la Repubblica, 12 marzo 2023
La finanza vulnerabile che non ha capito la lezione Lehman
L’importanza storica della caduta di Silicon Valley Bank non è tanto in una possibile reazione sistemica – che pure oggipreoccupa – quanto nel primo fallimento finanziario a carattere digitale. Colpiscono la rapidità con cui i depositi sono evaporati e la dimensione delle fluttuazioni dei valori, tipiche di un’economia digitale; e la composizione dei clienti: in maggioranza aziende e fondi di venture capital, molto sofisticati sul piano finanziario e molto reattivi. Colpisce anche come la secolare emotività spesso irrazionale che porta alla corsa agli sportelli, permanga anche in quest’epoca dominata da algoritmi infallibili e da imprenditori propensi al rischio e in teoria dai nervi d’acciaio. In questa vicenda – che poteva essere facilmente evitata – ci sono tre elementi di fondo di cui preoccuparsi. Il primo riguarda appunto il possibile impatto sistemico del fallimento di Svb. Il secondo la regolamentazione, specialmente in un contesto post 2008 da cui le banche volevano uscire. Il terzo è sulle prospettive macroeconomiche e politiche:siamo al primo scampanellio recessivo? E come si troverà Joe Biden se il Paese fra l’ottobre del 2023 e il novembre del 2024 entrasse in recessione? Sul piano sistemico, il rischio c’è sempre. Per piccole banche regionali, più vulnerabili in un contesto psicologico da corsa agli sportelli; per clienti della banca – come USD Coin, che aveva 3,3 miliardi di dollari in liquidità non ritirata con Svb e che ieri si trovava sotto valori di guardia; per First Republic, banca più importante, identificata come vulnerabile dagli investitori, il cui titolo la settimana scorsa ha perso il 34%. Detto questo, vista la particolarità del modello diSvb, non sembra esserci per ora un rischio sistemico allargato. Il modello sembrava prudente: la gran parte dei depositi erano investiti in buoni del Tesoro americani. Ma con un rendimento medio dell’1,7% su buoni del Tesoro acquistati nell’era magica dei tassi a zero, la banca ha cominciato a soffrire quando i rendimenti dei “treasuries” sono aumentati in reazione alla politica monetaria restrittiva. E qui saltano agli occhi tre vulnerabilità che potevano essere rimediate: la banca non ha mai fatto operazioni di hedging per proteggersi da un eventuale aumento dei tassi; avendo scadenze a lungo termine non doveva fare inormali resoconti “mark to market”. Questo non ha consentito alla vigilanza di avere un quadro immediato della situazione (anche se la vigilanza resta oggi sotto accusa). E infine una pessima gestione dei tempi della crisi, che pure erano annunciati: si sapeva che la vendita di circa 20 miliardi di dollari di bond, la metà dell’attivo complessivo, avrebbe generato una perdita di 1,8 miliardi di dollari.C’era già pronto, con la mediazione di Goldman Sachs, un aumento di capitale da parte della Atlantic Investors. Ma la banca ha aggiunto la vendita di azioni convertibili che richiedeva un giorno in più e che ha bloccato l’aumento di capitaleovernight. Così nell’era del tempo reale è partito l’effetto tsunami: al mattino le aziende hanno ritirato i fondi istantaneamente ( altra vulnerabilità, migliaia di clienti al dettaglio avrebbero impiegato più tempo) e in un paio di giorni la banca è fallita con rapidità da era digitale. Proprio per queste particolarità strutturali di Svb ci si augura che il fallimento non abbia un impatto sistemico. Sul fronte regole, sarà difficile che le pressioni delle banche per eliminare le rigidità post crisi 2008 saranno ascoltate, anzi, alla luce delle fragilità emerse con Svb potrebbero essere introdotte nuove regole.Infine la parte macroeconomica:possibile che questo fallimento sia un campanello d’allarme recessivo nel contesto più generalizzato dell’impatto dell’aumento dei tassi sull’economia americana? Possibile. La storia ci dice che in condizioni di inflazione ostinata la reazione restrittiva delle banche centrali porta a un passaggio recessivo. In questo caso tuttavia c’è un elemento da contrappeso da considerare: l’onda lunga della straordinaria politica fiscale espansiva post Covid, senza precedenti nella storia. La Fed stringe ora, e forse accelererà la stretta (lo ha detto Jay Powell settimana scorsa) puntando a una coincidenza di tempi tra l’esaurimento delle propulsione fiscale, il contenimento dell’inflazione e la fine della stretta monetaria entro il 2023. Una coincidenza perfetta potrebbe evitare la recessione. Ma sappiamo che la perfezione dei tempi – e il caso Svb insegna – non esiste.E se la recessione dovesse manifestarsi e colpire a cavallo della campagna per le elezioni presidenziali del 2024 per Joe Biden ci saranno ostacoli complessi da superare. Un’incognita in più da seguire. E in quel caso non soltanto per l’America.