Domenicale, 12 marzo 2023
I catechismi di Martin Lutero
«Buon Dio, quanta miseria ho visto! L’uomo comune non sa nulla della dottrina cristiana, in particolare nei villaggi, e purtroppo molti pastori sono quasi inetti e incapaci di insegnare; e tuttavia, tutti si devono chiamare cristiani, devono essere battezzati e ricevere i santi sacramenti, ma non conoscono il Padre nostro, il Credo, né i Dieci comandamenti. Vivono come il buon bestiame e le scrofe irragionevoli». Si apre così Il Piccolo Catechismo che Lutero compose nel 1529, sconcertato dall’ignoranza religiosa registrata durante le sue visite alle varie comunità tedesche, parole che, purtroppo, potrebbero essere trascritte con poche variazioni anche oggi per le molte parrocchie italiane e nella nostra stessa società che si è privata di ogni radice, anche solo culturale, cristiana.
Il testo, che risponde ai canoni del genere catechetico – si pensi solo al Catechismo della Chiesa Cattolica elaborato sotto la guida dell’allora cardinale Ratzinger e pubblicato dal papa Giovanni Paolo II nel 1992, in una forma maggiore e in un «compendio» successivo -, rivela una limpidità ed essenzialità assoluta. Da un lato, è indubbia la finalità pratica pedagogica che ne rende la lettura nitida e trasparente per la sua semplicità sostanziale; d’altro lato, è forse possibile intuire in filigrana all’insieme dell’opera un ammiccamento globale alla classica dialettica luterana tra legge ed evangelo. Ma per comprendere genesi, contesto, struttura, spiritualità delle pagine del Riformatore, è importante riferirsi all’introduzione del teologo e pastore valdese Fulvio Ferrario, curatore di questa nuova edizione con testo tedesco a fronte.
Noi ora ci accontentiamo di evocare solo l’architettura di questo Enchiridion, cioè di un manuale destinato a «pastori e predicatori inesperti». Si parte col Decalogo che «un padre di famiglia deve, nel modo più semplice, insegnare a quanti vivono nella sua casa». Segue il Credo con la trilogia dei suoi articoli di fede: creazione, redenzione, santificazione. Subentra un commento lapidario a domanda-risposta alle sette richieste del Padre nostro. Infine si allarga una sorta di ramificazione riguardante i sacramenti, dal battesimo alla confessione e al «sacramento dell’altare» (l’eucaristia), coi corollari delle benedizioni del mattino e della sera.
Ecco solo qualche esempio della catechesi luterana così da stimolare la lettura integrale dell’opera che il curatore commenta in calce con note teologiche e storiche di grande interesse. In appoggio al sesto comandamento «Non commettere adulterio» leggiamo: «Dobbiamo temere e amare Dio, e dunque vivere in modo casto e disciplinato, in parole e opere, amando e onorando ognuno il proprio coniuge». Giustamente Ferrario fa notare che, secondo l’intenzionalità implicita degli stessi precetti originari, «l’interpretazione offerta del comandamento è in termini esclusivamente positivi, evidenziando non ciò che è vietato, ma ciò che è comandato».
Per il Padre nostro, scegliamo la sesta invocazione «Non ci indurre in tentazione» che è così spiegata: «Dio non tenta nessuno, ma in questa preghiera chiediamo che Dio ci voglia proteggere e salvaguardare, affinché il diavolo, il mondo e la nostra carne non ci tradiscano né ci fuorviino nella falsa fede, nella disperazione o in altri grandi scandali e vizi e, nel caso siamo tentati in tal senso, affinché alla fine otteniamo e manteniamo la vittoria». Sorprendenti per alcuni possono essere, poi, alcune risposte riguardanti i sacramenti: esse ricalcano la dottrina tradizionale, giungendo nel caso della confessione al punto di elaborare persino modelli di esame di coscienza e di elenchi di colpe.
Ecco per quest’ultima l’asserto generale: «La confessione comprende due parti. La prima, che si dichiarino i peccati; la seconda, che si riceva l’assoluzione o perdono del confessore come da Dio stesso e non si dubiti, ma si creda fermamente che così i peccati siano perdonati, davanti a Dio in cielo». Per il «sacramento dell’altare» Lutero è nettamente «cattolico», dato che si opponeva fieramente al riformista svizzero Zwingli che interpretava solo simbolicamente la presenza di Cristo nel pane e nel vino dell’eucaristia: «È il vero corpo e sangue del nostro Signore Gesù Cristo, che egli stesso ha dato a noi cristiani affinché sia mangiato e bevuto sotto le specie del pane e del vino».
In continuità editoriale col testo a cui abbiamo finora rimandato, dobbiamo ricordare che nello stesso anno, il 1529, Lutero approntava anche un più ampio e articolato Grande Catechismo, seguendo la stessa trama tematica del Piccolo Catechismo. Se quest’ultimo fu reso in italiano già a partire dal ’500, il Grande è tradotto e commentato per la prima volta in italiano dallo stesso Fulvio Ferrario, che è anche docente di dogmatica teologica. In queste pagine si riesce a intuire meglio la prospettiva ermeneutica che Lutero ha impresso alle componenti radicali della fede e della dottrina cristiana, tant’è vero che confessava, evocando un altro celebre suo trattato: «Non c’è nessun mio libro nel quale veramente io mi riconosca, se non quello sul Servo arbitrio e il Catechismo». Certo è che, tra le Opere scelte di Lutero che l’editrice Claudiana da tempo sta proponendo, i due catechismi sono un riferimento capitale e una grandiosa attestazione dell’ardore pastorale del Riformatore per l’alfabetizzazione religiosa del popolo cristiano.
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Il Piccolo Catechismo
Lutero
Claudiana, pagg. 179, € 24
Il Grande Catechismo
Lutero
Claudiana, pagg. 379, € 35