il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2023
Biografia di Martina Colombari raccontata da lei stessa
Mal di pancia.
Lasciamo perdere.
Nausea.
Eccome.
Febbre.
Il termometro di mio figlio ha superato i 41.
Fame.
Ho perso tre chili.
Martina Colombari, qui deve esserci un “però” enorme per giustificare tutto questo.
Pechino Express è un’esperienza incredibile, difficile da spiegare. E me l’avevano detto.
(Breve guida su “Pechino Express”: è un programma in onda su Sky, il giovedì alle 21.15, in cui dieci coppie si sfidano ad attraversare i luoghi più lontani dalla civiltà occidentale, muniti di appena un euro al giorno, di una mappa cartacea e di una torcia. Niente cellulare, carta di credito o bonifico da parente magnanimo. L’unico mezzo per sopravvivere sono intuito, fortuna, faccia da culo e ospitalità locale. Questa edizione è tra India, Borneo e Cambogia. Martina Colombari e il figlio sono tra i concorrenti).
Eppure…
Sei a nudo di tutto, di ogni comfort o paracadute; sei a nudo rispetto pure alle tue difese o al tuo ego.
Come navigare in solitaria.
Chiunque incontro mi chiede di Pechino, ma è complicato descriverlo e poi tutti sono convinti che ci sia una parte di finzione, mentre è tutto reale, tutto sulle spalle dei concorrenti.
Esempio.
Una volta per trovare qualcuno disposto a ospitarci abbiamo iniziato a cercare intorno alle quattro del pomeriggio e ci siamo riusciti alle dieci della sera. Sei ore di porte in faccia.
Come mai suo figlio ha insistito?
Un po’ i ragazzi sono attratti dai social, un po’ perché l’anno scorso hanno partecipato due sue amiche e un po’ perché a differenza della madre ama le sfide.
Non è preoccupata che suo figlio ambisca a fama e visibilità?
Per niente, è cresciuto in mezzo a due persone note; (pausa) per me i trent’anni di carriera sono stati meravigliosi, percorsi con testa sulle spalle, studio e lacrime, mentre il padre ha nel curriculum pure cinque Champions League.
Quindi?
Non gli si può negare l’aspirazione. Ma gli ripetiamo che dietro ci deve essere talento e studio; ha appena iniziato come modello.
Qual è il talento di Martina Colombari?
Beh, inizialmente ho puntato sulla bellezza.
La bellezza è più una dote.
Può anche essere interpretata come un talento. E io ovviamente non ne ho merito, sono nata così.
Poi…
Ho iniziato a frequentare corsi di recitazione, di dizione e sono qui dopo trent’anni.
Ottimo.
L’altro giorno mio figlio mi ha detto: “Alla fine hai fatto tutto in maniera normale, naturale”.
Cosa intendeva?
Che non sono mai scesa a compromessi, mai affrontato situazioni strane in stile MeToo.
“Normale” è l’aggettivo che deve amare molto, lo utilizza in continuazione.
Perché la gente crede che io sia speciale, un’extraterrestre, che posso mangiare qualsiasi cosa e non ingrassare, o restare a casa nel solo ruolo di signora Costacurta.
Invece non le basta.
Ricordo una copertina di Sette, quando ancora ero fidanzata con Alberto Tomba, e il titolo era: “Io sono mia”. Avevo appena 19 anni.
Però lo star system funziona se gli altri ritengono la sua vita non normale.
(Silenzio) Io faccio un lavoro normale e poi viviamo tutti allo stesso modo, piangiamo tutti allo stesso modo, ridiamo tutti allo stesso modo, andiamo in bagno tutti allo stesso modo.
Torniamo a Pechino. Nostalgia di casa?
Di mio marito, sì. E più che altro mi sono preoccupata quando mio figlio è stato male: in qualche modo mi sentivo di dover rendere conto al padre.
Cuore di mamma.
Mi chiedevo se era stata la scelta giusta e se non si sarebbe montato la testa…
E riprendiamo coi “però”.
È stato a lungo senza cellulare, impresa impossibile, è venuto in vacanza con sua madre, altra impresa ardua, e ha avuto la possibilità di vedere una realtà lontana da noi.
Nella prima puntata si è definita bacchettona.
Lo sono tantissimo.
Tradotto.
Sono una rigida, talmente rigida che rispetto al lavoro vengo fraintesa in rompipalle, ma sono stufa delle persone che non portano qualità nella propria professione.
Perfetto.
Nei primi anni Novanta c’era un altro livello di registi, di autori, di set fotografici. E c’erano altri budget.
Forse trent’anni fa era anche più facile stupirla.
A 18 anni ero esattamente come oggi.
Bacchettona ci è nata, non diventata.
È nel mio dna e mi incazzo pure perché lo sono; mia madre quando può mi ricorda: “Eri così da bambina: quando andavi a danza classica non volevi che nessuno mettesse mano nelle tue cose, ti preparavi da sola”.
Ma è un bene o un male?
Mi ha salvata rispetto al mio mondo, perché a sedici anni sono stata buttata in una realtà di squali; se non fossi stata così non so cosa avrei portato a casa della mia bellezza.
All’inizio l’hanno sottovalutata?
No, però i miei hanno continuato a ripetermi “occhio, tutto può finire all’improvviso”; mio padre ancora me lo dice.
Conta più il talento o la tenacia?
(Resta in silenzio e si ripete la domanda) Se non hai la giusta determinazioni diventi solo genio e sregolatezza; avrei bisogno di un po’ di sregolatezza, di qualche cazzata, di farmi scivolare di dosso le cose.
Qualche stupidaggine l’avrà combinata.
(Tono affranto) Mai. Sempre regolare come un soldatino.
Dolore.
Mai ubriacata, mai fumato; quando mi domandano qual è l’esperienza più assurda della tua vita, rispondo di essere andata a raccogliere i cadaveri ad Haiti, a Port-au-Prince.
Tostissimo.
Quell’odore di morte mi è rimasto addosso, a lungo; (ci ripensa) non mi sono mai neanche drogata, giusto un paio di canne, ma niente cocaina.
La cocaina l’avrà vista.
No; quando negli anni 90 frequentavo le feste, forse riuscivo ad andare via sempre un attimo prima; (silenzio) per il mio lavoro servirebbe un po’ di sregolatezza, ed essere meno giudicante verso me stessa.
Impietosa.
Questo lavoro su di me lo porto avanti da anni, ora mi accetto più per come sono, non cerco l’approvazione degli altri, di accontentare tutti.
Ha accontentato suo figlio su Pechino.
Con mio marito l’abbiamo ritenuta una lezione di vita.
Se suo figlio fosse gay?
Ma ben venga, qual è il problema?
Chiedevo per La Russa.
Lui è un amico, non so come abbia avuto questa uscita; sarei pure la suocera ideale.
Ha votato alle primarie del Pd?
No, ero impegnata con Pechino e ho il debutto a teatro con Corrado Tedeschi.
Sennò…
Sono romagnola, avrei scelto Bonaccini: ha fatto tanto e bene.
Nel programma c’è Schillaci, ha trovato tratti in comune con suo marito?
Lui mi aveva detto: “Secondo me Totò è un po’ pigro”…
E…?
Esattamente l’opposto, con il suo atteggiamento siculo, presunto tranquillo, alla fine in gara si è trasformato e ha dimostrato molto più carattere che in campo.
Chi altro l’ha colpita?
La competitività di Federica (Pellegrini, ndr) è qualcosa di esilarante: se le dici “andiamo a bare un caffè” lei sta già ai blocchi di partenza.
Da sportivi-agonisti.
Mio marito non è così: ora gioca a Padel, pure tutti i giorni, ma mai con chi vuole solo vincere, mai con gli ex calciatori che trattano il match come la gara della vita.
Il più simpatico…
Adoro Dario Vergassola; ieri gli ho lasciato un messaggio: “Non posso stare senza di te!”. E lui: “Smettila, altrimenti prima o poi mia moglie ci scopre”.
Le hanno mai consigliato di non aver figli per non intaccare la carriera?
Certo, e un po’ è quello che è successo.
Messa da parte.
È così, un po’ come essere bella e sentirsi dire “non sei credibile nel ruolo della moglie tradita”; oppure “non sei credibile come cieca”; (pausa) il teatro è un altro ambiente.
Corrado Tedeschi.
(Ride) Lui è un meraviglioso cazzone: prima del sipario inizia a sparare battute a raffica, della serie “sbrighiamoci che alle dieci ho il ristorante”.
Per De Sica trovare sempre posto al ristorante è uno dei vantaggi dell’essere famosi.
Se non trovo posto normalmente, richiamo dopo cinque minuti, cambio tono di voce e specifico “sono Martina Colombari”.
Funziona più Colombari o Costacurta?
In 27 anni solo due volte mi hanno chiamato “signora Costacurta”.
Il gossip quanto vi ha seguito?
Ora hanno mollato un po’ il colpo, mentre all’inizio tanto; (pausa) mio marito lo subisce, non ama i selfie, gli autografi, perché non capisce cosa se ne fanno; comunque alla fine di noi si è parlato poco, non siamo mai stati una coppia gossip come Vieri e la Canalis…
O come Totti e Ilary.
(Ride) Io non ho mai rubato orologi e lui non mi ha preso le borse.
Per molti essere famosi significa finire sulla copertina della Settimana Enigmistica o ospite da Marzullo.
Io ambisco alla copertina di Focus.
In che ruolo?
Vorrei essere studiata, analizzata a livello celebrare per capire qualcosa di me che non so.
Errore professionale.
Partecipare a una rassegna oscena al Forum di Assago: “Donne e motori”.
Lo stereotipo.
Una tre giorni con un ingresso medio di 12 persone. Mi sarei sotterrata.
A cosa ha rinunciato per la carriera?
Niente di eclatante, forse alla mia adolescenza visto che sono diventata Miss Italia a 16 anni.
Chi è lei?
Lo chieda al giornalista che mi metterà su Focus.