a indignarci. Come si fa, per esempio, ad affiggere manifesti che difendono il ‘diritto di NON abortire’? Manca proprio l’educazione civica. Prenda le tragedie dei migranti. Il mio nome lo devo a Santa Francesca Cabrini, una vita da volontaria al fianco dei rifugiati. Immagini il dolore della mia famiglia davanti a certe notizie.
I suoi genitori l’hanno sempre appoggiata, nel percorso musicale.
Cantavo in chiesa, da bambina. I cori della parrocchia. Poi le band. Amavo fare musica insieme. Però scrivevo tutto il giorno, e la prima canzone, Honey Sun, la composi a 11 anni. Finì sul disco d’esordio. Era stata X Factor ad aprirmi alla carriera da solista.
Vigilia dell’Epifania 2011. Il trionfo nel talent, a 16 anni.
Facevo la terza superiore, avevo la verifica di latino il lunedì successivo. Mia madre diceva: andrà come andrà, se decidi di continuare a cantare pazienza. Invece non ho mai mollato la scuola. I miei non avevano avuto la possibilità di studiare. Dovevo insistere, anche senza rompermi la testa sui banchi.
Come andò la verifica?
Bene. Amo gli autori latini. Seneca, Catullo.
Rifarà X Factor, da conduttrice?
Sto decidendo in questi giorni, agenda alla mano. Il tour teatrale è una figata, da anni non salivo sul palco. Avrò altri concerti in estate. X Factor mi ha dato l’opzione per ripresentare: sarebbe un autunno bellissimo.