il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2023
2023, fuga da Milano
Dopo il mio articolo su Milano e su quanto sia difficile, oggi, vivere in una città che è proiettata nel futuro ma inchioda gran parte dei suoi cittadini nel presente, ho ricevuto un fiume di testimonianze che raccontano principalmente una verità: Milano è la città della grande ricchezza e della grande povertà, è vero, ma è anche e soprattutto la città del ceto medio che fatica a restare o sceglie di abbandonare, con il senso di sconfitta di chi si illudeva di essere privilegiato. Il prezzo delle case, sia quelle in affitto che quelle in vendita, l’improvvisa rivalutazione sul mercato di case in quartieri che fino a pochi anni fa erano considerati proletari, hanno trasformato famiglie benestanti e liberi professionisti in cittadini fragili e costretti, spesso, a compiere scelte dolorose. In molti casi si arriva a fine mese, ma non si riesce a risparmiare nulla, rimanendo di fatto cristallizzati nel presente. “Sai la storia della bidella pendolare? Forse quella non era verissima, ma la mia sì”, mi racconta Marco. “Sono un ingegnere in una delle più famose multinazionali, la casa a Milano mi costava così tanto che mi sono trasferito a Torino. Pago 600 euro di affitto per una bella casa e 380 di abbonamento del treno, come fossi uno studente”. E non è l’unico. A Milano tantissimi liberi professionisti sono stati costretti a trasferirsi a Torino, Bergamo, Pavia, Varese. Perché anche nei quartieri periferici di Milano i prezzi delle case non sono mai stati così alti e a quel punto in tanti preferiscono comprare in altre province, che offrono più di periferie spesso degradate. “Io ho vissuto a Milano per 5 anni, ero direttrice di sala in un ristorante. 1700 euro al mese. A quasi 40 anni dividevo la casa con altre due coinquiline. Mi sentivo in campeggio”, mi dice Elisa. In realtà il suo caso non è affatto eccezionale. Milano non è più solo la città degli studenti che si dividono stanze e appartamenti, ma anche di tanti lavoratori di mezza età, che vivono con bagni e cucine in comune, come a 20 anni.
Valeria racconta un sogno infranto: “Senza agenzia e con un parte dell’affitto da dare in nero io e il mio fidanzato, che avevamo due buone opportunità di lavoro a Milano, ci siamo ritrovati a vedere monolocali orrendi a più di mille euro al mese. Litigavamo sempre, eravamo preoccupati, l’incertezza ci stava logorando. Alla fine ci siamo separati, lui è tornato al sud”. Francesca ha una storia incredibile: “Arrivo dalla Puglia, vivo a Milano da 20 anni. Ho cambiato sette case, sempre in condivisione. Lavoravo in un famoso studio fotografico e pur di restare alla fine ho vissuto in un monolocale con la muffa, finché sono stata ricoverata per dermatite allergica. Ora ho deciso che basta, 1000 euro per un buco non li pago e torno in Puglia. Mi sento come un’ innamorata che ha vissuto un amore tossico”.
Maria Teresa mi spiega come si trova una casa: “Se ci riesci, perché di solito esce l’annuncio e dopo due minuti la casa è già stata affittata, strappi un appuntamento e devi fare come per le aste: se chiedono 1000 tu ne offri 1200. Ecco perché un affitto a Bisceglie arriva a costare 1000 euro al mese”. Ilaria è sincera e brutale: “Ho studiato, mi sono laureata, ho un bel lavoro da 2600 euro al mese, ma per poter vivere da sola in una casa che non sia un buco spendo due terzi del mio stipendio, mi sento infelice, una perdente e soffro di invidia sociale, Milano mi sta facendo diventare infelice e livorosa”.
E poi ci sono i genitori di tutta Italia: “Sono di Bari. Mio figlio sognava di frequentare una famosa scuola a Milano ma le case costavano troppo e non siamo riusciti a farlo studiare lì. Lui lo ha capito, ma mi sento una fallita”, dice Giovanna.
“Mia figlia lavora come ostetrica alla Mangiagalli da poco. Ha trovato una stanza a 730 euro in Viale Lodi, è quasi la metà del suo stipendio”, è il racconto di Loredana.
“Lavoro in ospedale a Milano, sono tecnico di fisiopatologia”, si sfoga Manuela. “Guadagno 1500 euro al mese, 1600 se faccio un turno serale nel weekend. Ho condiviso stanze per 10 anni. Dopo la pandemia ho avuto gravi problemi psicologici e pago 200 euro al mese di psicologa. Ora ho un monolocale a 900 euro al mese, ma a breve me lo aumenteranno di 300 euro. Dovrò andare via”. Se i single con stipendi dignitosi soffrono, per le famiglie non va meglio. Pierluigi: “Io e mia moglie, architetti, avremmo due stipendi da privilegiati, ma a Milano ci sentivamo poveri. Qui a Monza abbiamo comprato casa e di mutuo spendiamo 400 euro in meno dell’affitto di Milano”. “Io e mio marito guadagniamo 5000 euro al mese, per pagare un affitto e mandare nostra figlia al nido ci siamo trasferiti in un paese vicino Bergamo che in 15 anni è passato da 3000 a 6000 abitanti. È pieno di coppie che sono scappate da Milano”, mi dice Marta. Lorenza è una recruiter nella moda: “Milano è stata per anni la capitale della moda e lo sarà ancora, ma prima le persone amavano lo stile di vita della città, gli aperitivi, l’ambiente cosmopolita. Oggi la gente scappa, l’ambizione è comprare una casa perché qui è difficile, possibilmente nel verde, per la propria famiglia. Io sono tornata in Veneto. Milano mi ha inghiottita e poi sputata ferocemente”. Ivana è amareggiata: “Volete sapere cos’è la gentrificazione? Sono una giovane avvocata nata in centro, trasferita da single a 27 anni in Sempione, alla fine del contratto di 8 anni il proprietario voleva aumentarmi l’affitto del 50%. Ho dovuto abbandonare la mia città, sono finita a 35 anni a Sesto”. Vittorio ha un suo osservatorio speciale: “Lavoro in uno studio di amministrazioni condominiali, vedo le spese condominiali folli a Milano, la gente ci chiama dicendoci che non è in grado di pagare. Io Milano l’ho amata tanto, il Duomo, l’accensione dell’albero, i tram, i Navigli, ma è uno storytelling che non funziona più”. Marina ha paura del futuro: “Mio marito è dirigente di una nota multinazionale, io sono una manager: siamo teoricamente dei privilegiati, ma tra affitto, cambio macchina per poter circolare in area c, scuole, tata e qualche rara uscita abbiamo scoperto di aver speso più di quanto abbiamo guadagnato, siamo preoccupati”. Simona: “Lavoro nella moda, mio marito è chef in un famoso ristorante milanese. Abbiamo un bimbo di 8 mesi e per noi Milano è troppo cara. Io e il bambino ci siamo trasferiti a Varese, mio marito non riesce a fare il pendolare finendo di lavorare di notte. Non sappiamo come fare”. E sempre a proposito di gentrificazione, Lucia mi racconta: “Nel 2007 io e mio marito siamo riusciti a comprare una piccola casa nella mitica via Gluck, ne ero fiera. Oggi abbiamo un figlio e dobbiamo lasciarla, per 90 mq col nostro budget stiamo cercando a Buccinasco. È triste, Milano è la mia città e mi sta cacciando via”. Margherita: “Io e mio marito siamo due medici, il nostro stipendio è di 1700 euro a testa, lavoriamo 6 giorni su 7. Tra asilo per il bambino, rata del mutuo e tata se ne va quasi tutto. Fatichiamo ad arrivare a fine mese”. E infine Laura: “Sono una manager, vivevo in Certosa, Milano poco a poco mi ha buttata fuori. Adesso vivo al parco agricolo sud. E non sono l’unica. I miei vicini sono tutti professionisti che come me lavorano a Milano. Ho rinunciato al delivery e a qualche servizio, certo, ma ora ho una casa in una cascina e l’orizzonte. Vivendo qui mi sono resa conto che a Milano anche cose banali come il cielo e l’accesso alla luce solare erano costose. E pensare che non me ne accorgevo neppure”.