La Stampa, 12 marzo 2023
Il successo di Raiz grazie a "Mare fuori"
Il successo di Mare fuori tracima nella classifica di Spotify, con due canzoni della colonna sonora della serie Rai spuntate a fari spenti nelle prime dieci posizioni. Non in una settimana qualsiasi, ma in un periodo in cui ancora dettano legge le hit di Sanremo. La sigla O mar for staziona nelle parti alte da ormai un mese, complice lo stesso Festival che le ha fatto da cassa di risonanza, mentre Origami all’alba è una new entry. Nel primo caso, tra le voci cantanti spicca quella di Raiz, popolare leader degli Almamegretta coinvolto sia nel cast che nella colonna sonora.
Raiz, si aspettava un successo del genere?
«Sinceramente no, quando quattro anni fa è nata O mar for dalla penna di Matteo Paolillo non pensavo neppure di cantare, ma è capitato che fossi in studio e così partecipai al coro. In seguito ho scritto anche io, quattro brani della colonna sonora sono miei, compresa la canzone dei titoli di coda. È nato tutto dal cast, in pratica, non so se ci siano precedenti in tal senso per le musiche di una serie tv».
Qual è l’ingrediente decisivo per il boom della serie e della colonna sonora?
«Il fatto che O mar for sia un brano sostanzialmente dolce, però cantato da Paolillo, che nella serie è Edoardo, forse il personaggio più "cattivo", è rappresentativo della capacità della sceneggiatura di far pensare che un altro modo di vivere esiste sempre, che la possibilità di una seconda volta va offerta a tutti. Il mio personaggio è un boss crudele, responsabile dell’educazione criminale di tre figli naturali più uno adottato. Eppure ha un risvolto umano. Si dice che ogni cassetta contenga una mela marcia, ma per noi non è marcia di per sé, è marcita a causa di tutta una serie di fattori ambientali e sociali. Un altro punto di forza che fa presa sui giovanissimi è l’estrema varietà nella tipologia dei personaggi, ognuno può trovare una ragazza o un ragazzo in cui riconoscersi, anche chi ha sangue africano».
In quel cast e in quel team musicale convive con persone molto più giovani: si sente un po’ chioccia?
«Sì, ed è una bella sensazione. C’è molto rispetto nei miei confronti, parlando con loro ho capito che deriva dal fatto che i genitori sono fan degli Almamegretta, gente che veniva ai nostri concerti quando aveva la loro età. Mi proietta nel passato, confrontarmi coi loro sogni mi rimanda ai nostri di allora. È come se io ora mi confrontassi con un musicista di novant’anni».
Beh, c’è andato vicino: il suo ultimo disco, «Si ll’amore è ‘o ccuntrario d’’a morte» è un omaggio al repertorio di Sergio Bruni, che oggi sarebbe centenario. Perché ha sentito questa esigenza?
«Perché senza di lui non esisterebbe il mio modo di cantare. Bruni l’ho subito fin da piccolo, in casa me lo imponevano ed è stato un maestro subliminale. Quando sono nati gli Alma era un riferimento assoluto, come i cantanti giamaicani anni Sessanta per i gruppi reggae della nostra generazione. Se fosse ancora vivo se la giocherebbe senza problemi con il dub e la musica elettronica».
La sua voce sarà stata influenzata da Bruni, ma ora è considerata iconica dalle nuove generazione del neapolitan power 2.0: in chi si risente di più?
«So di essere un punto di riferimento anche per certi rapper, ma non me lo dicono per non farmi sentire troppo vecchio. Scherzi a parte, sento affinità soprattutto con Roberto Colella de La Maschera e con Irene Scarpato del trio Suonno d’Ajere, con cui ho appena inciso un pezzo».
Tornando ad Almamegretta, compie 30 anni il vostro «Animamigrante». Nel film «Figli di Annibale», che deve il titolo a uno dei brani, Davide Ferrario faceva incrociare la nave di Silvio Orlando e Diego Abatantuono, in fuga verso l’Africa, con un barcone di migranti: avreste detto allora che nel 2023 saremmo stati ancora alle prese con le carrette del mare?
«Macché, in quel periodo si pensava che la situazione si sarebbe risolta. Invece non solo è attuale, ma è precipitata, tutto sommato allora stragi come quella di Cutro non avvenivano. Fa male, e fa rabbia che si lancino anatemi magniloquenti contro gli scafisti quando abbiamo capito benissimo che il governo vuole soltanto tenere alla larga i migranti».