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 2023  marzo 12 Domenica calendario

L’epistolario di Puccini

Difficile immaginare un dislivello più drammatico tra il sofferto, claustrofobico ménage quotidiano svelato dai Quaderni di conversazione dell’ultimo Beethoven e il campo aperto d’un mondo brulicante di relazioni su cui s’affaccia il volume dell’Epistolario di Giacomo Puccini, appena pubblicato da Olschki come terzo dei sedici dell’Edizione nazionale. Dedicato al triennio 1902-1904, ci mostra il compositore nei luoghi d’elezione: Torre del Lago, Boscolungo all’Abetone, Capalbio (dove passa «5 ore a cavallo!» e si dà alla caccia al cinghiale). Lo vediamo in viaggio al seguito delle “prime” e di alcune riprese delle sue opere: a Parigi con il collare commendatizio della Légion d’honneur per Tosca («n’ho tanto pieno i c. di quest’opera!»; «Teatro esaurito 10mila franchi»), nella Londra dei «trionfi completi ma eccezionali» di Manon e Tosca, a Milano, Brescia e Genova (di altri avrà notizia indiretta: commuove quello di Bruxelles, dove Puccini si spegnerà vent’anni dopo).
Com’è naturale, popola le lettere una miriade di preoccupazioni pratiche: le scarpe coi bottoni o affibbiate, i tappi per fiaschi, il bordeaux guasto, la cuoca che non si trova per l’Abetone, la passione per auto e motoscafi. E naturalmente un tourbillon di personaggi, tra frequentazioni private, artisti, figure pubbliche: i famigliari (Elvira, sua moglie proprio dal 1904, il figlio Antonio, la figliastra Fosca, la sorella Ramelde, l’amante Corinna Maggia), Giuseppe Giacosa e l’«Illicone», destinatario di tante missive, i direttori Luigi Mancinelli e Cleofonte Campanini, il baronissimo Alberto Franchetti, Gino Maruzzi, di cui Puccini commenta con cortese sincerità la Barberina, la regina Elena e Giovanni Pascoli.
L’epistolario è naturalmente via preziosa per penetrare il laboratorio pucciniano: restituisce traccia della contrattazione con Giacosa su un passo della Butterfly («Mettiti dunque tranquillo, caro Puccini»; nello spartito però il testo verrà comunque mutato), ma soprattutto rivela il compositore «sempre in cerca» d’un nuovo soggetto («ho comprato montagne di novelle»), in cui «ciò che deve campeggiare è la grande passione – la vera, la sublime, la sensuale»: Romeo e Giulietta o, a lungo, Notre-Dame de Paris, di cui si procura dei disegni per l’ambientazione.
Nel triennio 1902-04 sono però soprattutto due, e diversissimi, i temi dominanti. Sul piano personale il secondo, grave incidente automobilistico, che tormenterà a lungo Puccini con l’invalidità mal tollerata alla gamba, l’immobilità, i consulti medici contrastanti, l’apparecchio ortopedico e quella foto che lo mostra in barella sul Lago di Massaciuccoli. Su quello artistico la complessa vicenda di Madama Butterfly: la genesi stentata, il libretto che a lungo non c’è e sarà poi eccellente, la folgorazione del formato in soli due atti, la splendida sintesi in tre righe offerta a Mancinelli il 16 agosto 1903, la «cannibalesca serata» del fiasco scaligero, l’amaro malumore di Giulio Ricordi scottato dall’ingente danno economico, il risentimento che circonderà il compositore a Milano come a Roma, la fiducia tetragona nel lavoro compiuto («so d’aver fatto opera viva e sincera, e che risorgerà sicuramente»), il clima euforico delle prove a Brescia, le apprezzate interpreti Rosina Storchio (destinataria d’una lettera autografa dei tre autori insieme) e Solomija KruŠel’nyc’ka.
Degne di nota anche le abitudini di scrittura di Puccini. Nelle quasi novecento missive (tutte sue), di varia entità, dal telegramma alla lettera, colpisce la generale brevitas («La brevità, gran pregio!»), il taglio sintetico che trova il medium più adatto nella cosiddetta “letteretta” di formato ridotto che Puccini si faceva fabbricare apposta. Come a dire: con il tweet non abbiamo poi inventato nulla di nuovo.
Non semplice il compito che si sono accollati i curatori Francesco Cesari e Matteo Giuggioli: lottare con cancellature e parole illeggibili, spiegare affermazioni criptiche, sciogliere soprannomi (Popi è il direttore Leopoldo Mugnone), correggere anni errati, rendere conto di lettere indisponibili individuate sul mercato antiquario, superare congetturalmente questioni di fonti e datazione, annotare puntualmente le singole missive facendole precedere da una breve introduzione ragionata, corredare il volume di quasi cinquanta pagine di informazioni sui personaggi citati. Una trentina di immagini a colori chiudono con eleganza il libro restituendo evidenza quasi plastica a situazioni e personaggi che ci avranno accompagnato per oltre 700 pagine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giacomo Puccini.
Epistolario III, 1902-1904
A cura di Francesco Cesari
e Matteo Giuggioli
Leo S. Olschki, pagg. 741, € 90