Il Messaggero, 12 marzo 2023
I 90 anni di Quincy Jones
«Pensavo che sarei diventato anch’io un gangster, da bambino mi passavano sempre davanti agli occhi grosse quantità di banconote, enormi casse di vini e liquori accatastati nei retrobottega e molte, molte armi». Parole dette alcuni anni fa da Quincy Jones. Ma per fortuna sua e soprattutto della black music, il destino aveva altri progetti per quello che sarebbe diventato il Re Mida delle sette note. Certo, subito il pensiero va al suo ruolo da produttore dell’album Thriller di Michael Jackson che ancora oggi, a 41 anni dalla pubblicazione, è il disco più venduto nella storia musicale (oltre 100 milioni di copie).
SELF-MADE MAN
Ma Quincy Delight Jones Jr., che martedì 14 marzo compirà 90 anni (è nato a Chicago), è tanto altro. Nasce come musicista, come trombettista. Ma diventerà anche compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra. E avrà anche un ruolo importante nell’impegno sociale. Di certo un self-made man, come ha sempre spiegato: «Sono stato ispirato da un sacco di gente quando ero giovane. Ogni band che veniva in città, a teatro o alla sala da ballo. Andavo a ogni serata, danza, night club, ascoltavo ogni band: in quei giorni non avevamo MTV e non avevamo la televisione». Impossibile trovare un personaggio musicale a lui paragonabile: ha lavorato con i più grandi, da Ray Charles (suo amico d’infanzia con cui tutto ebbe inizio) a Sarah Vaughan, da Charles Aznavour a Jacques Brel. Ma ha lavorato anche con Lionel Hampton, Betty Carter, Dinah Washington, Dizzy Gillespie, Miles Davis.
LA TELEFONATA
Siamo tra gli anni Cinquanta e Sessanta e quello di Quincy è oramai un nome famoso nell’America artistica che conta. Ma a dargli l’eco internazionale è la collaborazione con Frank Sinatra. È il giugno del 1958 quando Jones riceve una telefonata dall’ufficio della Principessa Grace di Monaco in cui si spiegava che The Voice voleva che mettesse insieme un’orchestra per un concerto allo Sporting Club del Principato, con l’obiettivo di raccogliere soldi per i rifugiati. Elettrizzato dalla prospettiva di lavorare con uno dei suoi idoli musicali, Jones sceglie 55 musicisti e li porta con sé su un treno fino alla Costa Azzurra. Sinatra sarà però di poche parole. «Non mi ha detto più di dieci frasi per tutto il tempo – ha sempre detto Jones – È entrato durante le prove e ha detto: “Hai ascoltato i dischi, sai cosa fare"».
I due si ritroveranno nel 1964, quando Sinatra lo chiama per chiedergli di arrangiare e dirigere una sessione in studio che stava facendo con Count Basie e la sua band. Nasce così It Might as Well Be Swing che contiene Fly Me to the Moon, voluta dall’aviatore Buzz Aldrin come colonna sonora del primo viaggio sulla luna degli astronauti dell’Apollo 11. Quincy considererà per sempre Sinatra come suo mentore: «Frank era il mio stile. Era alla moda, e soprattutto un musicista mostruoso», spiegherà nel 2001. I due lavoreranno ancora insieme nel 1966 (Sinatra At The Sands) e nel 1984 (L.A. Is My Lady).
A rendere la carriera di Quincy Jones più ricca sarà la sua collaborazione con il cinema. Per Hollywood vestirà i panni di compositore di colonne sonore di film di successo come A sangue freddo e Getaway, il rapinatore solitario. Tutto il mondo è ai suoi piedi e a corteggiarlo ecco un giovane Michael Jackson. Nel ’79 ecco Off The Wall. Ma arriva nel 1982 il capolavoro della coppia: Thriller. Successo clamoroso. Anche questa volta, Quincy ha fatto centro. E come produttore tre anni dopo stupisce con We Are The world, brano scritto da Jackson e Lionel Richie e realizzato per raccogliere fondi per l’Etiopia. Una canzone interpretata da un supergruppo composto da 45 artisti, come Harry Belafonte, Stevie Wonder, Cyndi Lauper, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Billy Joel, Al Jarreau Tutti a disposizione di Quincy, che nella sua carriera si aggiudicherà 26 Grammy. I personaggi cui si sentirà più legato sono stati Charles e Sinatra: «Sono cresciuto con Ray e Frank, non ho avuto tanta scelta. Ci scolavamo sette Jack Daniel’s doppi ogni ora. Quei due sapevano come divertirsi».
GLI ITALIANI
Tra gli italiani che hanno lavorato con lui c’è Tullio De Piscopo, scelto alla batteria da Quincy per i brani Non preoccuparti e Adesso ricomincerei di Lara Saint Paul: «Ho un ricordo indelebile di quel giugno del 1973. Finimmo le registrazioni a Milano, negli studi della Poligram, a mezzanotte. Gli altri musicisti andarono via, io rimasi con lui che ordinò pizza e birra a volontà. Parlammo fino alle 5 del mattino e mi diede un grande insegnamento: di “stare sempre dentro al groove"».